BRUGNATELLI, Luigi Valentino
Nacque a Pavia il 14 febbr. 1761 da Pasquale e da Paolina Gramegna. Il padre, un modesto commerciante, intendeva avviarlo alla sua stessa attività, ma il B. preferì continuare gli studi, optando per quelli di ingegneria. Ma il suo preminente interesse era rivolto alle scienze naturali, cosicché, dopo aver seguito per qualche tempo i corsi di matematica nell'università di Pavia, egli passò a quelli di medicina. Studiò brillantemente, imponendosi all'attenzione dei docenti, tra cui lo Spallanzani, il Tissot e lo Scopoli, chimico e botanico, che lo apprezzò in modo particolare. Nel 1784 il B. si laureò e la sua dissertazione di dottorato, il Saggio di un'analisi chimica dei sughi gastrici, fu pubblicata nel tomo VII degli Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti (Milano 1784, pp. 288-299).
Dopo la laurea, cominciò a esercitare la professione medica; alcuni anni dopo gli fu anche affidata la direzione di un ospedale per la cura dei feriti della guerra contro la Francia rivoluzionaria. Frutto dei suoi interessi medici è la traduzione dei Consulti medici di Th. Thompson (Pavia 1792). Frattanto egli era rimasto in contatto con lo Scopoli, che si valse del suo aiuto per una delle sue opere più importanti, le Delitiae Florae et Faunae Insubricae, per la quale il B. eseguì anche le pregevoli incisioni illustrative. Fu appunto per influsso dello Scopoli che, quando sembrava che la medicina fosse ormai la sua via definitiva, si dedicò interamente alla chimica. Già nel 1785 fu ripetitore di chimica nell'università, e poi nel collegio Ghislieri. Nel 1788 sostituì lo Scopoli durante una sua assenza, ed altrettanto fece per il suo successore Brusati nel 1790; nel 1793 supplì il Carminati per la materia medica e nel 1796, infine, fu nominato professore di chimica generale e direttore del laboratorio di chimica.
A tale nomina giunse grazie ad un lavoro di ricerca e divulgazione che per carattere e mole non aveva forse confronto nell'Italia di allora. Notando che negli ultimi anni si era attuata nella chimica una vera rivoluzione, e che la mancanza in Italia di adeguati strumenti di informazione scientifica minacciava di estraniare la nostra scienza dai centri di ricerca più progrediti, fondò nel 1788 la Biblioteca fisica d'Europa, della quale uscirono fino al 1791 venti volumi. Nel 1790 la seguirono gli Annali di chimica (ventidue volumi fino al 1805); nel 1792 il Giornale fisico-medico (chiamato poi Avanzamenti della medicina e della fisica), in collab. con L. V. Brera, proseguito fino al 1796 per un totale di venti volumi; nel 1797 i Commentari medici, anch'essi in collaborazione col Brera e, nel 1808, il Giornale di fisica, chimica e storia naturale (che durerà oltre la sua morte fino al 1827), nella cui compilazione l'aiutarono il figlio Gaspare, nato nel 1795, e i colleghi G. Brunacci e P. Configliacchi. In questi periodici espose le ricerche e scoperte di cui aveva notizia da tutta Europa, vagliandone attentamente l'attendibilità ed aggiungendo notizie dei propri studi. Egli si interessò particolarmente al riordinamento concettuale della chimica, che nel gruppo francese di Lavoisier, Fourcroy, Berthollet e Morveau aveva portato alla proposta di un nuovo sistema di nomenclatura, tentando una mediazione tra tali sviluppi e la tradizione flogistica.
La sua parziale opposizione al sistema di Lavoisier non derivava fondamentalmente da semplice passatismo o da incomprensione della sua importanza, ma da obiettive difficoltà e lacune che quel sistema presentava, specie per la spiegazione dei fenomeni termici e luminosi. In due note del 1795, la Memoria sul calorico e la Memoria sulla luce, il B. sostenne che il calorico e la luce sono corpi, di cui il primo semplice e pesante. Come tali, essi possono combinarsi con varie sostanze, e manifestarsi durante una reazione in seguito alla dissociazione dal corpo col quale erano combinati. Propose perciò il termine "termossigeno" per designare una speciale combinazione di ossigeno e calorico presente nell'atmosfera: se l'ossigeno, combinandosi con un corpo, libera il calorico, la combinazione sviluppa calore ed il composto risulta poco o affatto combustibile ed esplosivo; se lo conserva, il composto è invece altamente combustibile ed esplosivo. Si deve notare che la teoria del B. non era palesemente in contrasto con i dati sperimentali allora disponibili. L'Amerio ha infatti notato che, poiché nelle equazioni termochimiche si aggiunge ai termini indicanti le sostanze che si combinano il termine termico indicante la quantità di calore emessa o assorbita, tale termine, sotto certe restrizioni, può venire considerato come simbolo di un corpo semplice, dato che nelle stesse condizioni si presenta sempre nella stessa quantità: le quantità di calore che si sviluppano nei processi, essendo energie, si comportano in base al principio di conservazione dell'energia come si comporterebbero in base al principio di conservazione della materia se fossero materia. La teoria era quindi un diverso schema linguistico che si attagliava ugualmente ai fatti noti; furono solo i successivi sviluppi sperimentali che la mostrarono falsa. Il B. propose anche alcuni mutamenti terminologici, poiché alcuni dei termini usati da Lavoisier gli parevano poco caratterizzanti. Rifiutò il termine "azoto", perché tale gas non è il solo che non consente la vita, e lo chiamò prima "fossigeno" ("generatore di luce", sulla scorta di idee di Göttling, che lo riteneva un misto di ossigeno e luce), poi "septone" ("putrido"). Chiamò gli acidi "ossici", e propose il termine "flogogeno" ("generatore di fiamma") in luogo di "idrogeno", non essendo l'acqua l'unico composto di tale gas.
Questa nomenclatura ottenne qualche successo in Germania e in Inghilterra, ma fu respinta dai Francesi e dallo Spallanzani. Tuttavia le adesioni ottenute parvero al B. sufficienti per adottare il nuovo sistema nella sua prima vasta opera, gli Elementi di chimica appoggiati alle più recenti scoperte chimiche e farmaceutiche, pubblicati in tre volumi a Pavia dal 1795 al 1798. L'opera, che ebbe grande successo e cinque edizioni in pochi anni, segnava il culmine di tutta l'attività sperimentale svolta fino ad allora dall'autore. Nel 1786, trattando il sughero con acido nitrico, aveva per primo ottenuto l'acido suberico (Della natura del suvero, in Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti, IX, Milano 1786, pp. 345 ss.). Studiò poi il modo di rendere incombustibile la carta (Philosophical Magazine, I [1798], pp. 89-92, 173-180); l'azione della ammoniaca sui composti del cobalto (Annales de chimie, t. XXXIII [1799], pp. 113-124); la combustione del fosforo e la sua solubilità nell'etere (ibid., t. XXIV [1797], pp. 57-77).
Negli Elementi di chimica il B. espone distesamente la sua teoria del calorico e della luce. Pur ammettendo che il calorico, "fluido sottilissimo d'una elasticità estrema, sparso per tutto l'universo, che penetra tufti i corpi con più o meno facilità, e tende continuamente a mettersi in equilibrio", non è stato ancora rilevato da alcuno strumento, egli ritiene che la sua esistenza risulti in modo certo dalle leggi che regolano i fenomeni termici. Esso può trovarsi in tre stati: in combinazione con un corpo; come calorico latente, che si manifesta col variare della temperatura al mutamento di stato nei corpi; ed infine come calorico specifico, definito come la quantità di calore emanata da una quantità fissa di una sostanza nell'equilibrare la sua temperatura con quella dell'ambiente. Anche la luce, come detto, è per il B. un corpo. Come tale, essa si combina chimicamente, venendo così a trovarsi nello stato di "luce latente", per rendersi sensibile allo sciogliersi della combinazione. Oltre a questi aspetti teorici, ènotevole negli Elementi la viva attenzione rivolta all'apparato strumentale della chimica ed alla farmacia.
Quando pubblicò quest'opera, il B. era già membro di numerosi istituti scientifici, quali l'Accademia Leopoldino-Carolina, quella delle Scienze di Torino e Ai Gottinga, alla quale ultima gli Elementi furono dedicati; in seguito egli giunse ad essere membro di circa trenta di esse. Frattanto, oltre al notevole impegno delle riviste, dedicava viva attenzione all'insegnamento, incoraggiando i più dotati tra gli allievi a compiere ricerche originali. La sua vita era tutta compresa tra studio, ricerca ed insegnamento da un lato e la famiglia dall'altro, sempre nella tranquilla Pavia, con una ristretta cerchia di amici.
Dopo la pubblicazione degli Elementi intensificò la sua collaborazione a riviste straniere, tanto che la bibliografia completa dei suoi scritti comprende in tutto circa 130 titoli, buona parte dei quali indicati negli scritti di A. Cossa e I. Guareschi. Degni di menzione, in tale produzione, il metodo di preparazione del fulminato d'argento, più semplice di quello sperimentato e proposto da E. C. Howard e la proposta di un nuovo metodo per preparare quello di mercurio (Annales de chimie, t. XXVII [1798]; XXVIII [1790]); la proposta dell'uso dello zinco per utensili domestici; la scoperta della benzocianidrina (Giornale di fisica, chimica e storia naturale, VIII [1815], pp. 137 s.), che si suole attribuire al Wöhler; tuttavia il B. non analizzò la nuova sostanza. Il Selmi gli attribuì anche la trasformazione isomerica dell'oleina in elaidina. Importanti anche le sue ricerche biochimiche: reperì l'ossalato di calcio nei sedimenti urinari; suggerì l'uso dei composti del cloro per la terapia della rabbia; lavorò su reagenti in tossicologia; compì importanti osservazioni sugli acidi negli escrementi animali (ibid., pp. 42-45). A tale settore di studi appartengono le altre sue opere maggiori. Nel 1802 pubblicò a Pavia la Farmacopea ad uso degli speziali e medici moderni della Repubblica italiana, tradotta in francese nel 1811. Seguirono, sempre a Pavia, nel 1817 la Materia medica vegetabile ed animale e nel 1819, postuma, a cura del figlio Gaspare, la Litologia umana, ossia ricerche chimiche e mediche sulle sostanze petrose che si formano in diverse parti del corpo umano e soprattutto nella vescica urinaria, opera cui il B. lavorò molto nei suoi ultimi anni.
Ma la circostanza che rivestì per lui, sul piano umano e scientifico, la massima importanza fu l'amicizia con A. Volta. Una lettera direttagli dal Volta all'inizio del 1800, pubblicata da Z. Volta, mostra che il B. fu uno dei primi ad essere messo al corrente delle proprietà della pila. Egli iniziò subito a fare ricerche su di essa lavorando per vari anni in laboratorio assieme al Volta. Ripeterono l'esperienza del Nicholson, decomponendo l'acqua. In un primo tempo il B. non credeva all'identità dell'elettricità della pila con quella animale, ma le prove addotte dal Volta lo persuasero. Decompose il latte, l'alcool e altre sostanze; scoprì l'occlusione dei gas in elettrodi d'argento, spiegandola però in modo inesatto. Nel 1801 il Volta gli chiese di accompagnarlo a Parigi, dove si proponeva di esporre i propri risultati. Partiti da Como il 1º settembre, i due amici giunsero a Parigi il 26 successivo, dopo una sosta a Ginevra. Vi restarono fino al 4 dicembre, quando, scelti come deputati del dipartimento dell'Alto Po ai Comizi di Lione per la costituzione della Repubblica italiana, partirono per quella città. Durante il viaggio il B. tenne un diario, pubbl. a Pavia nel 1953 (Diario del viaggio compiuto in Svizzera e in Francia con A. Volta nel 1801), importante per la valutazione della sua personalità e per la conoscenza della Francia di quegli anni. In esso egli appare come un uomo d'ordine, abituato al quieto vivere della provincia, cui gli avvenimenti tumultuosi dell'epoca appaiono qualcosa di estraneo e spiacevole; èinvece sensibile al fasto della Parigi del consolato, che descrive con acutezza. I due mesi a Parigi trascorsero in continui incontri con i maggiori scienziati francesi, quali Cuvier, Lagrange, Berthollet Biot e altri. Mentre tali incontri, cui partecipò talvolta lo stesso Napoleone, consacrarono definitivamente la importanza delle scoperte voltiane, essi non furono del tutto soddisfacenti, per il B., cui i chimici francesi non perdonavano il rifiuto della loro nomenclatura.
Tornato in Italia, il B. riprese le sue ricerche, giungendo nel 1802 al suo risultato più importante, di cui dette notizia con una lettera a J. B. van Mons. Già nel viaggio in Francia egli aveva espresso l'idea che nella pila avviene un trasporto di materia, ed ora, ponendo due grosse medaglie d'argento in una soluzione di ammoniuro d'oro, ne ottenne una uniforme doratura. Si tratta dunque del primo esperimento di galvanostegia. Anche il primo esperimento di galvanoplastica, per solito attribuito allo Jacobi, risale a lui: riuscì infatti a far ricoprire da uno strato metallico catodi di carbone (di cui egli stesso aveva scoperto le proprietà come conduttore elettrico). Intuì le possibilità industriali del procedimento, e lo comunicò ad un orefice pavese, che ne fece uso. La scarsa eco destata da questi esperimenti, tale che trent'anni dopo la loro ripetizione parve una scoperta, va attribuita al parziale discredito in cui il B. era caduto negli ambienti scientifici dopo l'infelice esito della sua proposta di nomenclatura, ed al fatto che non seppe dare, come fece poi H. Davy, una spiegazione adeguata di tale complesso di fenomeni.
Nel 1813 il B. fu rettore dell'università di Pavia. Morì il 24 ott. 1818.
Alla morte del B. gli successe nella cattedra di chimica dell'ateneo pavese il figlio Gaspare (Pavia 1795-ivi 1852), al quale è dovuta la scoperta dell'allossana, da lui ottenuta per azione dell'acido nitrico, o del cloro o dello iodio, sull'acido urico (Giornale di fisica, s. 2, 1 [1818] p. 117; Annali di chimica, s. 2, VIII [1818], p. 201). La sostanza fu poi studiata (1838) da F. Wöhler e J. Liebig, che ne fecero l'analisi elementare e le dettero tale nome.
Dal 1820 fu incaricato dell'insegnamento della storia naturale generale e ad essa si dedicò completamente, abbandonando la chimica. Scrisse Guida allo studio della chimica generale (Pavia 1819-1820), Elementi di storia naturale generale, Sommario di storia naturale,Trattato delle cose naturali e dei loro ordini conservativi (1837); in questa ultima pubblicazione precorse A. von Humboldt nelle concezioni da questo formulate (1845) sui tre regni della natura. Gli fu dedicata da E. van Beneden una specie di Molluschi, Aplysia brugnatelli.
Ingegnere, ma cultore di chimica, fu il figlio di Gaspare, Tullio (Pavia 1825-ivi 1906), che partecipò alle Cinque giornate di Milano (1848) e alla difesa del forte di Marghera (1849). Nel 1859 divenne reggente di chimica generale nell'università di Pavia; nel 1872 fu nominato ordinario. Fu anche rettore dell'università (1873-1876) e sindaco di Pavia. Non ebbe una produzione scientifica di grande rilievo: studiò l'azione dello zolfo sull'acqua e sui carbonati terrosi, nonché un alcaloide della Melica guasta. Si dedicò soprattutto all'insegnamento, per cui ideò nuovi apparecchi ed esperienze. Scrisse un Trattato di chimica gener. e inorganica (Milano 1861).
Un figlio di Tullio, Luigi (Sairano, Pavia, 1859-Pavia 1928), si laureò in chimica e fu, dal 1898, professore di mineralogia nell'ateneo pavese. Fu autore di vari studi cristallografici riguardanti sostanze organiche o inorganiche naturali o artificiali (fluoborato di potassio, ecc.), di studi petrografici e soprattutto di ricerche su minerali delle valli lombarde; descrisse per primo un carbonato basico, di magnesio, che chiamò "artinite" in onore di E. Artini (Sopra un nuovo minerale nelle cave d'amianto della val Lanterna, Milano 1902; Idromagnesite ed artinite di Emarese, ibid. 1903). Propose una formula per misurare l'altezza delle montagne per mezzo del barometro (1882). Gli fu dedicata la "brugnatellite", carbonato basico di magnesio e ferro. Pubblicò varie note sui Rend. dell'Acc. dei Lincei, sui Rend. dell'Ist. lombardo, sul Boll. del Comitato geologico d'Italia, sulla Zeitschrift fürKristallographie.
Fonti e Bibl.: B. Bizio, Elogio del prof. L. B., Venezia 1832; E. De Tipaldo, Biogr. degli Italiani illustri, II, Venezia 1835, pp. 437-39; A. Cattaneo, Cenni su la vita di L. B., Milano 1836; F. de Cattanei di Momo, Della vita e delle opere di L. V. B., Pavia 1841; A. Cossa, Cenni sulla vita e sugli scritti di L. V. B., Pavia 1857; Z. Volta, L. V. B. e la galvanoplastica, in Atti d. Acc. fisio-medico-statistica di Milano, XXXV (1876), pp. 124-35; F. Selmi, Encicl. chimica, XI, Torino 1878, pp. 709-717; Mem. e docum. per la storia dell'Università di Pavia e degli uomini più illustri che v'insegnarono, I, Pavia 1878, pp. 426-27; I. Guareschi, La chimica in Italia dal 1750 al 1800. Parte III, in Supplemento annuale alla Encicl. di chimica, XXVIII, Torino 1911-12, pp. 404-411; A. Amerio, L. V. B. e l'elettrochimica, in Corsi annuali per italiani e stranieri tenuti nella R. Univ. di Pavia. Lezioni e conferenze dell'anno 1928, Pavia 1929, pp. 217-32; G. Provenzal, Profili bio-bibliografici di chimici italiani (sec. XV-sec. XIX), Roma 1938, pp. 91-95; U. Da Como, I comizi nazionali in Lione per la costituzione della Repubblica ital., III, 2, Bologna 1940, p. 26; J.R. Partington, A History of Chemistry, London 1962, III, p. 492; IV, pp. 23, 41, 257, 333, 717; Enc. italiana, VII, p.953. Per Tullio: C. Panigada, T. Brugnatelli e la compagnia degli ingegneri lombardi alla difesa di Venezia nel 1845-49, in Boll. stor. pavese, IV (1941), pp. 5-167 (pubblica un suo diario inedito, pp. 53-160); A. Coppadoro, I chimici italiani e le loro associazioni, Milano 1961, pp. 219 s. Per Luigi:G. D'Achiardi, Commemor. in Rend. d. Accad. naz. d. Lincei, cl.di sc. fis. mat. nat., s. 6, Append., X (1928), pp. XVII-XXV; Enc. It., Append. I, p. 323