SACCO, Luigi
– Nacque il 1° agosto 1883 ad Alba (Cuneo), secondogenito dell’imprenditore Giovanni e di Fortunata Fumero.
La coppia ebbe in totale nove figli; gli altri furono Maria (1880), Celestina (1884), Mario (1886), Elisa (1888), Edvige (1890), Cristina (1892), Eugenia (1894) e Umberto (1898). Quest’ultimo morirà in combattimento sul Montello nel 1918 e verrà insignito di medaglia d’oro al valor militare.
Dopo aver frequentato le scuole tecniche con brillanti risultati, nel novembre 1901 vinse il concorso di ammissione all’Accademia militare di Torino. Fu primo classificato in tutto il periodo d’istruzione, compreso il biennio presso la Scuola d’applicazione, da cui uscì nel 1906 tenente del genio. La prima assegnazione fu il 5° reggimento minatori ad Albenga, dove si occupò di attività difensive sulle Alpi; seguì poi nel 1907 un incarico presso il 3° telegrafisti e, infine, nel 1909 la brigata specialisti del genio. In tali contesti si avvicinò da pioniere alle prime stazioni radiotelegrafiche campali, partecipando a diverse esercitazioni, anche combinate con la Marina, quale comandante di sezione e parco radiotelegrafico.
Nel dicembre 1908 si distinse anche per la sua attività di assistenza nelle zone colpite dal terremoto di Messina; fu particolarmente lodevole il suo intervento tecnico per il riassetto delle linee radiotelegrafiche tra l’isola e il continente. Tali meriti lo portarono nel 1911 a divenire insegnante presso l’Istituto centrale militare di radiotelegrafia ed elettronica a Roma. Nell’ottobre successivo partì per la guerra italo-turca come comandante della compagnia radiotelegrafica del corpo di spedizione. Oltremare avviò un ciclo di esperimenti con Guglielmo Marconi, venuto in Libia proprio per saggiare le comunicazioni radio con l’Italia. La collaborazione tra i due crebbe in modo simbiotico, tanto che si sarebbe protratta fino alla morte dello scienziato bolognese.
In Libia, per Luigi Sacco si rivelò necessario creare un reticolo di stazioni che offrisse rapidità d’impiego e riduzione delle frequenti interferenze. Il problema principale si rivelò, tuttavia, il trasporto delle stazioni, visto che nel deserto non si disponeva di strade adeguate. Egli decise pertanto di abbandonare le precedenti carrette a traino, per optare verso cofani trasportabili a soma: fu così che nacquero le stazioni radiotelegrafiche cammellate. I buoni risultati ottenuti gli offrirono del resto la consapevolezza sia del mezzo campale sia dei rischi connessi con un simile impiego da parte del nemico; egli comprese la necessità di studiare un sistema che celasse al nemico le proprie informazioni militari. Attraverso le radio Sacco riuscì così ad abbinare la piena collaborazione e condivisione dei reparti più isolati con l’esigenza di creare disturbo alle formazioni avversarie. Partecipò infine attivamente alla battaglia di Zanzur del giugno 1912.
Promosso capitano, rimpatriò nel gennaio 1914; riprese così il servizio presso la sezione radiotelegrafisti del battaglione specialisti del genio. Il ritorno in Italia comportò il desiderio di sensibilizzare il pensiero militare verso le proprie esperienze acquisite; indicativo in questo l’articolo Note sulle applicazioni campali della radiotelegrafia, pubblicato dalla Rivista di artiglieria e genio (1914, vol. 4, pp. 81-111).
In esso affrontò i risultati e le sfide ancora da cogliere, anticipando già il suo programma per i successivi trent’anni: necessità di superare gli ostacoli atmosferici e umani; neutralizzare le frequenze avversarie e celare al nemico le proprie trasmissioni; infine, preparare del personale adeguato e disporre di un parco ricambi aggiornato.
Sposatosi nell’ottobre del 1914 con Cecilia Torre, dopo la dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria del maggio 1915 Sacco venne destinato a Codroipo, nell’Udinese, dove fu incaricato di dirigere le intercettazioni delle comunicazioni nemiche. L’istallazione friulana ebbe buoni risultati, ma non superava lo scoglio della decifrazione di quanto acquisito, visto che in Italia non esisteva nessuna struttura all’uopo.
Nell’estate seguente Sacco fu inviato al quartier generale francese a Chantilly per chiedere aiuto ai francesi nel decrittare i radiogrammi intercettati. Rientrato in Italia, da principio la sua attività si risolse in un mero ausilio al servizio alleato, ma, viste le gravi difficoltà logistiche nel dover dipendere da Parigi, egli iniziò dalla primavera 1916 a rendersi indipendente. Così organizzò e diresse presso il comando supremo italiano il primo servizio di guerra d’intercettazione e radiogoniometria, creando praticamente dal nulla il servizio crittografico militare. Benché non conoscesse il tedesco, i risultati non si fecero attendere, riuscendo a confrontarsi con l’omologa struttura nemica. Fu in questo modo che egli riuscì a ottenere un gran numero di informazioni, proprio forzando i cifrari avversari e contribuendo così ai successi della battaglia di Gorizia. L’attività ‘offensiva’ non era poi mai disgiunta da quella ‘difensiva’: appariva costante la necessità di verificare che dietro le proprie linee non vi fossero stazioni clandestine.
Questi buoni risultati portarono nel novembre seguente Sacco a Roma, dove si trasferì il reparto Cifra. Promosso maggiore nell’aprile 1917, dopo Caporetto – visto che i cifrari italiani si erano rivelati malsicuri – fu incaricato di predisporne di nuovi, molto più ingegnosi. In realtà questo era un suo vecchio progetto, ma un clima attendista aveva implicato fino ad allora un certo scetticismo da parte del comando supremo. I risultati migliorarono di pari passo con l’ultimo anno di guerra, tanto che Sacco venne promosso tenente colonnello nel maggio 1918. Intuì il proponimento offensivo degli austriaci nella battaglia del Solstizio (giugno 1918), a seguito della constatazione che il traffico radio nemico fosse di molto aumentato.
Finita la guerra e grazie all’autorevolezza maturata, ebbe la tentazione di lasciare la carriera militare per un omologo impiego pubblico in ambito radiotelegrafico; prevalse, tuttavia, la sua devozione all’Esercito. Il 1919 fu poi un anno particolarmente travagliato per Sacco: all’inizio dello stesso anno morì il primogenito Gianangelo, dolore in parte attenuato dalla nascita in dicembre della secondogenita Maria.
Nel marzo 1919 Sacco assunse la direzione dell’officina militare di radiotelegrafia ed elettronica e nel 1920 uscì a Genova in edizione commerciale il Manuale elementare di radiotelegrafia, redatto nel 1915 insieme al collega Achille Celloni a uso interno militare (Nozioni elementari di radiotelegrafia). L’opera divenne presto un testo di riferimento e conobbe numerose ristampe per tutti gli anni Venti (nel 1930 a Roma diverrà Manuale di radiotecnica).
Sacco progettò alcune stazione radio portatili e un radiogoniometro, tutti strumenti molto innovativi per l’epoca; il problema rimaneva adeguare e completare il parco attrezzature posseduto. L’Officina prese a occuparsi non solo della manutenzione e riparazione, ma provvedeva anche alla fabbricazione di tutte le parti dei nuovi prototipi di apparecchi. Si ottennero risultati molto apprezzabili. Tra le principali novità vi fu quella dell’impiego dell’antenna chiusa a telaio e l’adozione di pile a secco. Tali innovazioni risultarono talmente valide che furono subito replicate anche dall’industria privata. Nel 1925 le nuove stazioni campali progettate e realizzate da Sacco ebbero la prova operativa alle manovre del Canavese. Nel 1933 egli progettò poi un nuovo radiogoniometro, che migliorò di molto la precisione del dispositivo di localizzazione anche nel caso di stazioni molto distanti.
Altro campo di indagine particolarmente fruttuoso, e che diverrà per certi aspetti caratterizzante per lui, fu la messa a punto dell’esperienza d’intelligence. Già docente di crittografia al corso per ufficiali informatori dal 1924, l’anno successivo Sacco compilò – a uso interno dell’Esercito – Nozioni di crittografia (Roma, 1925), riedito nel 1930. Il testo ebbe un successo incredibile: venne pubblicato per la prima volta nel 1936 a Roma come Manuale di crittografia, a cui seguirono numerose riedizioni italiane e straniere, anche a distanza di molti anni.
Promosso colonnello nel 1927, nel 1930 lasciò la cattedra all’Istituto centrale militare di radiotelegrafia ed elettronica, per quella di radiocomunicazioni all’Università di Roma. Promosso poi maggior generale nel 1935, divenne capo reparto trasmissioni presso la direzione superiore del Servizio studi ed esperienze del genio. In quegli anni su sollecitazione di Marconi, Sacco curò la realizzazione di un radioecometro, ossia un dispositivo capace di intercettare oggetti in movimento. L’insufficiente attenzione rivolta a tale progetto dalle autorità militari italiane impedì l’ottimizzazione dei risultati ottenuti, con la conseguenza che sarebbero stati gli inglesi a realizzare il futuro radar.
Negli anni Trenta Sacco fu molto attivo in consessi internazionali sulla radiocomunicazione; nel 1939 venne promosso tenente generale e destinato al Consiglio nazionale delle ricerche, dove diresse una serie di esperienze sulla propagazione delle onde ultracorte. Nel corso della seconda guerra mondiale fu chiamato come consulente per alcuni enti militati destinati alle attività di radiofaro; inventò pure una macchina decifratrice, che però venne perduta per ignoti motivi bellici prima di poter essere impiegata sul campo.
Nell’estate del 1943 cessò dal servizio attivo per raggiunti limiti d’età. Tuttavia, l’anno dopo il ministero della Guerra lo designò quale membro della consulta dell’Istituto storico e di cultura dell’arma del genio. Nel maggio 1945 ottenne l’abilitazione alla professione d’ingegnere e iniziò a collaborare con il ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni e con la Rai - Radiotelevisione italiana. Divenne anche insegnante della Scuola superiore di telegrafia presso l’Università di Roma, dai cui corsi elaborò il volume Radiogoniometria con principii di radionavigazione, pubblicato a Roma nel 1946.
Nel dopoguerra fu rappresentante dell’Italia in altri importanti convegni internazionali, mentre già dal 1946 fu nominato commissario straordinario della Fondazione Marconi. Difese così l’amico e collega nella disputa con l’Unione Sovietica che attribuiva ad Aleksandr S. Popov l’invenzione della radio.
Nel 1947 uscì una nuova edizione aggiornata e arricchita (con nota storica, analisi delle macchine crittografiche, anche quelle allora più recenti) del suo Manuale di crittografia, anch’essa di grande successo internazionale. Egli vi affrontò il passaggio dall’era dei codici a quella della crittografia meccanica; precisò come ragioni di aggiornamento avevano portato alla stesura di tale nuova edizione, ma soprattutto il desiderio di testimoniare il contributo italiano in questo specifico ambito.
Appassionato di astronomia, scrisse infine l’opuscolo Caccia ai pianeti con un piccolo cannocchiale, pubblicato a Roma nel 1962. In esso espresse il desiderio di infondere interesse verso la cultura celeste, anche tra i dilettanti con pochi mezzi.
Morì a Roma il 5 dicembre 1970, a seguito di un lento ciclo di arteriosclerosi, che lo aveva portato a una condizione di quasi sordità.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio del Gruppo medaglie d’oro al valor militare, Decorati, b. Umberto Sacco.
O. Marchetti, Il servizio informazioni dell’esercito italiano nella grande guerra, Roma 1937, p. 158; D. Kahn, La guerra dei codici, Milano 1969, pp. 269-271; C. Picone - C. Micheletta, Il ten. generale L. S., in Bollettino dell’Istituto storico e di cultura dell’arma del genio, XXXVI (1970), 4, pp. 423-471; G. Giustozzi - A. Monti - E. Zimuel, Segreti, spie, codici cifrati, Milano 1999, pp. 131-133; A. Massignani, Verso Caporetto. Il Servizio informazioni dell’esercito italiano e il Comando supremo, in P. Ferrari - A. Massignani, Conoscere il nemico, Milano 2010, pp. 240 s.; La crittografia da Atbash a RSA. L. S., http:// luigi.sacco.crittologia.eu (6 luglio 2017).