VENZANO, Luigi
– Nacque il 2 giugno 1885 da Francesco e da Teresa Rapallo a Sestri Ponente, allora comune separato da Genova, cui fu molto legato e dove si svolse molta parte della sua attività artistica (Venzano, in Luigi Venzano scultore, 2009, p. 331).
Dal 1897 al 1900 fu apprendista presso un intagliatore sestrese, seguendo, tra il 1898 e il 1899, un corso di disegno tecnico; ebanista nel 1900-01 presso la Piaggio & C. di Sestri Ponente, dal 1901 passò a lavorare, a Genova, presso una ditta produttrice di mobili di lusso, frequentando in parallelo i corsi serali dell’Accademia ligustica. Vincitore della borsa triennale di studio Brignole Sale De Ferrari per l’ornato nel 1907, pure negli anni seguenti fu intagliatore per diverse ditte, eseguendo lavori per Lodovico Pogliaghi (decorazione dell’organo nella cattedrale genovese di S. Lorenzo). Dopo aver frequentato ancora la Ligustica (corsi di anatomia, figura e scuola di nudo), dal 1913 gli fu assegnata la pensione quadriennale Gian Luca Durazzo a Roma, dove frequentò accademia e musei, continuando a inviare saggi di scultura a Genova, contrassegnati da influenze diverse, da Vincenzo Gemito (Il ciriolaro) ad Auguste Rodin (Il mietitore), a evidenti reminiscenze michelangiolesche (La Leva).
Lo scoppio della Grande Guerra interruppe il periodo romano, costringendolo a partire come militare; al 1916 risale tuttavia la prima opera pubblica, un busto del capitano dei bersaglieri Dino Civardi, morto in Libia.
Nel dopoguerra aprì uno studio di scultura a Sestri Ponente, lavorando soprattutto come scultore funerario presso il locale cimitero dei Pini Storti e come ritrattista. Negli anni Venti assunse un ruolo autorevole nell’ambito della scultura pubblica ligure dedicata alla memoria della Grande Guerra.
Al 1921 risalgono la partecipazione al concorso poi annullato per la statua del Cristo risorto nel Pantheon di Staglieno (l’opera fu realizzata da Francesco Messina) e a quello per il monumento ai caduti di Imperia Porto Maurizio, dove risultò vincitore; inaugurato nel 1924, alla presenza della regina Margherita di Savoia, gli procurò notorietà, indirizzandolo verso una carriera di scultore monumentale. L’opera, in bronzo, improntata a un classicismo recuperato attraverso più moderne stilizzazioni di gusto simbolista e secessionista, sarebbe stata rimossa e fusa nel 1942 per ricavarne materiale bellico.
Nel 1922 partecipò al concorso per il monumento ai caduti di Savona, vincendo al secondo grado, nel 1923, anno in cui fu nominato accademico di merito della Ligustica, per la classe di scultura. L’imponente e originale opera savonese, nota anche con il titolo Rintocchi e Memorie, è articolata in numerose statue; ruota intorno alla campana, posta al centro e ispirata alla Campanassa della torre del Brandale, simbolo di Savona, sorretta da due titani che simboleggiano Il Popolo schiavo e Il Popolo vittorioso. Sui lati corti, la personificazione del Popolo schiavo è accompagnata dalle Ore tristi, ovvero l’inizio del conflitto: un giovane fante in partenza (Il giovane partente), accompagnato da un veterano seduto (La generazione che passa); sul lato opposto, in corrispondenza del Popolo vittorioso, le Ore liete, ovvero la fine della guerra, sono rappresentate da due figure femminili, una in piedi benedicente (La madre) e l’altra seduta (La vedova), effigiata mentre porge al bambino la reliquia del padre caduto.
Ogni giorno alle sei del pomeriggio la campana, opera dei fratelli Picasso di Recco, batte ventuno rintocchi, uno per ogni lettera dell’alfabeto, a ricordare i nomi di tutti i caduti della città, invitando a fermare il traffico, in segno di ossequio.
Fuso nella fonderia Primo Capecchi di Pistoia, il monumento, in piazza Goffredo Mameli, fu inaugurato nel 1927 alla presenza di Vittorio Emanuele III; l’insieme appare improntato a un composto classicismo, con qualche irrigidimento; vi emergono tuttavia pure elementi di realismo, influssi di Rodin e ricordi dell’opera di Eugenio Baroni (La madre benedicente è ispirata all’analoga figura ideata per il monumento, non realizzato, al Fante).
Nel 1923, a seguito dell’annullamento di una precedente gara, cui non aveva preso parte, il Comune di Sestri Ponente affidò a Venzano, senza concorso e all’unanimità, il proprio monumento ai caduti; dopo lunga e travagliata gestazione, dovuta a diatribe sulla collocazione, per cui gli vennero chieste modifiche (e mentre in parallelo sempre a Sestri gli venivano commissionate targhe in memoria di caduti e opere funerarie), nel 1927 si giunse alla soluzione definitiva e nel 1929 l’opera fu inaugurata alla presenza di Adalberto di Savoia duca di Bergamo.
La genesi del monumento, documentata da disegni e bozzetti, è stata studiata in occasione della ricostruzione del 2004: partendo dai modelli originali in gesso, conservati al Museo Gipsoteca Studio Venzano di Sestri Ponente, sono infatti state realizzate le effigi degli Eroi del Mare, del Cielo e della Terra; a pochi anni dall’inaugurazione, nel 1942 i tre muscolosi e poderosi nudi bronzei in torsione, posti alle estremità di un articolato basamento marmoreo e pure realizzati dalla fonderia Capecchi, erano infatti stati fusi, per ricavare metallo per scopi bellici; ispirate alle Laudi dannunziane, anche in queste sculture, personificazioni delle diverse armi che avevano combattuto, è evidente la memoria del modello michelangiolesco, rielaborato attraverso Rodin e il modernismo simbolista.
Nel 1924 il concorso per il monumento genovese a Goffredo Mameli (nella rotonda di via Corsica), cui Venzano aveva preso parte, venne annullato; identico esito avrebbero avuto una seconda gara, nel 1928, che ne prevedeva la collocazione in piazza della Vittoria, e una terza, nel 1950; tra i concorsi per altri monumenti ai caduti non vinti, da ricordare quello precedente per Ventimiglia (1922) e quello successivo per Alessandria (1930); nel 1934 Venzano partecipò inoltre, senza vincerlo, al concorso per il monumento a Colombo da erigersi a Chiavari.
Nel 1925 fu inaugurato a Borzoli il monumento ai caduti; anch’esso affidatogli senza concorso, era stato eretto fuori dall’abitato, in uno spazio verde di fronte al cimitero, destinato a sede del parco della Rimembranza: le trasformazioni subite dal sito, con l’allargamento di una strada di traffico pesante, a detrimento del parco e della scultura, hanno determinato nel 2012 la decisione di trasferirlo, dopo il restauro, nell’atrio di palazzo Fieschi, sede del Municipio frequentata dai cittadini e già dedicata al ricordo dei caduti. Nel sito originario è stata collocata una copia in vetroresina, che rappresenta un eroe nudo, nel momento in cui cade colpito a morte: tale figura dall’accentuata torsione, vicina a quelle del monumento di Sestri Ponente, per il quale Venzano lavorava in parallelo e per cui posò lo stesso modello, rivela un accurato studio anatomico e, ancora una volta, influssi di Michelangelo e Rodin.
Tra le commissioni private, nella seconda metà degli anni Venti spicca un sofisticato intervento decorativo di gusto arcaizzante, richiesto a Venzano dalla famiglia Inga, in corso Italia a Genova, nella (distrutta) villa Ghirlandina, raffinata architettura del siciliano Francesco Fichera, allora celebrata da prestigiose riviste (Domus, Architettura e arti decorative, Rassegna di architettura) e apprezzata da Marcello Piacentini.
Al 1930 risale la commissione di un primo rilevante intervento di arte sacra, affidatogli dalla fabbriceria della basilica di Nostra Signora Assunta di Sestri Ponente in occasione del rifacimento della facciata (Madonna Assunta, S. Giovanni Battista, S. Giuseppe e il Redentore, quest’ultimo mai tradotto nell’opera finale, ma di cui restano studi); ancora nel 1930 si aggiudicò, a seguito di concorso, la statua del Sacro Cuore per la parrocchiale di Vado Ligure (Savona), inaugurata l’anno dopo; in entrambi i casi, come in tutta la produzione religiosa, vi prevalse un certo tradizionalismo.
Nel 1931, in occasione della personale tenutasi alla galleria Vitelli di Genova, il Comune del capoluogo ligure acquistò a Venzano la testina raffigurante il figlio Giorgio (oggi alla Galleria d’arte moderna di Genova), esempio di realismo diretto e sintetico e di intimismo non retorico che caratterizza pure altri ritratti, genere cui si dedicò costantemente per tutto l’arco della sua attività.
Come espositore, in quest’epoca partecipò pure a numerose mostre sindacali, svolgendovi anche un ruolo significativo come membro delle giurie di accettazione e premiazione.
Nel corso degli anni Trenta, l’attività di Venzano, che non si era iscritto al Partito nazionale fascista, fu prevalentemente estranea alla committenza pubblica, e si concentrò su quella privata, in particolare per cimiteri; eccezione rilevante fu la partecipazione alla realizzazione del viale delle Vittorie a Genova: all’allestimento effimero progettato con l’apporto di diversi scultori per la visita di Benito Mussolini (1938) si volle conferire nel 1939, con il coordinamento di Edoardo De Albertis, carattere permanente, ma la statua realizzata da Venzano andò distrutta alla fine della guerra.
Quanto alla produzione funeraria, essa aveva avuto inizio fin dai primi anni Venti, con opere destinate al cimitero dei Pini Storti di Sestri Ponente (come il bassorilievo con Le Pie Donne ai piedi della Croce della tomba Storace Luciani, pregevole esempio di permanenza di stilemi liberty), che conserva la maggior parte dei lavori di Venzano in questo genere (circa una quarantina, l’ultimo è la tomba Martini, realizzata poco prima della morte, nel 1955): ma questo filone di attività è pure documentato nei cimiteri genovesi della Castagna a Sampierdarena, di Coronata, di Pegli e di Prà, oltre che naturalmente a Staglieno e, fuori della Liguria, a Tirano (Sondrio), Fermo, Livorno e Nizza Monferrato.
Negli anni Trenta, tra i monumenti collocati a Staglieno, spicca la raffinata e originale tomba Inga (1933, porticato Montino), dominata da due stilizzate figure di angeli-cariatidi, memori dell’arcaismo di Ivan Meštrović (per esempio la cappella Račić del cimitero di Dubrovnik), ma con elementi di aggiornato gusto déco anche nelle soluzioni grafiche. L’accentuato carattere architettonico dell’insieme rimanda anche ad alcune edicole, ove l’aspetto scultoreo risulta del tutto secondario o assente: è il caso delle cappelle Traverso, Porati, Risso e Dagnino ai Pini Storti, Berdini a Fermo, e Della Torre a Livorno. Nelle opere più decisamente plastiche, reminiscenze liberty e moderniste (come nella targa Pinasco Pittaluga, 1929-30, Staglieno, e nella scultura La Fiamma della vita, modellata per la tomba della propria famiglia ed evidentemente debitrice della tomba Molinari di Eugenio Baroni, di analoga iconografia) si alternano a un realismo più o meno sobrio (è il caso del monumento Segala, 1930, a Tirano, o della tomba di don Luigi Perrone e del monumento Carrer, entrambi del 1935, e del monumento al capitano Moraschi, del 1941-42, tutti ai Pini Storti), talvolta fondendosi in una stessa opera (monumento Vicini, 1936, a Staglieno), e, ancora, a semplificazioni di modelli rinascimentali (tomba Nosenzo, 1954, a Nizza Monferrato).
Tra le opere più significative del secondo dopoguerra si segnalano il gruppo Barriere (1946), ove Venzano rivisitò le figure di una scultura giovanile (La Leva); il Sacrario dei partigiani sestresi, eseguito solo nella parte architettonica e inaugurato al cimitero dei Pini Storti nel 1950; alcuni ritratti, tra cui quelli dei pittori Vittorio Nattino e Alberto Helios Gagliardo, e il monumento Nosenzo per il cimitero di Nizza Monferrato.
Morì a Sestri Ponente il 7 novembre 1962, dopo che le sue condizioni di salute erano peggiorate da tempo (Venzano, in Luigi Venzano scultore, 2009, p. 337).
Rilevante è stato il ruolo svolto dai figli Marco e Matilde nel preservarne la memoria, attraverso la riapertura, nel 2002, del Museo Gipsoteca Studio Venzano di Sestri Ponente, nell’edificio che egli stesso aveva progettato negli anni Venti come atelier e abitazione propria e della famiglia, lavorandovi per un trentennio. Vi si conservano anche materiali d’archivio. Negli ultimi anni il Museo si è fatto promotore di un’intensa attività di catalogazione, restauro e pubblicazioni.
Fonti e Bibl.: La scultura a Genova e in Liguria. Il Novecento, a cura di F. Sborgi, Genova 1989, ad ind.; G. Beringheli, Dizionario degli artisti liguri, Genova 1991, p. 313; F. Sborgi, Staglieno e la scultura funeraria ligure tra Otto e Novecento, Torino 1997, ad ind.; M. Venzano, L. V. scultore, Genova 1998; M.F. Giubilei, Galleria d’arte moderna di Genova. Repertorio generale delle opere, II, Firenze 2004, p. 733; P. Valenti, in Guido Galletti e la scultura in Liguria tra le due guerre (catal., Genova), a cura di M. Fochessati et al., Cinisello Balsamo 2004, scheda n. 52, pp. 114, 173; Una memoria ritrovata. Il Monumento ai caduti di L. V., a cura di G. Sommariva - L. Ughetto, Recco 2004; A. Gibelli - F. Caffarena - C. Stiaccini, Dalla mobilitazione alla memoria. La Grande Guerra a Genova e in Liguria, in Da Baroni a Piacentini. Immagine e memoria della Grande Guerra a Genova e in Liguria (catal., Genova), a cura di G. Rossini, Milano 2009, pp. 31-49 (in partic. pp. 38 s., 48); C. Olcese Spingardi, I “lavoratori della gloria” e la Grande Guerra: appunti sulla scultura in memoria del primo conflitto mondiale a Genova e in Liguria, ibid., pp. 143 s., 146, 150 s., 153 s., 155; L. V. scultore. Catalogo del Museo Gipsoteca Studio Venzano, a cura di L. Ughetto, Recco 2009 (in partic. M. Venzano, L. V. Note biografiche e regesto delle opere, pp. 331, 337); Monumento ai Caduti di Borzoli. Scultore L. V. (1885/1962). Restauro e ricollocazione, maggio-novembre 2012, a cura di Museo Gipsoteca Studio Venzano, Genova 2012; Liguria. Una guida ai monumenti. Scultura e decorazione architettonica tra Otto e Novecento, a cura di C. Olcese Spingardi, Genova 2018 (in partic. F. Boggero, schede nn. 37, 38, pp. 59 s.; C. Masi, scheda n. 70, p. 98); Memorie di pietra. Testimonianze della Grande Guerra in Liguria, Genova 2018 (in partic. G. Mamone, Morti e viventi. Lutto e memoria della Grande Guerra in Liguria, pp. 15-76, in partic. pp. 36-38, 58 s.; C. Olcese Spingardi, Memorie nel marmo e nel bronzo: i monumenti ai caduti della Grande Guerra in Liguria, pp. 77-125, in partic. pp. 82 s., 93, 99, 109; Genova. Monumento di Piazza Monte Santo, pp. 204 s.; Imperia. Monumento di Viale Matteotti, pp. 351 s.; Savona. Monumento di Piazza Mameli, pp. 567 s.).