CASSITTO, Luigi Vincenzo
Nacque a Bonito (Avellino), allora nella provincia del Principato Ultra, il 29 (Perrotta) o il 31 (Gatti) dic. 1766 da Romualdo, giureconsulto, e da Saveria Miletti, in una famiglia ascritta da secoli alla nobiltà di Ravello. Compiuti gli studi elementari nella casa patema, fu inviato nel seminario di Ariano Irpino per seguire i corsi di umane lettere; quindi, all'età di tredici anni, per effettuare gli studi di filosofia, si trasferì a Napoli dove frequentò le lezioni di Antonio de M-artiis. All'età di quindici anni, sebbene il padre volesse indirizzarlo alla carriera forense, il C. decise di entrare nell'Ordine dei predicatori. Fece il primo anno di noviziato a Napoli, poi continuò gli studi filosofici e teologici in vari conventi della provincia napoletana dell'Ordine, coltivando contemporaneamente anche le materie letterarie e archeologiche. Ricevuta l'ordinazione sacerdotale ancora giovanissimo, fu adibito all'insegnamento nel noviziato di Napoli; quindi venne inviato a ricoprire la cattedra di filosofia e teologia nei seminari di Carinola e Ariano Irpino; infine fu richiamato a Napoli dove divenne titolare della prima cattedra di teologia della provincia napoletana nel convento di S. Pietro Martire e ricoprì anche per qualche tempo la carica di priore di S. Domenico Maggiore. Non tralasciava frattanto gli studi di archeologia e di storia ecclesiastica e, dopo la breve parentesi della Repubblica partenopea cui egli fu fieramente avverso, nei primi mesi del 1800, prima dell'arrivo di Pio VII, soggiorno a Roma, ove portò a compimento verso la metà d'aprile la pubblicazione degli Acta sincera Sancti Maximimart. Cumani ex membranis antiquis... (Romae 1800) dedicati al card. Flangini.
Il C. vi pubblicava per la prima volta la passio di s. Massimo di Apamea, martirizzato a Cuma sotto Diocleziano il 29 ott. 304, tratta da un passionario dei secoli XI-XII conservato nella Biblioteca capitolare di Bovino ed evidentemente ispirata alle leggende di Ponziano e di Romano di Antiochia. In appendice (pp. 141-177) venivano riportati gli Acta Sancti Maxiini ex Cod. Corsiniano 777 (entrambi i testi furono ripubblicati negli Acta Sanctorum, Octobris, XIII, Parisiis 1883). Nell'opera il C. rivolgeva altresì un appello a tutti gli studiosi perché gli inviassero materiale di archeologia cristiana che egli intendeva pubblicare annualmente, sotto il patrocinio del cardinale Flangini, con il titolo Monumenta vetera Sanctae Ecclesiae Catholicae Romanae;ma questa pubblicazione non fu mai fatta e il cospicuo materiale raccolto rimase inedito, andando disperso dopo la morte del Cassitto.
Nel 1801 il C. ottenne nella università di Napoli la cattedra di teologia detta "del testo di s. Tommaso"; l'anno successivo fu nominato revisore dei libri, incaricato di tale incombenza sia dall'autorità civile sia da quella ecclesiastica; ricoprì anche le cariche di esaminatore sinodale e di esaminatore del clero regio e urbano. Nel 1804 pubblicò a Napoli la Liturgia domenicana spiegata in tutte le sue parti, in due volumi.
Tre sono le parti principali dell'opera: Della messa privata (I, pp. 19-144); Degli officjdivini in generale (II, pp. 1-70); Delle solennità de Tempore de' Santi (II, pp. 71-183). IlC. vi rivela un'approfondita conoscenza della storia ecclesiastica e un sicuro senso critico, tanto da poter confutare convincentemente in una dissertazione intorno all'Origine del rito, e della liturgia domenicana in generale (I, pp. 8-18) le tesi del cardinale Giovanni Bona, che faceva risalire la liturgia in uso nell'Ordine al rito dei canonici premostratensi, e di Domenico Soto, il quale invece ne vedeva le scaturigini nel rito dei certosini. Per il C., più semplicemente, essa sarebbe derivata da quelli gallico-romana in uso nel secolo XIII in Francia, ove l'Ordine domenicano aveva mosso i primi passi; poi tale liturgia venne in parte modificata dal francese Umberto de Romans, incaricato nel capitolo generale tenuto a Bologna nel 1253di uniformarla per tutto l'Ordine (una successiva riforma avvenne dopo il capitolo generale di Salamanca del 1551).
Occupato nuovamente il Regno di Napoli dai Francesi, nel 1806 venne soppressa la cattedra del testo di s. Tommaso e al C. fu affidata la cattedra unica di teologia dogmatica e morale evangelica. In più occasioni egli si dimostrò avverso al nuovo regime, come quando nella chiesa della Trinità Maggiore pronunciò una veemente orazione intitolata I ladri civili (rimasta inedita), in cui declamava, con chiara allusione ad avvenimenti contemporanei, contro Alessandro Magno che dispensava regni e creava nuovi re. Nell'insegnamento universitario si mostrò sempre molto equilibrato, come appare dal testo da lui dettato per i suoi alunni e pubblicato per la prima volta a Napoli nel 1808: Institutionum theologiae dogmaticae libri VII quos in usum R. Neap. Universitatis disposuit Aloysius Vincentius Cassittus... (migliorata, accresciuta e molto più diffusa fu la seconda edizione, in quattro volumi, pubblicata a Napoli tra il 1814e il 1816).
Il C. intese comporre un trattato scolastico, semplice e chiaro, che non avesse intenti polemici e soprattutto segnalasse le varie opinioni dei teologi, su cui la Chiesa non si era ancora pronunciata, senza prendere alcuna posizione, limitandosi soltanto a segnalare un'adeguata bibliografia per approfondire gli argomenti. In questa intenzione egli riuscì perfettamente, cosicché il testo da lui composto fu adottato in numerosi seminari e scuole del Regno: l'ampia diffusione di un'opera così anodina fu agevolata dalla tradizionale mancanza di un appassionato dibattito intorno alle questioni teologiche nelle province meridionali. Ad esempio il C. presenta imparzialmente, come controversia non definita, la questione della superiorità del papa o del concilio (I, pp. 174 s.); circa il governo della Chiesa riporta le due tesi, in conflitto, di Bellarmino e dei gallicani, con le loro diverse opinioni sul poteri giurisdizionali e sull'infallibilità pontificia. Il C. poté nascondere meno le sue opinioni sui problemi concernenti il peccato originale, il libero arbitrio e la grazia. Egli è costretto a proclamarsi apertamente seguace della dottrina tomistica e a consigliare la lettura degli autori agostiniani e domenicani, quali Berti, Noris, Gazzaniga e Serry; ma se si dice contrario alle opinioni di Molina, egli è anche più avverso a Baio e a Giansenio; e ricorda che in tema di grazia e libero arbitrio la Chiesa ha condannato le tesi dei giansenisti e non quelle dei molinisti, benché queste siano meno probabili di quelle dei tomisti e degli agostiniani (III., pp. 41 ss.). La novità della seconda edizione dell'opera era costituita dal quarto volume contenente un breve trattato di morale (Ethicae evangelicae libri duo, Neapoli 1815) dedicato a Vincenzo Calà Ossorio de Figueroa arcivescovo di Sorrento e diviso in due parti: De virtutibus et vitiis (pp. 1-274)e De iustitia, sive de officiis hominis christiani (pp. 275-391). Un certo interesse presenta in particolare una breve storia critica della teologia morale dalle origini del cristianesimo al secolo decimottavo (pp. 1-25), in cui v'è un'aspra condanna dei lassisti e dei casuisti, accusati d'aver confuso insieme le leggi naturali, quelle civili, quelle ecclesiastiche e quelle divine. Nell'opera il C. s'ispira costantemente alla Sacra Scrittura e alla tradizione (concili, Padri e pontefici), non giungendo tuttavia a esiti rigoristici.
Frattanto nel 1810, soppressi gli Ordini religiosi, il C. fu ridotto allo stato secolare, riprendendo l'abito domenicano dopo la Restaurazione. In seguito al concordato del 18 18 proprio il C. fu nominato delegato generale apostolico per la restaurazione dell'Ordine domenicano nel Regno: nello spazio di due anni egli riuscì, d'accordo con l'autorità civile, a riaprire venti conventi tra cui S. Domenico Maggiore a Napoli, di cui divenne nuovamente priore (cfr. l'Orazione eucaristica recitata nella R. Chiesa di S. Domenico Maggiore nel dì 18 Gennaio 1820 per la restituzione dell'Ordine Domenicano nella Sicilia di qua dalfaro..., Napoli 1820, in cui si chiedeva al re la restituzione al convento di un manoscritto di s. Tommaso sul trattato De caelesti hierarchia di Dionigi Areopagita).
Negli ultimi anni egli era divenuto uno dei più autorevoli ecclesiastici napoletani: maestro e decano del Collegio dei teologi, decano della facoltà di teologia dell'università di Napoli, era ascoltato consigliere dell'arcivescovo. cardinale Luigi Ruffo, del cappellano maggiore del Regno, mons. Gabriello Gravina, e direttore di coscienza del principe e della principessa di Salerno.
Il C. morì a Napoli il 1° marzo 1822.
Tra le altre opere del C. ricordiamo: Oratio pro studiorum instauratione habita in regio neppolitano Athaeneo VII Kal. Decembris anni MDCCCIII..., Neapoli 1803; Per la solenne incoronazione di Sua Maestà D. Giovanni VI re del regno unito di Portogallo, e del Brasile... Ragionamento..., Napoli 1817; Panegirica orazione per lo beato Alfonso de' Liguori..., Napoli 1817; Osservazioni... sopra un antico insigne cammeo esprimente Maria Santissima, s.n.t. Inedite e ora disperse rimasero le opere Archeologia sacra, gli Annali sinodici del Regno di Napoli, e la continuazione delle Memorie degli scrittori del Regno di Napoli del confratello Eustachio D'Afflitto.
Fonti e Bibl.: V. Perrotta, Elogio del reverendissimo P. M. Fr. L. V. C. apostol. delegato generale dell'Ordine de' predicatori in questo Regno..., Napoli 1822; S. Gatti, Elogi d'uomini ill. delle province napol., I, Napoli 1832, pp. 125-151; E. De Tipaldo, Biografia degli Ital. illustri..., IV, Venezia 1836, pp. 338 s.; A. Walz, Compendium historiae Ordinis Praedicatorum, Romae 1948, p. 562; H. Hurter, Nomenclator literarius theologiae catholicae, V, col. 858; Dict. de théol catholique, II, ad vocem.