TADDEI, Luigi
– Nacque a Forlì il 22 agosto del 1802, figlio degli attori Francesco e Marianna Nardi e fratello minore di Rosa, anche lei attrice e celebre poetessa all’improvviso (v. la voce in questo Dizionario).
Sin da bambino Luigi rivelò una passione per la recitazione: «[...] talvolta si chiudea dentro una stanza, e di quivi faceva udire a que’ che stavan fuori un vociare animato di donne con varietà di toni, accenti e frasi, nella voce, nel discorso, nel dialetto in guisa che nessuno si volea persuadere che un uomo fosse e che quest’uomo potesse così veracemente, per così dire, moltiplicarsi» (Ciampi, 1880, p. 393).
Dalle notizie in nostro possesso – che sono piuttosto frammentarie e discordanti – possiamo datare il suo debutto teatrale intorno al suo quindicesimo anno d’età quando esordì come brillante nella compagnia diretta dal padre, un attore che si distinse nel repertorio comico, in particolare goldoniano, nei ruoli di caratterista e promiscuo. Secondo Nardo Leonelli (1944, p. 377) l’esordio di Taddei «non fu un trionfo, ma una buona promessa che in soli cinque anni si trasformò in un successo»: nel 1822 al teatro Nuovo di Firenze si affermò infatti come interprete della commedia di Carlo Goldoni Il bugiardo e della farsa Il poeta stracciapane che replicò ventidue sere per un pubblico entusiasta. Attratto anche dal genere tragico volle misurarsi con l’Aristodemo di Vincenzo Monti, ma si trattò di un autentico fallimento che scatenò il severo giudizio del padre (Colomberti, 1870-1874, 2004, pp. 412 s.). Questi, determinato a fare del figlio un caratterista – ruolo che considerava come il più adatto alle sue qualità attoriali – si dedicò alla sua formazione trasmettendogli direttamente molte parti provenienti dal suo repertorio. Così Taddei abbandonò il ruolo del brillante e si specializzò in quello di caratterista ispirandosi, oltre che al padre, all’attore romano Nicola Pertica, che ammirava molto e che a sua volta aveva come proprio modello il grande Luigi Vestri.
In questi anni di formazione, trascorsi fino al 1829 nella Compagnia paterna, Taddei si costruì un repertorio comico ampio e vario dal quale poté continuare ad attingere durante l’intero arco della sua carriera teatrale.
Con i caratteri provenienti dalle commedie o dalle farse di Giovanni Giraud – L’ajo nell’imbarazzo, Eutichio della castagna, Don Desiderio disperato per eccesso di buon cuore – e ancor più con quelli delle commedie di Goldoni – tra le molte si possono ricordare Il burbero benefico, La bottega del caffè, Il ventaglio, Gli innamorati – si rivelò al pubblico come un attore dotato di un elevato «ingegno teatrale» (Valia, 1849, p. 1), meticoloso nella cura nei dettagli, capace di creare e dare vita a personaggi che in scena sapevano conciliare verità, natura e arte (Rossi, 1885, p. 52). La versatilità delle espressioni del volto e le proporzioni della figura contribuirono a farne uno degli interpreti della commedia goldoniana più apprezzati dal pubblico del suo tempo: «[...] si può temere che nessun altro dopo di lui potrà far rivivere le immaginazioni di Carlo Goldoni. Per lui que’ tempi e quegli uomini risuscitavano: il suo volto sembrava un antico ritratto in parrucca e cipria spiccato dalla tela» (Ciampi, 1880, pp. 399 s.).
Alle parti puramente comiche affiancò, come promiscuo, quelle più serie riuscendo a imporsi anche in questo genere – in particolar modo nell’adattamento teatrale del Père Goriot di Honoré de Balzac – «lottando col difetto della voce aspra e chioccia, e vincendo gloriosamente, sì da farsi dire l’emulo e il successore degno del grande Vestri» (Rasi, 1897, p. 561).
Lasciata la compagnia paterna, nel 1830 entrò nella società appena fondata e diretta da Carolina Tafani Internari e da Francesco Paladini con i quali si recò nell’estate dello stesso anno in tournée a Parigi suscitando l’entusiasmo del pubblico, recitando in quello che divenne poi uno dei suoi cavalli di battaglia, Eutichio della castagna. Stando alla testimonianza di Ignazio Ciampi (1880, p. 396) gli venne anche offerto di restare in Francia, ma Taddei decise di tornare in Italia e restò con Internari e Paladini fino al 1832.
Dal 1833 al 1834 passò nella società di Luigi Domeniconi e Ferdinando Pelzet in onore della quale, a Pistoia, fu pubblicato un opuscolo di versi contenente anche un sonetto Al merito singolare del caratterista signor Luigi Taddei che veniva, tra l’altro, così ritratto: «[...] Ei sempre nuovo si trasforma e piace, sia vecchio amante, ossia marito austero, o sindaco imbecille, od uom loquace» (Rasi, 1897, p. 562). Nel triennio successivo – fino al 1837 – venne scritturato come capocomico della compagnia di Angelo Gattinelli e Pietro Costantini per poi entrare in quella diretta da Francesco Coltellini dove rimase fino al 1840.
Quando nel 1841 Vestri si ammalò e fu costretto a lasciare la compagnia Reale Sarda di Torino, Taddei venne chiamato a sostituirlo con un contratto triennale. Non fu facile conquistare il pubblico torinese abituato a un predecessore così illustre, ma Taddei seppe vincere le iniziali resistenze e, dopo un ennesimo esordio difficile, virò a suo favore il giudizio degli spettatori trionfando ancora una volta con Eutichio e soprattutto con Osti e non osti di Filippo Casari, commedia in cui «nella parte del sindaco babbeo venne giudicato superiore allo stesso Vestri» (Brunelli - Pastina, 1962, col. 623). Nel 1844 lasciò la Reale Sarda e riprese a vagabondare da una compagnia all’altra finché nel 1852 entrò nella prestigiosa compagine stabile del teatro dei Fiorentini di Napoli, allora diretta da Adamo Alberti, ove rimase fino al 1864 riuscendo ad annullare, ancora una volta, una prima ritrosia del pubblico partenopeo poco incline al suo stile recitativo allora considerato «moderno» (ibid.) e che invece poi finì con il farne uno dei suoi beniamini.
Nel 1865 venne scritturato per un triennio dalla compagnia di Achille Majeroni che aveva sede a Napoli presso il teatro del Fondo; colpito da apoplessia nell’estate di quello stesso anno fu però costretto a ritirarsi dalle scene. Per aiutarlo a sostenere le ingenti spese causate dai suoi problemi di salute, le compagnie di Majeroni e di Alberti si mobilitarono organizzando al San Carlo di Napoli uno spettacolo destinato a raccogliere fondi in suo favore. A un pubblico che rispose numeroso, venne presentata la tragedia Oreste di Vittorio Alfieri con lo stesso Majeroni nei panni del protagonista e Tommaso Salvini in quelli di Pilade. Una seconda serata in omaggio a Taddei venne organizzata al teatro dei Fiorentini e lo vide coinvolto come interprete, costretto però, dalla salute ormai davvero precaria, a rimanere sempre seduto (Cauda, 1912, pp. 6 s.). Fu la sua ultima apparizione scenica.
Morì a Napoli il 29 agosto 1866.
Fonti e Bibl.: F. Valia, Biografia: L. T., in Il pirata. Giornale di letteratura, teatri e varietà, XV (1849), 15 (13 ottobre), pp. 1 s.; F. Regli, T. L., in Id., Dizionario biografico dei più celebri poeti ed artisti melodrammatici, tragici e comici [...] che fiorirono in Italia dal 1800 al 1860, Torino 1860, pp. 515 s.; A. Colomberti, Memorie di un artista drammatico (1870-1874), a cura di A. Bentoglio, Roma 2004, pp. 412-415; I. Ciampi, L. T. Caratterista, in Id., La commedia italiana. Studi storici, estetici e biografici, Roma 1880, pp. 393-406; E. Rossi, Studii drammatici e lettere autobiografiche, Firenze 1885, pp. 46, 52, 54, 70; G. Costetti, La compagnia Reale Sarda e il teatro italiano dal 1821 al 1855, Milano 1893, pp. 131 s., 134 s.; L. Rasi, T. L., in Id., I comici italiani. Biografia, bibliografia, iconografia, Firenze 1897, pp. 560-564; G. Cauda, Nel regno dei comici. Aneddoti, ricordi, rivelazioni, impressioni, Chieri 1912, pp. 5-7; Id., Figure o figurine del teatro di prosa: grandezze e miserie, aneddoti, indiscrezioni, rilievi, curiosità, stelle nascenti, Chieri 1925, pp. 14-24; N. Leonelli, Attori tragici, attori comici, II, Roma 1944, pp. 377 s.; B. Brunelli - G. Pastina, T. L., in Enciclopedia dello spettacolo, IX, Roma 1962, coll. 623 s.; L. Sanguinetti, La compagnia Reale Sarda, Bologna 1963, pp. 91, 95, 158.