SERVOLINI, Luigi
– Nacque a Livorno il 1° marzo 1906, primogenito di Carlo (1876-1948) e di Alpide Salvadori (1880-1958). Dal padre, pittore, acquafortista e insegnante di disegno presso un istituto cittadino, ricevette le doti naturali e una concreta immersione nel mondo dell’arte, che gli permisero di esordire e di distinguersi ancora giovanissimo ottenendo il primo premio di pittura alla Mostra nazionale d’arte infantile di Pistoia del 1920.
Dopo aver completato le scuole elementari, proseguì gli studi frequentando il liceo Niccolini di Livorno, dove, nel giugno 1923, conseguì la maturità classica, e quindi, nel mese di ottobre dello stesso anno, ottenne la licenza di maestro elementare presso la Regia Scuola normale della sua città. Iscrittosi alla facoltà di lettere e filosofia dell’università di Pisa, continuò parallelamente, da autodidatta, a coltivare la passione per la pittura e, soprattutto, per l’incisione su legno, tecnica praticata con esiti originali e lusinghieri che gli dettero modo, già dal 1925, di presentare sue xilografie alle più importanti esposizioni nazionali.
Ancora studente universitario, il primo aprile 1927 iniziò l’attività di insegnante nelle scuole elementari del Comune di Livorno, incarico che svolse per circa quattro anni. Nel contempo, gli studi storici e l’assidua pratica artistica gli permisero di pubblicare, nel marzo 1928, un volume dedicato agli xilografi contemporanei (La xilografia originale in Italia, Torino 1928), prima sua opera dedicata alla riscoperta e rivalutazione dell’antica tecnica incisoria.
Concluse nel novembre 1928 l’istruzione universitaria, discutendo con Mario Salmi una tesi di storia dell’arte sullo xilografo Ugo da Carpi (1479-1532), considerato il primo chiaroscurista italiano (tesi conservata presso la Biblioteca universitaria di Pisa). Il lavoro, corredato da immagini, fu pubblicato l’anno seguente nella fiorentina Rivista d’arte di Giovanni Poggi (a. XI [1929], stampa 1930, pp. 173-319).
Negli anni successivi Servolini intensificò la sua preparazione storico-artistica, diplomandosi in scultura all’Accademia di belle arti di Carrara e perfezionandosi in Storia dell’arte medievale e moderna presso l’università di Firenze e, nell’ateneo pisano, in Paleografia e diplomatica.
Lasciato nel novembre 1930 l’insegnamento elementare a Livorno, ricoprì la cattedra di Disegno e plastica dei caratteri presso l’istituto del libro di Urbino, e, alla fine dello stesso anno, si sposò con la livornese Odetta Andreoni. Iscritto nel 1929 al Sindacato nazionale fascista delle Belle arti, e quindi al Partito nazionale fascista, nel 1933 vinse il concorso per direttore della Biblioteca universitaria urbinate.
Tre anni dopo vinse il concorso per direttore della Biblioteca universitaria urbinate. Iscritto nel 1935 all’albo dei giornalisti di Bologna, fu direttore della rivista Urbinum e redattore della rivista romana L’Arte Grafica. Nel 1936 fondò con Giulio Ferrari il Museo della xilografia italiana nel Castello dei Pio a Carpi, inaugurato nel giugno 1937.
Nel 1939, lasciati gli incarichi a Urbino, si trasferì a Forlì, dove assunse la direzione degli istituti culturali e artistici della città e, dal 1941, la carica di direttore reggente della sezione dell’Archivio di Stato. In quegli anni ebbe anche modo di collaborare con la Radio italiana e con quella magiara.
Nel 1952 fu nominato direttore generale dell’Istituto Rizzoli per l’insegnamento delle arti grafiche di Milano; l’anno appresso fu eletto accademico corrispondente dell’Accademia delle arti del disegno di Firenze. Durante la sua permanenza a Milano l’idea – nata in lui durante il periodo bellico trascorso, forse per sfuggire alle fasi più cruente della guerra, forzatamente inoperoso nella campagna forlivese – di costituire un sodalizio che unisse acquafortisti, litografi e xilografi di ogni tendenza e scuola si concretizzò, grazie all’appoggio di un gruppo di colleghi pittori e incisori fra cui Carlo Carrà, con la fondazione dell’I.D.IT. ([associazione] Incisori d’Italia), di cui Servolini fu segretario generale per oltre vent’anni, nonché direttore del bollettino La Voce dell’I.D.IT. Sempre a Milano redasse il Dizionario illustrato degli incisori, pubblicato nel 1955.
Lasciato l’incarico alla Rizzoli nel 1957, tornò nella città natale, dove, fino al 1964, insegnò Storia dell’arte nel liceo Niccolini, per divenire quindi preside nei licei classici di Roma e Cecina (1974).
Nel suo interesse per le arti grafiche, si adoperò per la creazione di istituti culturali che ne favorissero la diffusione e la conoscenza, fondando il Museo dell’incisione artistica presso la Civica Biblioteca di Verona (1960) e istituendo la Pinacoteca Francescana del disegno e dell’incisione presso il santuario di S. Damiano ad Assisi.
Nel 1968 fu docente di Storia del disegno e della grafica nella “Scuola speciale per storici dell’arte medioevale e moderna e conservatori delle opere d’arte” dell’università di Pisa, insegnamento che tenne fino al 1973. Nello stesso ateneo fu pure docente di Bibliografia e biblioteconomia.
La solida preparazione umanistica e la costante pratica artistica gli consentirono di spaziare e distinguersi non solo come storico dell’arte, ma anche come letterato e pubblicista, redattore di testi scolastici e manuali, critico d’arte e traduttore. Con passione, capacità e rigore, Servolini divenne il più autorevole storico dell’arte xilografica e, attraverso innumerevoli libri e pubblicazioni, fu un efficace divulgatore scientifico delle tecniche e della storia dell’incisione nonché organizzatore di esposizioni e iniziative culturali dedicate agli incisori a lui contemporanei.
Fra gli articoli, monografie e volumi sono da ricordare, per la profondità della ricerca, il rigore scientifico e l’originalità, i fondamentali Bruno da Osimo, silografo, in All’insegna del libro, I (1928), nn. 3-4, pp. 79-87; Carlo d’Aloisio da Vasto, ibid., nn. 5-6, pp. 180-189; La xilografia. Compendio storico e pratico, Milano 1929; La xilografia a chiaroscuro italiana nei secoli XVI, XVII e XVIII, Lecco 1930; Cherubino Alberti, in Dedalo, XII (1932), 10, pp. 753-772; La xilografia nell’Ottocento, Lecco 1932; Muzio Oddi, estratto da Urbinum VI (1932), 6, Urbino 1932; Camaïeu e chiaroscuro, in Bibliofilia, XXVII (1935), Firenze 1935; Tecnica della xilografia, Milano 1935; L’opus interrasile, Lecco 1930; Abraham Bosse e il suo Trattato della Calcografia, Bologna 1937; Problemi e aspetti dell’incisione, Forlì 1939; La litografia italiana, Roma 1940; Jacopo de’ Barbari, Padova 1944; La xilografia giapponese, Milano 1949; La xilografia, Milano 1950; Incisione italiana di cinque secoli, Milano 1951; Incidere. Manuale pratico per apprendere: xilografia, chiaroscuro, cromoxilografia, Torino 1952; L’incisione originale in Ungheria, Bologna 1953; Autobiografia di G.B. Bodoni, Parma, 1958; I pittori Giuseppe e Benedetto Servolini, in L’Arte, LVII (1958), pp. 173-186 e 409-438; I procedimenti artistici e industriali della grafica, Milano 1959; Gli incisori d’Italia, Milano 1960; 177 acqueforti di Giovanni Fattori, Milano 1966; La storia e le tecniche dell’incisione, Ancona 1977; Ugo da Carpi, Firenze 1977.
Servolini scrisse per oltre quarant’anni di arte calcografica e incisoria per il periodico Gutenberg Jahrbuch di Magonza e fu per quindici anni direttore della redazione del Dizionario Comanducci (Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni e contemporanei, Milano 1962 e seguenti). Suoi articoli sull’arte della città natale comparvero nei periodici Liburni Civitase Rivista di Livorno.
Come artista pittore e xilografo, dopo aver subito dalla tradizione livornese e toscana un iniziale condizionamento romantico-realistico, fu pronto, grazie all’amicizia sua e familiare con l’architetto Virgilio Marchi, a cogliere i nuovi stimoli derivanti dalle ricerche letterarie e artistiche del movimento di Marinetti, del quale fu entusiasta ammiratore. Inizialmente attivo all’interno della livornese “Bottega d’arte”, i suoi rapporti con i componenti del “Gruppo labronico”, che, a torto o a ragione, ritenevano di detenere il primato dell’espressione artistica cittadina, si guastarono al punto che il giovane e il padre Carlo si distaccarono dall’ambiente livornese. Nel 1947, quando progettava di scrivere un volume, mai pubblicato, di storia, critica e documentazione sull’arte e gli artisti labronici, Servolini ricordava ad Anna Franchi la perdurante indipendenza, propria e del padre, dal “Gruppo Labronico”, sostenendo che il valore della creatività dei Servolini non fosse inferiore a quello degli artisti concittadini. Nel 1960, nel solco della medesima polemica, pubblicò, postumo, il poemetto satirico La commedia labronica delle belle arti (Lecco 1960), che il padre aveva scritto in opposizione al volume di Gastone Razzaguta Virtù degli artisti labronici (Livorno 1943).
Nel corso dell’intera vita Servolini produsse pregevoli xilografie «con dosata realizzazione» – come lui stesso scrisse – in quanto riteneva «che non si debba far mai questione di numero, ma di qualità» (Scrivo, 1976, p.n.n., ma [5]); opere originali, da subito apprezzate e oggi conservate in musei pubblici e gallerie private di tutto il mondo. Come artista conseguì quei raggiungimenti corrispondenti ai prevalenti obiettivi che si era prefissato: «non obbligato da necessità materiali del vivere a mercanteggiare, io ho avuto la felicità di potermi dedicare, in libero spirito, alla creazione d’arte, tutto sperimentando di temi e di espressioni del vasto orizzonte offerto dal linguaggio incisorio prescelto, anzi allargandolo e puntando su una conquista nuova, atta a valorizzare sempre più l’autonomia dell’incisione: il senso spaziale. Dare profondità e vibrazione e luce e colore a scene distese sulla piatta ed afona superficie lignea, eliminare definitivamente l’effetto del crudo segno che resta superficiale, sottrarre la xilografia alle imposizioni, alla soggezione pittorica e scultorica, per un linguaggio tutto proprio, creare insomma uno stile» (Scrivo, 1976, p.n.n., ma [5]).
Tali aspirazioni artistiche si ritrovano in opere come Antico condotto, 1925 (Esposizione di Brera, 1925); Vicolo, 1927 (Esposizione di Brera, 1927); S. Cristoforo, 1931; Beata Solitudo, 1933 (Biennale di Venezia, 1934); Autoritratto, 1936 (Biennale di Venezia, 1936); Cirene, 1934 (Biennale di Venezia, 1938); Il Ciabattino, 1937 (Quadriennale di Roma, 1939); Il Cane, 1939, solo per citarne alcune, dove appaiono pienamente raggiunte la perizia tecnica necessaria per palesarne il senso lirico; la dimensione spaziale, frutto di indubbia capacità di sintesi disegnativa; un’intensità chiaroscurale assai equilibrata. Tutto ciò rende le xilografie di Servolini, segnatamente quelle a colori come Cactus, 1937 (sei legni, Quadriennale di Roma, 1939); Il Cocomero, 1933 (sette legni); Il Lupicante, 1952 (dieci legni), inconfondibili e capaci di riportare la xilografia italiana all’antico valore, scemato significativamente nei secoli XVIII-XIX. Durante la sua lunga carriera Servolini partecipò a oltre 250 mostre nazionali e internazionali, ricevendo numerosi premi.
Esperto della natura del libro nella sua composizione e realizzazione grafico-tipografica, fu inoltre illustratore e adornatore di volumi (si ricordano almeno: L. Servolini, Sotto l’acacia in Fiore, Palermo [1925]; A. Cuman Pertile, La vita di Dante e la Divina Commedia narrate ai piccoli italiani, Firenze 1932, più volte ristampata; eM. Giusti, Contafavole, Alba 1977) ed ex-librista, attività cui dedicò mostre e pubblicazioni (L’ex libris italiano alla mostra di Los Angeles, in L’Artista moderno, XXX [1931], pp. 235-238; All’insegna dell’Ex Libris [con F. Bono], Milano 1960).
Fu nominato grand’ufficiale al merito della Repubblica e insignito, nel 1975, della medaglia d’oro “per l’opera di maestro d’arte e di cultura” dal presidente della Repubblica e, l’anno appresso, dal ministero della Pubblica Istruzione.
Morì a Livorno, il 29 settembre 1981. La città natale l’ha onorato intitolando a suo nome la sala di lettura della Biblioteca del liceo classico Niccolini; organizzando, nel 1982, una mostra di incisioni (Biennale di incisione e grafica originale “Luigi Servolini” [catal.], Livorno 1982); e promuovendo la fusione del busto in bronzo, opera di Alberto Sparapani, dal 1989 collocato nel parco pubblico di villa Fabbricotti.
Fonti e Bibl.: Livorno, Archivio diocesano, Registro dei battesimi della Cattedrale, 6 marzo 1906, p. 43; Livorno, Archivio storico comunale [ASCL], Ufficio di Stato civile, Matrimoni, atto n. 600 2°, 29 dicembre 1930; ASCL, Registro dipendenti comunali 1351-1571, matricola 1436 del 21 febbraio 1927 (incarico) - 8 novembre 1931 (decadenza); Livorno, Biblioteca Labronica, Fondo Anna Franchi, I-VII p[iccola] B[usta], 7 marzo 1947; Firenze, Archivio Accademia delle arti del disegno, Atti 1948-1955, c. 113, 18 giugno 1953.
L. S. xilografo, presentazione di Pierre Gusman, Lecco 1930; Annuario del Ministero dell’Educazione, anni 1930, 1933-1938; R. Delogu, La xilografia moderna e un suo maestro. L. S., Milano 1933; G. Pozzi, Le xilografie di L. S., in Emporium, XXXIX (1933), 8, pp. 119-126; S. Pierron, L. S., in Liburni Civitas, X (1937), 2, pp. 88-101; Id., L. S., Urbino 1937; G. Andalò, L. S. scrittore e artista, Bologna 1942; A. Margotti, Servolini, Rovereto 1943; A. Casadio, Servolini xilografo, Forlì 1945;L. Raimondo, Ex libris e marchi editoriali di L. S., Bologna 1952; B.M. Bacci et al., L. S.: monografia critica e documentaria, Milano 1962 (con estesa bibliografia); Università degli Studi di Pisa, Annuario, anni dal 1968-1969 al 1972-1973; I. Cinti, Pittori, scultori, incisori del nostro tempo. L. S., Brescia 1974; A.M. Comanducci, Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni e contemporanei, V, Milano 1974, pp. 3052-3055; L. Scrivo, Servolini: maestro dell’incisione contemporanea, Milano 1976; XVIII Biennale nazionale d’arte (catal.), Imola 1982, pp. 7-24; Carlo e L. S... (catal., Collesalvetti), a cura di F. Cagianelli, Livorno 2004; Il Liceo Classico a Livorno, Livorno 2006, pp. 93, 158, 214; La xilografia italiana. Dalla mostra internazionale di xilografia di Levanto a oggi (catal., Finale Ligure, La Spezia, Collesalvetti), a cura di M. Ratti - G.C. Torre, Milano 2012; Grafica ed Ex Libris: omaggio a L. S. (catal.), Casale Monferrato 2013, pp. 7-13; S. Santini, L. S. e il museo della xilografia di Carpi, Milano 2015.
Bibliografia essenziale di Servolini:
Saggi per la rivista Gutenberg Jahrbuch, Magonza: La stampa xilografica a colori, XI (1936), pp. 88-93; Il maestro della xilografia a chiaroscuro. Ugo da Carpi, XII (1937), pp. 107-114; L’arte tipografica in Urbino, XIII (1938), pp. 183-186; I tipografi forlivesi moderni, XVI (1941), pp. 248-260; I libretti di modelli per ricamo in Italia e il Libro di lavori di Aurelio Passarotti, XVII-XVIII (1942-1943), pp. 190-198; L’acquaforte italiana del Settecento, XXX (1955), pp. 190-195; L’acquaforte italiana dell’Ottocento, XXXI (1956), pp. 276-281; La litografia artistica in Italia, XXXII (1957), pp. 263-267; Codici miniati a Livorno, XLI (1966), pp. 65-69; Le edizioni dei fratelli De Gregoriis e una loro raccolta nella Biblioteca di Forlì, LIV (1979), pp. 120-133.
Articoli in Liburni Civitas, Livorno: Enrico Pollastrini, I (1928), pp. 166-175; Guglielmo Micheli, II (1929), pp. 70-81; Tommaso Gazzarrini, V (1932), pp. 394-411; L’arte nel santuario di Montenero, VII (1934), pp. 30-53; Un grande artista drammatico livornese. Gustavo Bianchi, VIII (1935), pp. 139-142; Livorno del primo Ottocento nei disegni di Giacomo Savini, XIII (1940), pp. 235-240; Vedute del porto di Livorno in quadri di Lingelbach e di Marieschi, XIV (1941), pp. 189-195.
Articoli nella Rivista di Livorno: Eugenio Cecconi, II (1952), pp. 22-34; Un livornese grande bibliofilo, bibliografo ed erudito: Gaetano Poggiali (1753-1814), IV (1954), pp. 53-66; Vedute realistiche e di fantasia di Livorno nel Gabinetto stampe al Castello di Milano,VI (1956), pp. 263-274; Giovanni Orsini. Poeta, scrittore, critico, maestro di teatro, IX (1959), pp. 40-54.
Traduzioni: O. Wilde, Il razzo illustre, Perugia-Venezia 1929; V. Hugo, Re Leone, Perugia-Venezia [1930]; J. Renard, Storie naturali, Roma 1931; V. Hugo, Leggenda del bel Pecopino e della bella Baldura, Urbino 1931; A. Daudet, Le stelle. Racconto di un pastore provenzale, Urbino 1931; J. Renard, Pel di Carota, Firenze 1955.
Altri scritti: Artisti contemporanei. Silvio Bicchi, in Emporium, LXXX (1934), pp. 350-354; A. Puccinelli, in Bollettino d’arte, s. 3, XXVIII (1934), 5, pp. 215-224; Giuliano da Rimini, in ABC, IV (1935), 10, pp. 6-9; La pittura gotica romagnola, Forlì 1944; Un romantico in anticipo. Il “focoso pittore” Felice Giani (1758-1823), in L’Arte, LIII (1952-1953 [1953?]), pp. 31-62; Manzoniana: i Promessi Sposi illustrati da G. Fattori…, Lecco 1953; Sfragistica romagnola, Forlì 1953.