VALMAGGI, Luigi
– Nacque a Susa (Torino) il 27 febbraio 1863 da Zaverio, impiegato delle dogane, e da Felicita Aicardi, la cui famiglia aveva origini canavesane.
Fino al ginnasio inferiore studiò a Susa; si trasferì poi a Torino a causa del servizio del padre, che morì poco dopo. Luigi e la madre andarono quindi ad abitare a Ivrea, presso alcuni parenti; lì il giovane poté frequentare il Regio liceo della città, da pochi anni intitolato a Carlo Botta. L’italianista Giuseppe Finzi, suo insegnante, seppe risollevare l’allievo, prostrato dalle vicende familiari, e risvegliarne la predisposizione allo studio umanistico. Iscrittosi alla facoltà di lettere dell’Università di Torino, ebbe come insegnanti, tra gli altri, il grecista Giuseppe Müller, l’italianista Arturo Graf, i latinisti Domenico Pezzi ed Ettore Stampini; quest’ultimo – già allievo di Tommaso Vallauri – divenne il maestro di Valmaggi, che si laureò il 6 giugno 1885 con la dissertazione Di un testo falsamente attribuito ad Elio Donato (pubblicato con il titolo La biografia di Virgilio attribuita al grammatico Elio Donato, in Rivista di filologia e d’istruzione classica, XIV (1886), pp. 1-106). Con Ivrea mantenne un legame speciale, pubblicandovi due studi monografici, I precursori di Frontone (1887) e le Quaestiones frontonianae (1889), oltre a opuscoli per nozze di amici e conoscenti, e studiando il manoscritto latino LIII.37 della locale Biblioteca capitolare (Notizia di un codice eporediese delle “Etimologie” di Isidoro, in Rivista di filologia e d’istruzione classica, XV (1887), pp. 68-73). Tuttavia la carriera di Valmaggi si sviluppò tutta negli istituti pubblici e privati di Torino, dove nel frattempo si era nuovamente trasferito insieme alla madre. Presso il Regio ginnasio Umberto I fu professore incaricato nel 1888, poi reggente fino al 1895, prima di essere trasferito al liceo Cavour, dove restò fino al 1901. Nel frattempo, sin dal 1890, aveva conseguito la libera docenza e preso a collaborare con l’Università di Torino, in qualità di professore incaricato di grammatica greca e latina tra il 1895 e il 1901, quindi professore di ruolo straordinario e, a partire dal 1906, ordinario della stessa disciplina. Tra il 1904 e il 1906 ebbe anche l’incarico di letteratura greca e, nell’anno accademico 1917-18, l’affidamento del corso di glottologia.
Nel 1889 Valmaggi licenziò a Torino una sua Storia della letteratura romana per le scuole secondarie (poi ridotta a Sommario di storia della letteratura romana, Torino 1891), contribuendo così a un genere molto praticato in quei decenni, in cui dallo studio dell’eloquenza latina (retaggio di Carlo Boucheron e Vallauri) si trascorreva gradatamente alla storiografia letteraria di tipo scientifico.
Il testo di Valmaggi, articolato in XVI lezioni che vanno dalle origini ai testi cristiani, è anche troppo schematico e condizionato dalla pretesa di imbrigliare la produzione degli autori secondo nette divisioni di genere. È l’opera, si potrebbe dire, di un venticinquenne tanto erudito quanto infatuato dal metodo storico-critico tedesco (che in parte aveva ereditato da Stampini, in parte aveva sviluppato autonomamente). L’ammirazione per la filologia formale non impedì che altrove lo studioso rivendicasse l’autonomia della letteratura e dei valori letterari in sé, anche in opposizione alla sola ricerca storico-critica o linguistica, come nella prolusione La storia della letteratura romana e i suoi metodi di trattazione (Torino 1892) o nell’articolo Il valore estetico dell’episodio virgiliano di Didone (in Rivista di filologia e d’istruzione classica, XXV (1897), pp. 1-52).
Il Manuale storico-bibliografico di filologia classica (Torino-Palermo 1894) rappresenta un’opera originale nella produzione di Valmaggi. Dedicato a Stampini, esso si suddivide in due parti: filologia (che comprende anche brevi capitoli su glottologia, paleografia, epigrafia, critica, ermeneutica e storia letteraria) e storia (intesa anche come numismatica, archeologia e storia dell’arte).
Il lavoro risente molto della Encyklopädie und Methodologie di August Boeckh (1877), citata sin dall’inizio della Prefazione, ma persegue l’unione di tre finalità: compendio, metodologia e rassegna bibliografica. L’intento principale è sì «additare la ragione teoretica di ciascuna disciplina filologica e i rapporti e i legami che tra l’una e l’altra intercedono» (p. XI), però con un’impostazione più storiografica che metodologica. Molto spazio occupano la grammatica greca e latina, e ancor più gli elenchi di articoli delle principali riviste scientifiche, raggruppati secondo l’autore di riferimento, allo scopo di fornire un resoconto aggiornato alle pubblicazioni straniere.
La parallela esigenza di rigore sistematico e percezione qualitativa del testo letterario è tipica del docente di scuola, cui urgono strumenti nuovi e funzionali: dopo la Storia della letteratura e il Manuale Valmaggi tradusse infatti dal tedesco la Piccola grammatica latina di Ferdinando Schultz e Martino Wetzel (per l’editore torinese Loescher, 1894), dedicandosi poi alla composizione di una sua Grammatica latina (Milano 1897), destinata alle scuole superiori, apprezzata da Giovanni Pascoli (Morelli, 2007) e a lungo ristampata. Sempre nel 1894, insieme con Giacomo Cortese (altro allievo di Vallauri) fondò il Bollettino di filologia classica, un mensile di informazione e di recensioni molto utile quale strumento bibliografico, pubblicato da Loescher in parallelo alla più prestigiosa Rivista di filologia e d’istruzione classica. Dopo Valmaggi il Bollettino fu diretto da Angelo Taccone e Luigi Castiglioni e continuò a uscire fino al 1942.
Nella Collezione dei classici greci e latini di Loescher Valmaggi pubblicò numerose edizioni scolastiche, alcune delle quali ristampate ancora negli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Tacito fu uno degli autori prediletti: Il dialogo degli oratori, di cui Valmaggi negò sempre l’autenticità, è un’edizione commentata del 1890, cui seguirono: Il I libro delle Storie, 1891; Il II libro delle Storie, 1897; Il III libro delle Storie, 1906; Germania, 1924. I frammenti degli Annali di Ennio (Torino 1900) fu un’altra tra le raccolte più fortunate, elogiata dai migliori editori, anche stranieri (Timpanaro, 1972, p. 422 nota 3). Anche dell’Octavia trasmessa sotto il nome di Seneca Valmaggi licenziò una versione nel 1919. Della collezione scolastica dell’editore Paravia merita ricordare l’antologia degli Epigrammi di Marziale (Torino 1901); su di un livello scientifico più alto, ossia per il Corpus Paravianum diretto da Carlo Pascal, pubblicò le edizioni critiche del X libro della Institutio oratoria di Quintiliano nel 1902 e dell’Octavius di Minucio Felice nel 1916. Nello stesso 1916 fu nominato preside della facoltà di filosofia e lettere dell’Università di Torino, incarico che mantenne con impegno minuzioso fino a poco prima della morte. Dal 20 maggio 1917 divenne socio nazionale residente dell’Accademia delle scienze di Torino; fu anche membro di quella di Padova, dell’Accademia properziana del Subasio e dell’Accademia virgiliana di Mantova.
Taccone informò che Valmaggi aveva atteso molti anni alla redazione di due opere che non riuscì a terminare: un nuovo Dizionario latino-italiano, redatto a partire dalle fonti, che restò interrotto, e un’indagine che non aveva nulla che vedere con la filologia classica: I cicisbei: contributo alla storia del costume italiano nel sec. 18o, pubblicato postumo con prefazione e cura di Luigi Piccioni (Torino 1927). Effettivamente, Valmaggi fu anche «un appassionato e sagace studioso del Parini e del Settecento» (Cian, 1925, p. 396): del Giorno aveva curato una pregevole edizione scolastica (Torino 1889), di cui poté vedere nove ristampe fino al 1923. Non si trattò di un’applicazione episodica, perché in quello stesso 1889 licenziò a Torino le Tavole storico-bibliografiche della letteratura italiana, compilate in collaborazione con Giuseppe Finzi, e nel 1891, sempre a Torino, l’Antologia di lettere di scrittori italiani per gli studenti del ginnasio inferiore.
La composizione di un’opera di storia culturale e sociale di ampio respiro come quella sul cicisbeismo, lontana dall’ambito accademico professato quotidianamente, è un tratto che accomuna Valmaggi ad altri filologi classici piemontesi, che nutrirono ambizioni di indagine storiografica (sull’esempio lontano e sempre luminoso di Tommaso Caluso di Valperga o su quello più recente, centrato sulla storia patria, di Vallauri).
Valmaggi trascorse un’esistenza appartata (non si mosse mai dal Piemonte, dapprima per poter assistere la madre, poi per non allontanarsi da Anna Cavalli, con cui si era unito in matrimonio e da cui non ebbe figli), tutta dedita alla scuola, all’università e alla ricerca, in corrispondenza costante con i più importanti colleghi italiani. Professionalità e piena adesione ai metodi di indagine filologico-scientifica caratterizzarono tutto il suo lavoro: «tra i ‘minori’, uno dei più seri latinisti italiani» (Timpanaro, 1972, p. 422), Valmaggi «contribuì alla crescita culturale dell’Università torinese e lasciò una testimonianza di ricerca e di vastità di vedute culturali non comune in Italia» (Balbo, 2002, p. 53).
Morì a Torino il 28 febbraio 1925.
Fonti e Bibl.: Per volontà dello studioso e interessamento della vedova, la biblioteca e le carte personali di Valmaggi furono donate alla Biblioteca comunale di Pinerolo: A. Balbo, “Il sentimento affettuoso”. Il fondo di L. V. conservato nella biblioteca comunale “C. Alliaudi” di Pinerolo, in Quaderni di storia dell’Università di Torino, VII (2002), pp. 3-54. Necrologi apparvero a firma di V. Cian (in Giornale storico della letteratura italiana, LXXXV (1925), pp. 396 s., centrato sugli studi di letteratura italiana), A. Calderini (in Aegyptus, V (1925), 4, p. 332) e dell’allievo L. Dalmasso (in Rivista di filologia e d’istruzione classica, LIII (1925), pp. 298-301). Quello di A. Taccone (Bollettino di filologia classica, XXXI (1925), 10, pp. 153-167) non è solo un necrologio ufficiale, ma un ricordo esteso e molto affettuoso del collega e amico fraterno (in calce al testo è raccolto un minuzioso elenco delle pubblicazioni di Valmaggi).
Sullo studioso si vedano: I. Lana, Augusto Rostagni, in Memorie dell’Accademia delle scienze di Torino, IV (1962), p. 51; E. Gabba, Il secondo cinquantennio della “Rivista di filologia e d’istruzione classica”, in Rivista di filologia e d’istruzione classica, C (1972), 4, pp. 449 s.; S. Timpanaro, Il primo cinquantennio della “Rivista di filologia e d’istruzione classica”, ibid., pp. 422 s.; G.F. Gianotti, Per una storia delle storie della letteratura latina. II Parte, in Aufidus, VII (1989), pp. 75-103; Id., Gli studi classici, in Storia della facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Torino, a cura di I. Lana, Firenze 2000, pp. 215 s.; A. D’Orsi, Allievi e maestri. L’Università di Torino nell’Otto-Novecento, Torino 2002, p. 131; P. Morelli, Contro la “pedanteria grammaticale”. La relazione di Giovanni Pascoli sull’insegnamento del latino nei ginnasi-licei al ministro della Pubblica Istruzione Ferdinando Martini (1893), in History of education & children’s literature, II (2007), 2, pp. 327 s., 355. Nell’ambito degli studi su società e letteratura italiane del XVIII secolo, la monografia sul cicisbeismo è tuttora ritenuta indispensabile nella bibliografia internazionale: L. Guerci, La discussione sulla donna nell’Italia del Settecento: aspetti e problemi, Torino 1987, p. 95 e passim; R. Casillo,The empire of stereotypes. Germaine de Staël and the idea of Italy, New York 2006, pp. 108 s.; R. Bizzocchi, Cicisbei. Morale privata e identità nazionale, Roma 2008, pp. 9, 116; Id., Cicisbei. Italian morality and European value in the eighteenth century, in Italy’s eighteenth century. Gender and culture in the age of the Grand Tour, a cura di P. Findlen - W. Wassyng Roworth - C.M. Sama, Stanford 2009, p. 37.