TENTOLINI, Luigi
– Nacque a Cremona il 14 settembre 1793 da Carlo e da Maddalena Franzosi.
Poche le notizie sulla sua gioventù. Nel 1814 risultava coscritto dei veliti reali, poi studente di ingegneria a Bologna, dove si laureò. Dimostrò un precoce interesse per lo sviluppo tecnologico applicato al settore dell’agricoltura: fu infatti tra i sottoscrittori del Nuovo dizionario completo d’agricoltura teorica e pratica tradotto dal francese e pubblicato a Padova da Crescini nel 1817. Nello stesso anno dovette manifestarsi la sua insofferenza per l’ordine costituito, che causò l’apertura a suo carico di un’inquisizione per «perturbata religione» (Archivio di Stato di Milano, Presidenza di governo, b. 111, n. 258). Nella crisi del 1821, pur non compromettendosi direttamente, si recò comunque in Piemonte per trovare e riaccompagnare a casa il giovane concittadino Fermo Aporti, fratello di Ferrante, scappato per arruolarsi insieme ad altri studenti dell’Università di Pavia. I legami con la famiglia del sacerdote ed educatore cremonese restarono forti, anche per l’impegno profuso da Tentolini nel pionieristico progetto di creazione degli asili infantili. Durante il difficile apprendistato della professione di ingegnere, a quel tempo particolarmente oneroso e privo di prospettive di impiego, specialmente nel settore delle pubbliche costruzioni, ebbe modo di sperimentare la riconoscenza del sacerdote, che lo ospitò mentre «le sue ristrettezze erano tali che non gli permettevano nemmeno di abitare in città per continuare la pratica di ingegnere» (Archivio di Stato di Milano, Processi politici, b. 157, testimonianza di Ferrante Aporti, 15 dicembre 1834). Negli anni Venti, concentrò le sue energie nella costituzione della Compagnia d’incendi a Cremona, la prima in città, e nella promozione delle scuole lancasteriane di mutuo insegnamento, dimostrandosi così nell’area cremonese in sintonia con l’offensiva di iniziative di progresso civile che a Milano Federico Confalonieri e il gruppo del Conciliatore andavano conducendo in antagonismo con il governo austriaco.
Nell’estate del 1831, nel corso di un soggiorno a Genova per motivi di salute, entrò in contatto con il circolo mazziniano e in particolare con i fratelli Iacopo, Giovanni e Agostino Ruffini, che lo affiliarono all’appena nata Giovine Italia. Segnalato quindi da Luigi Tinelli e da Vitale Albera – vertici milanesi dell’associazione – come affidabile referente per Cremona, dove l’attività clandestina stentava a decollare, si impegnò intensamente e rischiosamente nella costruzione della locale rete cospirativa, ma anche dei rapporti con la città universitaria di Pavia, sfruttando, soprattutto in occasione delle fiere e dei viaggi di lavoro, i contatti coltivati nella zona di Codogno e di Pizzighettone: si trattava di un territorio nevralgico per la presenza della fortezza di Gera, e dunque per la possibilità di guadagnare alla causa i militari, essenziali nel disegno cospirativo mazziniano. Grazie alla sua società assicuratrice contro i danni d’incendio ̶ per i cui affari da anni era solito recarsi nel vicino Ducato di Parma e Piacenza, attirandosi l’attenzione della polizia ̶ poté giustificare i frequenti spostamenti e stabilire una rete di colleghi ingegneri, tra i quali i cremonesi Luigi Dovara, Elia Lombardini e Angelo Beduschi, come affidabili referenti locali dell’organizzazione. A Cremona, tra i suoi amici di orientamento liberale, si segnalavano inoltre il dottore in legge Pietro Strada, aggiunto al Commissariato distrettuale, i medici Francesco Robolotti e Gaspare Cerioli, il maestro elementare Omobono Andreotti. Instancabile ponte con affiliati e potenziali aderenti nei territori del Mantovano e del Piacentino, al punto da guadagnarsi nei rapporti di polizia l’appellativo di «famigerato ingegnere cremonese» (Archivio di Stato di Milano, Processi politici, b. 162, n. 5510), è possibile che Tentolini riuscisse a veicolare una versione più moderata del programma mazziniano, ridimensionandone, se non tacendone, gli obiettivi insurrezionali.
Questa ipotesi sembra confermata dalle stesse parole di Giuseppe Mazzini il quale, dopo il fallimento della spedizione in Savoia del 1834 e le aspre critiche che ne seguirono nei circuiti dell’esilio, annoverò Tentolini tra i dissenzienti fautori di una riforma interna della Giovine Italia (Mazzini, 1909-1941, II, pp. 380 s.).
Attivo dalla Svizzera per la distribuzione di libri e giornali propagandistici, che aveva affidata a Strada, Tentolini subì un duro colpo alla propria rete quando a Milano lo stesso Strada venne arrestato di ritorno da una missione, a metà maggio del 1834: l’emissario, trovato con una valigia piena di materiale definito incendiario dalle autorità, fu fermato insieme alla cugina di Tentolini, Maria Gnerri Fraschina, che sarebbe stata fedele amica di Mazzini durante l’esilio a Lugano negli anni Sessanta. Un dossier datato 1836 conferma come, alla fine delle indagini, i giudici di Milano avessero individuato in Tentolini, al riparo in Svizzera, l’ordinatore della setta in Cremona grazie al quale la Giovine Italia era penetrata nella città e nel circondario. Il 6 maggio 1834 il suo nome comparve così nella lista dei profughi lombardi per i quali l’Austria chiedeva al Canton Ticino l’immediata espulsione: a nulla valsero le domande di proroga presentate dai fuorusciti alle autorità cantonali le quali, pur combattute, procedettero alle espulsioni.
Riparato in Inghilterra, poi a Parigi, Tentolini come molti altri esuli respinse la prospettiva di tornare a vivere in patria sotto il governo dell’Austria: ne sono prova, dopo l’intimazione del rientro a tutti i profughi lombardi nel 1838, due richieste di proroga presentate rispettivamente nel 1839 e, stavolta con l’accompagnamento di una supplica, nel 1840, entrambe giustificate da esigenze di studio e di istruzione all’estero. Nel fascicolo preparato sul suo conto e destinato al governatore della Lombardia Franz von Hartig si legge che l’ingegnere cremonese era ancora considerato «un pericoloso individuo di pronunciata immoralità, ed incorreggibile nelle sue tendenze criminose in odio del proprio Governo» (Archivio di Stato di Milano, Presidenza di governo, b. 239, rapporto del 18 agosto 1840).
Durante gli anni all’estero, soprattutto negli stimolanti ambienti del Belgio e dell’Inghilterra, Tentolini si interessò alle innovazioni tecnologiche applicate al settore tessile, come dimostrato in particolare da un suo intervento ripreso dagli Annali universali di statistica: definendosi «italiano per nascita, per sentimenti di amor patrio» (LVI (1838), 2, p. 355), prendeva a modello l’associazione per la filatura meccanica del lino fondata a Bruxelles nel 1837 e auspicava che anche in Lombardia, dove specificava di non poter rientrare, si creasse una simile associazione e si introducessero a breve tali macchinari. Rivelando una mentalità da homo economicus in linea con lo spirito e la fiducia imprenditoriale del primo capitalismo, chiudeva il proprio scritto rassicurando i lettori sui temuti esiti della disoccupazione tecnologica che sarebbe potuta derivare dalla meccanizzazione del settore tessile: «Ogni mezzo meccanico che si sostituisce per un’invenzione qualunque al lavoro dell’uomo è in ultima analisi una reale e materiale utilità, perché serve all’uomo di stimolo a creare ed a migliorare altre industrie trascurate o neglette per mancanza di braccia» (ibid., p. 356).
Furono solo le rivoluzioni del 1848 a fornirgli l’occasione per tornare a Cremona, dove si impegnò come presidente del Comitato di sicurezza del governo provvisorio. Ripresa quindi, al ritorno dell’Austria, la strada dell’esilio, nel 1851 pubblicò per i tipi della tipografia di Capolago un diario degli avvenimenti cremonesi che confluì nell’Archivio triennale delle cose d’Italia dall’avvenimento di Pio IX all’abbandono di Venezia, impresa editoriale diretta da Carlo Cattaneo e Francesco Dall’Ongaro. Con Cattaneo restò in corrispondenza nel periodo d’esilio trascorso a Massagno, presso Lugano.
I resoconti del 1848 cremonese di Tentolini, pur sintetici, restano significativi in quanto ricostruiscono gli orientamenti prevalenti tra gli esponenti dell’élite patriottica cittadina e testimoniano la determinazione all’impegno in prima linea dell’ingegnere, il quale si dichiarava pronto, alla non più verde età di 55 anni, a «concorrere con tutti i mezzi all’espulsione de’ nemici nostri da ogni terra italiana» (Archivio Triennale, III (1855), p. 55). Egli ricordava inoltre di aver condiviso l’esperienza dell’esilio a Bruxelles con Vincenzo Gioberti e di aver conosciuto a Parigi Terenzio Mamiani, ma di aver sempre combattuto le idee di coloro che, come lo stesso Cesare Balbo, dimostravano «fiducia nei principi italiani» (ibid., p. 333): l’originario spirito mazziniano e la convinzione che la liberazione della penisola dovesse attuarsi dal basso, attraverso una rivoluzione di popolo, restavano in lui intatti.
Nel 1859, liberata e unita al Piemonte la Lombardia, poté finalmente rientrare in Italia e aggregarsi ai garibaldini diretti in Sicilia. Tuttavia, la precoce delusione per il mancato compimento dell’opera di unificazione lo convinse nel 1860 a tornare in esilio nella cerchia di Mazzini. Nel 1862 a Firenze uscì un suo opuscolo di denuncia, Sopra alcuni fatti e scritti concernenti la situazione politica dell’Italia. Appunti di un esule cremonese (datato Cremona, 14 dicembre 1862), utile documento per ricostruire l’evoluzione del suo sentire patriottico: si trattava infatti di un amaro bilancio dell’unificazione così come essa si era realizzata, un vero e proprio j’accuse nei confronti di Casa Savoia, della Francia, del servilismo verso Napoleone III che impediva di realizzare la meta di Roma capitale e che aveva consentito la «nazionale catastrofe d’Aspromonte» (p. 14). Sarebbe stata quella l’ultima presa di posizione pubblica dell’anziano ingegnere, che trascorse la parte terminale della sua vita in solitudine nell’ospizio di Cremona.
Si spense celibe il 18 gennaio 1867 per un attacco d’asma.
Tra le sue volontà, in linea con la propensione filantropica dimostrata nel corso di tutta l’esistenza, vi fu un piccolo legato al Municipio, inteso come nucleo iniziale di un fondo da accrescere e destinare al soccorso dei poveri della città, e la donazione dei suoi libri all’ospedale, per costituire un fondo di piccole pubblicazioni di contenuto morale da fornire ai pazienti convalescenti. La sua figura venne ricordata con emozione dal concittadino Fulvio Cazzaniga, il quale lo definì «un veterano della libertà italiana, uno dei primi patrioti cremonesi, cuore ardente, anima ingenua; amò l’Italia quando amarla era delitto» nel necrologio ripreso integralmente dall’organo degli ambienti radicali e anticlericali milanesi e lombardi, Il libero pensiero. Giornale dei razionalisti (II, 1867, p. 128). Segnalandone infatti la profonda laicità ed estraneità a ogni credo religioso, il giornale lo prendeva a esempio di una vita vissuta all’insegna della dirittura morale e della serenità d’animo, mantenuta sino alla fine dei suoi giorni.
Opere. Filatura meccanica del lino in Lombardia progettata dall’ingegnere Luigi Tentolini, in Annali universali di statistica, economia pubblica, storia, viaggi e commercio, LVI (1838), 2, pp. 355 s. (ripreso dal Propagatore svizzero); Diario degli avvenimenti cremonesi, in Archivio triennale delle cose d’Italia dall’avvenimento di Pio IX all’abbandono di Venezia, III, Capolago 1855.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Cremona, Registro del Comune di Cremona, lettera T, Anagrafe 1843; Registro di stato civile, atto di morte n. 88 dell’anno 1867; Archivio di Stato di Milano, Presidenza di governo, ad nomen; Processi politici, ad nomen.
Necrologio di F. Cazzaniga, in Il libero pensiero. Giornale dei razionalisti, II (1867), pp. 126-128; C. Cantu, Della indipendenza italiana. Cronistoria, II, Torino 1873, ad ind.; E. Quinet, Lettres d’exil..., III, Paris 1886, p. 17 (in partic. la lettera del 3 luglio 1865 a Tentolini); G. Mazzini, Scritti editi ed inediti, Epistolario, I-LVIII, 1909-1941, ad indices; G. Taglietti - A. Taglietti, Gaetano Tibaldi e la colonna dei volontari cremonesi nella guerra del ’48, in Bollettino storico cremonese, XVI (1948-1949), p. 93; C. Cattaneo, Epistolario, a cura di R. Caddeo, II, Firenze 1952, p. 57 (lettera a Tentolini del 24 aprile 1852 sul federalismo); F. Soldi, Risorgimento cremonese 1796-1870, Cremona 1963, p. 202; F. Della Peruta, Mazzini e i rivoluzionari italiani. Il ‘partito d’azione’ 1830-1845, Milano 1974, ad ind.; Processi politici del Senato lombardo-veneto, 1815-1851, a cura di A. Grandi, Roma 1976, ad ind.; A. Elli, Tommaso Bianchi, un prete patriota, Milano 1999, ad ind.; C. Sideri, Ferrante Aporti. Sacerdote, italiano, educatore, Milano 1999, ad ind.; A. Arisi Rota, Il processo alla Giovine Italia in Lombardia, 1833-1835, Milano 2003, ad ind.; Ead., I piccoli cospiratori. Politica ed emozioni nei primi mazziniani, Bologna 2010, ad ind.; Ead., La borghesia delle professioni e il Risorgimento, in I professionisti a Cremona. Una storia pluricentenaria, a cura di V. Leoni - M. Morandi, Cremona 2011, pp. 27 s.; Ead., T., L., in Dizionario biografico del Risorgimento cremonese, in Bollettino storico cremonese, n.s., XVIII (2011-2012), s.v.