SABBATANI, Luigi
– Nacque a Imola il 1° dicembre 1863 da Carlo, professore di latino nel ginnasio cittadino, e da Giulia Balducci.
Iscritto alla facoltà di medicina dell’Università di Bologna si dedicò alla ricerca farmacologica sotto la guida del professor Gaetano Gaglio. Si laureò nel 1889 con una tesi dal titolo Sulle azioni riflesse che si producono sugli apparecchi inibitori ed acceleratori del cuore per compressione dell’addome, pubblicata nel Bullettino delle scienze mediche di Bologna ( s. 7, 1890, vol. 1, n. 1, pp. 203-230).
Già prima della laurea era stato nominato assistente in materia medica. Sempre nel 1889 pubblicò apprezzate ricerche sui pericoli della cloroformizzazione ed entrò a far parte della Società medico-chirurgica di Bologna. Seguirono studi sperimentali sull’adattamento dell’organismo animale all’atropina, sull’azione diuretica della pilocarpina, sull’etere etilsalicilico, sul ditiocarbonato sodico e sul midrol adoperato nella pratica oculistica. Nel dicembre del 1893 ottenne la libera docenza in materia medica e farmacologica.
Per Sabbatani, chimica e fisiologia rappresentavano le basi necessarie per la farmacologia. Al centro della ricerca egli poneva «la determinazione delle modificazioni chimiche e chimico-fisiche che il farmaco subisce e quelle che determina nell’organismo alle quali è riferibile la variazione funzionale» (E.M., 1928). Utilizzò ampiamente anche i metodi della fisica, dell’istologia e della fisiologia. Nel dicembre 1895 fu nominato assistente presso il laboratorio di chimica farmaceutica e tossicologica dell’Università di Torino diretto da Icilio Guareschi, dove intraprese studi sui metalli pesanti. Grazie a un suo originale metodo, studiò come si modificava l’azione farmacologica dei sali di mercurio per iniezione contemporanea, precedente e successiva di sostanze chimiche che ne modificavano lo stato chimico-fisico. Giunse così a comprendere che le azioni farmacologiche del mercurio sono dovute al catione. Il metodo venne poi largamente impiegato nello studio dei sali di argento, di piombo, di rame e di calcio. A livello terapeutico, fu il primo a parlare di antidotismo interno nell’utilizzo del tiosolfato e dell’acido solfidrico nella cura dell’avvelenamento da sublimato (un cloruro di mercurio utilizzato come antibatterico).
Nominato professore straordinario per la cattedra di farmacologia dell’Università di Cagliari, divenne ordinario nel 1901. A Cagliari suddivise il laboratorio in due sezioni, una di chimica e una di fisiologia, e con i suoi metodi di ricerca giunse alla scoperta delle funzioni biologiche del calcio e del calcio-ione.
Fino ad allora gli studi sul calcio si erano limitati alla funzione mineralizzante delle ossa. Egli dimostrò che il calcio ha un’azione depressiva e paralizzante sul sistema nervoso e sulla funzione respiratoria, mediante iniezione endovenosa e per applicazioni locali sulla corteccia cerebrale, sui nervi e sui muscoli; dimostrò inoltre che il calcio-ione è presente in tutti gli organi e tessuti ed esercita un’azione biologica moderatrice sull’attività cellulare, mentre le sostanze decalcificanti provocano fenomeni di eccitazione. Nella monografia del 1902 dal titolo Funzione biologica del calcio: il calcio nella coagulazione del sangue, giunta dopo le precedenti ricerche sul citrato trisodico e sui sali aventi azione anticoagulante, egli avanzò un’ipotesi fondamentale, ovvero «che il calcio allo stato di ione partecipa, sia pure in quantità minima, alle reazioni enzimatiche della coagulazione del sangue» (pp. 267-305). L’intensità dell’azione anticoagulante, a suo parere, non dipendeva dalla costituzione chimica né dal peso atomico dei sali, bensì dalla loro solubilità, perché l’azione anticoagulante diminuiva con il crescere della solubilità del sale di calcio corrispondente. Questi lavori, riguardo un fenomeno così complesso come la coagulazione del sangue, furono di grande importanza scientifica per le applicazioni mediche.
La prima scoperta di una sostanza anticoagulante, l’Ixodes ricinus (prodotto dalle zecche) risale al 1898, un lavoro che rimase isolato. Studiò in seguito il citrato di sodio, sostanza con proprietà anticoagulanti, arrivando a definire la proprietà caratteristica del citrato trisodico, che a differenza di altri coagulanti che precipitano il calcio, immobilizza il calcio-ione senza precipitarlo, ma trasformando il calcio dalla forma ionizzata a quella non ionizzata, processo che impedisce la trasformazione della protrombina in trombina, per cui il sangue non coagula. Questa scoperta, che all’inizio suscitò polemiche nell’ambiente accademico, rivoluzionò la tecnica trasfusionale. Ancora oggi il citrato viene utilizzato nelle trasfusioni come l’anticoagulante più pratico ed economico.
Nel 1903 vinse la cattedra all’Università di Parma, dove proseguì con l’applicazione dei metodi chimico-fisici alle sue ricerche sperimentali e giunse a dimostrare l’azione dei sali dei metalli pesanti e del mercurio. Uno studio originale degli anni parmensi (cit. in E.M., 1928) riguarda le modificazioni chimico-fisiche che l’alcol può produrre nell’organismo.
Nel 1909 si trasferì all’Università di Padova, dove istituì un’importante scuola di farmacologia a livello europeo. Qui iniziò il terzo e ultimo periodo della sua attività scientifica, che lo portò a elaborare la teoria dell’azione farmacologica dei colloidi, fino allo studio di un effetto terapeutico da lui definito organotropismo dei colloidi. Studiando i rapporti fra i metalli colloidi e la loro posizione nella tavola periodica degli elementi, giunse inoltre a comprendere una serie di problemi farmacologici. Rivolse il suo acume scientifico anche allo studio della teoria omeopatica e con precisi dati numerici dimostrò che nelle diluizioni omeopatiche doveva esserci che solvente puro.
A Padova iniziò ricerche sulla farmacologia del ferro. Studiando l’azione degli ioni, dei composti organici e dei composti colloidali del ferro, arrivò a demolire la teoria del farmacologo Oswald Schmiedeberg, il quale sosteneva che solo i preparati organici del ferro fossero assorbiti e utilizzati nell’organismo. La morte gli impedì di proseguire queste straordinarie ricerche pionieristiche. Negli anni di Padova lavorò anche sul permanganato di potassio, sul diametro dei globuli rossi, sui composti ossigenati del cloro. Unitamente ai suoi allievi, pubblicò circa trecento memorie, di cui la metà di suo pugno; in quelle degli allievi si avverte forte la sua impronta.
Sabbatani possedeva una profonda cultura letteraria e storica che gli permise di occuparsi anche di storia della medicina. Si interessò a figure di illustri scienziati. Viene ricordato in particolare per la serie di studi sul grande botanico imolese Luca Ghini.
Ricoprì incarichi di prestigio: fu presidente della Società medica di Padova, presidente della Società italiana di biochimica, vicepresidente della Società italiana di biologia, membro dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti e dell’Accademia dei Lincei. Allo scoppio della prima guerra mondiale partì volontario con il grado di colonnello medico e gli fu affidata la direzione dell’ospedale militare di S. Giustina a Padova. Di fede socialista, seguace delle idee di Andrea Costa, fu assessore al Comune di Imola dal 1894 al 1897, consigliere provinciale, nonché membro della Congregazione di carità di Imola. Non aderì mai al partito fascista.
Morì a Treviglio il 9 luglio 1928, in treno durante il viaggio di ritorno dall’Università di Torino.
La salma fu tumulata a Imola nel cimitero del Piratello.
Opere. Oltre a quelle citate, si ricordano: Fermento anticoagulante dell’Ixodes ricinus, Torino 1898; Sull’azione anticoagulante del citrato trisodico, Torino 1900; Importanza del calcio che trovasi nella corteccia cerebrale, Reggio Emilia 1901; Il calcio-ione nella coagulazione del sangue, Torino 1902; Cura dell’avvelenamento acuto da mercurio, Napoli 1907; Avvelenamenti da sublimato corrosivo in Italia, Milano 1915; Alcuni documenti su la vita di Luca Ghini, Padova 1923; Azione farmacologica del ferro coi sali doppi e complessi, Città di Castello 1926.
Fonti e Bibl.: Imola, Biblioteca comunale, Archivio L. S. (11 buste, 2 volumi). Dono della vedova Caterina Sabbatani, 1930.
R. Galli, Scienziato imolese che muore in treno, Il Diario, 14 luglio 1928; E. M., Un maestro di scienza e di vita L. S. (1863-1928), in Biochimica e terapia sperimentale, XV (1928), 10, pp. 357-365; I. Simon, Necrologia di L. S., in Archivio delle scienze mediche, 1928, vol. 11, n. 3-4, pp. 507-512; M. Pantaleoni - R. Bernabeo, Gli studi di L. S. sulla funzione biologica del calcio e del calcio-ione nella coagulazione del sangue, in Atti del 1. Convegno nazionale medico sui problemi della trasfusione del sangue... 1964, Bologna 1966, pp. 203-211; N. Galassi, Figure e vicende di una città, II, Età moderna e contemporanea, Imola 1986, pp. 395-412.