VACCARI, Luigi
– Nacque a Modena il 25 ottobre 1766 da una famiglia originaria di Baggiovara, secondo figlio di Giacomo, capitano di artiglieria che morì quando aveva soli sette anni, e di Anna Passeri.
Compì i primi studi presso il seminario di Modena e poi proseguì quelli di legge presso l’ateneo della sua città natale e conseguì la laurea il 31 maggio 1786. Per alcuni anni esercitò la professione di avvocato e notaio, ma già nel 1792 entrò a servizio del duca di Modena Ercole III curando le operazioni relative al censimento e poi divenendo procuratore patrimoniale del fisco. Con il governo repubblicano del 1796, entrò a far parte del comitato di governo, come segretario e poi cancelliere della commissione di Finanza e infine come deputato nel corpo legislativo della Cispadana. Durante la Repubblica Cisalpina fu per due volte commissario del potere esecutivo per il suo Dipartimento. Anche durante l’occupazione austriaca mantenne un posto nel pubblico impiego, venendo nominato membro del Magistrato «degli alloggi» l’11 giugno 1800 (Elogio del conte cavaliere Luigi Valdrighi..., 1863, p. 39).
Con il ritorno dei francesi, il 13 dicembre 1800 venne nominato consultore legale della Municipalità di Modena e il 23 novembre dell’anno successivo membro della consulta straordinaria di Lione. Nel corso del 1802 divenne poi membro del corpo legislativo e infine luogotenente della prefettura.
La vera e propria ascesa pubblica di Vaccari su scala non più solo locale avvenne nella piena età napoleonica, quando su proposta del vicepresidente Francesco Melzi d’Eril, il 25 dicembre 1802, Napoleone ratificò la sua nomina a consigliere segretario di Stato in seno alla Repubblica italiana facendolo succedere a Pellegrino Nobili. Come consigliere segretario, a partire dal 1805, lavorò a stretto contatto con Antonio Aldini, che nel frattempo era stato nominato ministro segretario di Stato. In questo periodo Vaccari formò una circoscrizione territoriale amministrativa per tutto il Regno d’Italia che, abolita nel 1815, sarebbe stata ripresa dal governo italiano dopo il 1860.
Durante il suo servizio ricevette altri onori: nel 1806 ebbe la nomina a commendatore dell’Ordine della Corona di ferro, carica istituita un anno prima con la creazione del Regno d’Italia. Nel 1809 divenne anche conte del Regno e, a pochi mesi di distanza, con un atto di nomina del 10 ottobre dello stesso anno, ricevette l’incarico di ministro dell’Interno succedendo a Ludovico Arborio di Breme, in carica dal 1806.
Come ministro Vaccari dava «udienza pubblica nel palazzo del Ministero ogni sabato ad un’ora pomeridiana» e dava «udienza alle persone costituite in autorità e ai funzionari pubblici in ogni lunedì alle due pomeridiane» (Almanacco reale..., 1811, p. 157) e il suo impegno si concentrò soprattutto sulla riforma dell’istituzione prefettizia. Fin dall’inizio del suo mandato, nel 1809, intervenne per limitare l’autorità dei prefetti ricordando che in base al decreto dell’8 giugno 1805 potevano nominare i sindaci dei Comuni di terza classe, ma non avevano la facoltà di destituirli a piacere. Il ministro «tentò con consapevole determinazione di porre dei limiti, a favore del proprio dicastero, ai poteri legalmente detenuti dai prefetti» (Antonielli, 1983, p. 360). Il principale oggetto del contendere tra il ministro e i prefetti fu la totale discrezionalità che questi ultimi esercitavano sull’assunzione e sul licenziamento degli impiegati. La questione era emersa in uno scontro con Giovanni Tamassia, nominato prefetto del Lario alla fine del 1810, che aveva proposto di licenziare ben nove impiegati fornendo a Vaccari l’occasione per proporre un nuovo regolamento per l’assunzione del personale in base a riconosciute competenze professionali, e con il diretto controllo del governo centrale. Il progetto però non incontrò l’approvazione né di Eugenio Beauharnais né di Napoleone Bonaparte e restò lettera morta.
Ben inserito nel milieu culturale della Milano napoleonica, Vaccari intrattenne rapporti con alcuni degli intellettuali più insigni del suo tempo.
Ugo Foscolo lo ricordò nei suoi versi come il «conte che convita» riferendosi alla generosa e frequente ospitalità offertagli da Vaccari stesso a Milano (Capitolo a Pietro Rottigni, 1813) e alla nomina a ministro scrisse: «Il pubblico ne spera molto, ed io dovrei sperare assai più. [...] Dirò bensì, per onore del Vaccari, ch’egli mostrasi amico amorevole e schietto, né il nuovo onore gli ha gonfiato il cervello come a tant’altri. Continua a stringer la mano a vecchi compagni e rigetta l’Eccellenza dalla loro bocca. Ciò almeno mi giova, perché son certo di non perdere un amico, e gli onori me ne han fatto perdere molti» (Cantù, 1872, pp. 419 s.).
Fin dagli anni modenesi Vaccari era stato inoltre legato a Luigi Lamberti e a Giovanni Paradisi dei quali – una volta divenuto ministro – sostenne la battaglia in favore della creazione di un nuovo vocabolario della lingua italiana, che correggesse gli errori ripetuti anche nella ristampa veronese della Crusca. Nel 1813, dalle colonne del Poligrafo, giornale curato da Paradisi, Lamberti aveva pubblicamente criticato il vocabolario stampato a Verona e aveva chiamato a raccolta gli intellettuali milanesi, soprattutto raccolti intorno all’Istituto Reale di scienze, lettere ed arti. Vaccari diede un impulso decisivo donando all’Istituto stesso diciannove manoscritti inediti e un volume a stampa degli scritti del padre teatino Giovan Pietro Bergantini, un lessicografo originario di Venezia che aveva intrapreso, negli anni Quaranta del Settecento, una monumentale opera di revisione della lingua italiana volta a integrare il canone della Crusca soprattutto con termini del linguaggio scientifico.
Come scrisse Vaccari stesso a Paradisi: «Essendo io stato informato che trovavansi in Padova i manoscritti del Dizionario della volgare elocuzione del P.e Bergantini, e che altre opere aveva questo Autore lasciate inedite, mi proposi di richiamarle dall’obblio, in cui giacevano, affine di renderle profittevoli per gli studiosi della Lingua Italiana; e ne feci l’acquisto. [...] Mentre S. M. col far rivivere l’Accademia della Crusca e coll’accordare generosi premj ai più purgati Scrittori ha dimostrato quanto Le stia a cuore l’incremento del nostro idioma: mi è paruto che l’affidare le suddette opere al fiore dei Dotti, dei quali si onora il Regno d’Italia, potesse sommamente contribuire ad ottenere il fine, a cui tendono le Sovrane istituzioni. Le ho quindi fatte deporre nella R.a Biblioteca del Palazzo delle Scienze ed Arti a disposizione del R. Istituto; il quale, sono certo, saprà giovarsene per aggiunger gloria al nome Italiano» (Archivio di Stato di Milano, Atti di governo, Studi p. m., 244, f. 34, citato in Bonsi, 2018, p. 46).
Con il dono dei materiali e con l’appoggio pubblico, Vaccari dichiarò di voler contribuire all’«incremento» della lingua italiana che era un obiettivo che stava a «a cuore» a Napoleone stesso (Vitale, 1988, pp. 493 s.). Grazie al sostegno del ministro un’apposita commissione governativa – della quale oltre a Paradisi (che ne era il presidente) e Lamberti facevano parte tra gli altri Vincenzo Brunacci, Vincenzo Monti, Pietro Moscati e Alessandro Volta – poté iniziare i lavori il 21 maggio 1814 con il fine di produrre un nuovo vocabolario che però non vide mai la luce. Le operazioni della commissione così come il mandato di Vaccari a ministro vennero infatti bruscamente interrotte dalla disfatta napoleonica in Russia.
Alla caduta di Napoleone Vaccari si ritirò nella sua città natale e non cercò di ottenere altri incarichi. A proposito del suo ritiro dalla vita pubblica, il 26 luglio 1814 ebbe così a scrivere all’amico e matematico Vincenzo Brunacci: «la mia morte agli impieghi (che desidero e spero abbia ad essere eterna)» (Lettere inedite..., 1835, p. 423). Coerentemente, nel 1815 rispose negativamente all’invito di Gioacchino Murat che chiedeva la sua collaborazione.
Senza discendenza diretta, alla morte che sopraggiunse il 26 gennaio 1819 a Modena, Vaccari lasciò tutti i suoi averi alla sorella Barbara che fece porre una lapide commemorativa nella chiesa di S. Domenico: «Aloisio Vaccario I. C. viro ingenii celerrimi / amplissimis muneribus in exemplum perfuncto / praefecto interioribus regni italici / religione, caritate patriae, largitate in egenos / omnibus probatissimo / qui / post interitum regni / aequanimis neque minus spectatus sibi vivens in patria / sincope oppressus obiit / VII Kal. Feb. An. MDCCCXIX aetatis an LII / fratri desideratissimo Barbara Vaccaria / cum lacrimis P. C.» (Elogio del conte cavaliere Luigi Valdrighi..., 1863, p. 41).
Fonti e Bibl.: Vaccari non lasciò alcuna opera a stampa. Le principali fonti manoscritte, necessarie per la ricostruzione dell’azione quale consigliere segretario e poi ministro, sono conservate presso l’Archivio di Stato di Milano (Atti di governo, Studi p. m., 244, f. 34 Vocabolario italiano; Atti di governo, Uffici e Tribunali Regi p.m., 5, 9, 39, 42, 437, 498, 669; Autografi, 224, f. 64, Luigi Vaccari; Segreteria di Stato – Aldini 10 e 46); l’Archivio Manoscritti dell’Istituto lombardo di scienze, lettere ed arti (Carte 1 Ab.; Verbali e adunanze: B. b. 3), la Biblioteca nazionale di Roma (Fondo autografi, Lettere di Luigi Vaccari a Giovanni Scopoli consigliere di Stato e direttore generale della Pubblica Istruzione, Milano 21 gennaio 1811 e 6 settembre 1812). Sue lettere autografe sono conservate anche presso la Biblioteca Estense di Modena, Fondo manoscritti Campori.
Tra le fonti a stampa dettagli relativi alla vita e all’opera di Vaccari si trovano nell’Almanacco reale per l’anno 1811, Milano 1811, nella Necrologia apparsa sulla Gazzetta di Milano del 31 gennaio 1831, nonché nelle Lettere inedite di illustri italiani che fiorirono dal principio del secolo XVIII fino ai nostri tempi, Milano 1835. Particolarmente ricchi di dettagli sono: Elogio del conte cavaliere Luigi Valdrighi recitato nella inaugurazione degli studi dell’Università modenese il 15 novembre 1862 dal professor cavaliere Ludovico Bosellini, Modena1863; Estratti di un carteggio famigliare e privato ai tempi delle Repubbliche Cisalpina e Italiana del Conte Luigi Valdrighi pubblicati dal nipote L.F. Valdrighi, Modena 1872, pp. 212 s.; C. Cantù, Della indipendenza italiana. Cronistoria, I, Napoli-Roma 1872; T. Casini, Ritratti e studi moderni, Milano 1914, pp. 388-391. Profili più recenti si trovano nel Dizionario del Risorgimento nazionale: dalle origini a Roma capitale. Fatti e persone, IV, Milano 1937, p. 517, e in F. Ercole, Il Risorgimento italiano: gli uomini politici, II, Milano 1942, p. 296. Fondamentali per la ricostruzione dell’attività quale ministro e in particolare riguardo la questione relativa alla riforma delle prefetture sono L. Antonielli, I prefetti dell’Italia napoleonica: Repubblica e Regno d’Italia, Bologna 1983, e C. Carnino, Giovanni Tamassia, patriota energico: dal triennio rivoluzionario alla caduta di Napoleone (1796-1814), Milano 2017. Il cotè culturale e gli interessi di Vaccari in materia di lingua e istruzione sono invece trattati in M. Vitale, La veneranda favella: studi di storia della lingua italiana, Napoli 1988, pp. 487-563; A. Bianchi, Scuola e società nell’Italia napoleonica. Giovanni Scopoli e l’istruzione femminile (1809-1816), in La carte e gli uomini. Storia della cultura e delle istituzioni (secolo XVIII-XX). Studi in onore di Nicola Raponi, Milano 2004, pp. 125-151; C. Bonsi, La lingua è università di parole: la proposta di Vincenzo Monti, Padova 2018.