LUIGI XII detto il Padre del popolo, re di Francia
Figlio di Carlo, duca d'Orléans, e di Maria di Clèves, nacque a Blois il 27 giugno 1462, morì a Parigi la notte del 31 dicembre 1514. Capo del ramo collaterale dei Valois-Orléans, cugino di Carlo VIII, era l'erede presuntivo al trono. Di qui gl'intrighi che promosse, quando salì sul trono il re minorenne, di cui aveva sposato la sorella Giovanna. Venuto subito in contrasto coi reggenti, Anna e Pietro di Beaujeu, rifugiatosi a Nantes iniziò la "folle guerre", che volse però a male per lui. Fatto prigioniero nella battaglia di Saint-Aubin du Cormier il 27 luglio 1488, fu liberato nel giugno 1491 dal cugino che gli conferì la carica di governatore della Normandia. Andò in Italia nel '94 con Carlo VIII, ma con segrete mire personali, desiderando cioè di conquistare il Milanese, su cui avanzava pretese come discendente di Luigi d'Orléans e di Valentina Visconti e che avrebbe unito Orléans con la contea di Asti, già da lui posseduta. Mosse su Genova per occupare le coste della repubblica. L'armata principale non aveva ancora passato le Alpi, che L., d'accordo con Ludovico il Moro, aveva introdotto in Genova truppe lombarde e svizzere; nel settembre sbaragliava, prima davanti a Genova e poi a Rapallo, le forze napoletane. Ma poi, mentre Carlo VIII moveva su Napoli, L. rimase nell'Italia settentrionale; e nella primavera del 1495 attaccava apertamente il duca di Milano, riuscendo a occupare Novara (giugno). Ma mentre l'esercito francese, dopo la giornata di Fornovo, era sparso fra Torino e Chieri in attesa di rinforzi, L. veniva bloccato in Novara dalle truppe di Ludovico il Moro. Il 9 ottobre Novara fu restituita a Ludovico. Alla morte di Carlo VIII, il 7 aprile 1498 L. cingeva la corona di re di Francia; e, fatto annullare il suo primo matrimonio con Giovanna, figlia di Luigi XI, sposò la vedova di Carlo VIII, Anna di Bretagna. Per ottenere l'assenso del papa, Alessandro VI, concesse a Cesare Borgia il ducato di Valentinois.
Il gran disegno, che a L. premeva d'attuare, era la conquista del Milanese. Il titolo di duca di Milano, che agli assunse insieme con quello di re di Francia, era significativo. Si lanciò nell'impresa, dopo una serrata preparazione diplomatica: accordo con la Spagna; rinnovazione del trattato d'Ètaples con l'Inghilterra; omaggio dell'arciduca Filippo il Bello d'Asburgo al re di Francia per la Fiandra, l'Artois e lo Charolais; accordo con gli Svizzeri; trattato con gli stati scandinavi. Ma l'alleanza positiva per la conquista del Milanese fu quella con Venezia (Lega di Blois, 9 febbraio 1499). Gian Giacomo Trivulzio fu a capo dell'armata francese, mentre le forze della Serenissima erano affidate a Nicolò Orsini conte di Pitigliano.
L'esercito invasore entrò in Milano nel settembre 1499, mentre il Moro si rifugiava in Germania. Ma nel febbraio 1500, Ludovico rientrava. L., allora, nominò suo luogotenente generale in Italia il cardinale G. d'Amboise, mentre il La Trémoille prendeva il posto del Trivulzio. Tradito dagli Svizzeri, il 10 aprile 1500 Ludovico il Moro fu consegnato ai Francesi e mandato in Francia. Si delineava una preponderanza francese in Italia. Firenze otteneva l'invio di un esercito francese per attaccare Pisa, mentre in questa città echeggiava il grido di "Viva la Francia"; Cesare Borgia assaliva i signori della Romagna, da Alessandro VI costituita in ducato. Dal resto d'Europa L. pareva non avesse nulla a temere: l'accordo con la Polonia, con la Boemia e l'Ungheria completava la catena di amicizie stretta contro Massimiliano. La situazione internazionale pareva propizia per tentare la conquista di Napoli, per cui L. aveva stretto con Ferdinando il Cattolico il trattato di Granata (11 novembre 1500). Spagna e Francia si divisero il regno di Napoli.
L'armata francese della Lombardia entrò in Napoli e il re, abbandonato dal re di Spagna, fu mandato in Francia. Ma non essendo stato possibile procedere d'accordo nella spartizione del bottino, si venne alla guerra. Battuto a Seminara R. d'Aubigny e a Cerignola Luigi di Némours (aprile 1503), gli Spagnoli entrarono in Napoli, mentre la rivolta si propagava dappertutto. Nel gennaio 1504 i resti dell'esercito francese, chiusi in Gaeta, capitolarono; nel marzo L. firmava la tregua con cui rinunziava a Napoli.
Dopo questo disastro L. cercò di rafforzare la propria posizione collegandosi con l'impero. Nel settembre 1504 fu concluso il trattato di Blois, col quale L., l'imperatore Massimiliano e Filippo il Bello si promettevano di essere "un'anima in tre corpi". L'imperatore s'impegnava a dare l'investitura del Milanese a Luigi XII per lui e per i suoi discendenti maschi, o, in mancanza di questi, per Claudia di Francia, figlia di L.; veniva stipulato il matrimonio di Carlo d'Asburgo, figlio di Filippo il Bello, con Claudia, la quale avrebbe portato in dote la Borgogna, il Milanese, Genova, la Bretagna, le contee di Asti e di Blois, se il re non avesse avuto figli maschi; finalmente si concordava il progetto di lega contro Venezia e contro qualunque avversario comune. Era un trattato oneroso per la Francia: si trattava di cedere a un principe straniero, per quanto marito di Claudia di Francia, Milano, Genova, Asti e Blois, la stessa Bretagna e la stessa Borgogna. Forse, all'accordo contribuirono la rivalità tra Anna di Bretagna e Luisa di Savoia e l'avversione della prima al matrimonio tra Claudia e Francesco d'Angoulême; il re aveva un senso d'isolamento e il matrimonio progettato gli serviva per guadagnar alleati.
Il 6 aprile 1505, a Hagenau, il cardinale d'Amboise, a nome di L., riceveva dall'imperatore l'investitura del Milanese, previo pagamento di 96 mila scudi. Ma la malattia di L. diede al consiglio reale l'occasione di distruggere del tutto il trattato. Con testamento del 31 maggio 1505, il re disponeva il matrimonio di Claudia con Francesco d'Angoulême, assegnando alla figlia tutti i beni particolari degli Orléans compresi Blois, Genova e Milano. Gli stati di Tours, il 14 maggio 1506, alla presenza del re dichiararono che il paese desiderava il matrimonio affinché "i dominî reali o ducali non fossero smembrati". La cerimonia ebbe luogo il 21 maggio.
Divenuti pertanto assai tesi i rapporti con Massimiliano, L. si riavvicinava a Ferdinando il Cattolico (convegno di Savona, 1507), dopo aver domato con spietata energia la ribellione di Genova (aprile 1507). Tuttavia, si prospettò la possibilità di un'intesa tra Massimiliano e L. contro un comune avversario: Venezia. Il re di Francia era da tempo ostile alla Serenissima, mentre l'imperatore aveva mire sul territorio di terraferma. Così, fu conclusa la lega di Cambrai (dicembre 1508). Il 16 aprile 1509 il re di Francia passava le Alpi, con un esercito assai forte. Nella battaglia d'Agnadello (maggio 1509) i Veneziani furono oppressi dalle soverchianti forze francesi, che conquistarono Brescia, Peschiera, Treviso, Padova, Verona. Ma Venezia iniziò la sua opera di disgregazione nella lega, cedendo al papa le città della Romagna e a Ferdinando quelle da lei possedute nel Napoletano. Rotta la Lega di Cambrai, il papa cominciò a tessere la trama contro L., unendo intorno a sé gli Svizzeri, Ferdinando, cui diede l'investitura completa del regno di Napoli, Enrico VIII d'Inghilterra, Venezia e gran parte degli stati italiani. Rimanevano alleati il re di Francia e l'imperatore. L. fu impressionato della politica di Giulio II. I prelati, riuniti a Tours, dichiararono che il re poteva combattere il pontefice e minacciarono d'indire un concilio generale. E il concilio, deliberato a Lione, fu aperto a Pisa (1511). Nella Romagna ardeva la guerra: Bayard e Trivulzio costrinsero il papa, avanzatosi fino a Ravenna e a Bologna, a chiudersi in Roma.
Ferdinando si dichiarava pronto ad aiutare i colleghi purché non combattessero contro il papa e intanto si preparava a firmare con Venezia e con Giulio II la Lega santa (4 ottobre 1511). Entrava minaccioso nella lega Enrico VIII col disegno di attaccare la Francia settentrionale. Sul teatro delle operazioni in Italia campeggiava Gastone di Foix (v.), sia per l'audace ingresso in Bologna, cinta dalle truppe ispano-pontificie, sia per l'entrata in Brescia, dopo avere sbaragliato i Veneziani a Valeggio; e campeggiò anche nella memorabile battaglia di Ravenna, in cui doveva lasciare la vita.
Ma rapidamente le sorti della guerra mutarono: il La Palisse dalla Romagna dovette accorrere nel Milanese, minacciato dagli Svizzeri che accorrevano a difendere la Chiesa. La situazione divenne tragica per i Francesi: Svizzeri che calavano dall'alto Adige; Veneziani e pontifici nella Romagna e nel Veneto; Spagnoli che marciavano da Napoli verso il Po. Dopo i primi scontri, i Francesi ripiegarono; nel giugno, La Palisse era già in Francia. Si svolgevano, intanto, le sedute del concilio di Pisa, promosso da L. La citazione del 28 maggio a Giulio II di comparire davanti al concilio e la deposiziore del papa non ebbero altro effetto che di conferire un carattere vieppiù religioso alla lega promossa da Giulio II. Mentre il papa trionfava con la lega, L. sperava ancora nel concilio, che fu costretto a ritirarsi precipitosamente con le truppe francesi. Il 3 maggio 1512, si apriva il concilio del Laterano indetto dal papa vittorioso. Le adesioni dell'Italia, dell'Inghilterra, della Spagna, dell'Ungheria e della Germania dimostravano che il mondo religioso era schierato con Giulio II. La vittoria del papa nel campo religioso aggravò la disfatta militare di Luigi XII.
Il 19 novembre, infatti, Massimiliano si alleava con Giulio II: era l'isolamento di Luigi XII. Nello stesso tempo, Milano giurava fedeltà al papa, a Ferdinando, a Venezia, agli Svizzeri; il 29 dicembre Massimiliano Sforza rientrava a Milano.
Il Milanese era definitivamente perduto per la Francia. La tregua di un anno che L. riuscì a concludere con Ferdinando gli diede l'illusione di poter tentare la riconquista del Milanese. Ma Trivulzio e La Trémoille furono sbaragliati a Novara (giugno 1513) dagli Svizzeri, accorsi in aiuto dello Sforza.
Entrò in azione tutta la coalizione: a nord e ai confini dell'Artois e della Piccardia, Luigi XII dovette sostenere gli attacchi di Enrico VIII e di Massimiliano, che vinsero a Guinegate; gli Svizzeri, penetrati nella Borgogna, giunsero fino a Digione, costringendo il La Trémoille a firmare, dopo sei giorni, un trattato umiliante. L. non volle ratificarlo. Procurò un riavvicinamento con i suoi nemici: con il papa riconoscendo il concilio del Laterano, con Ferdinando mediante una nuova tregua (marzo 1514), con l'Inghilterra, sventando gl'intrighi di Margherita, che sperava di aver la Borgogna con l'aiuto di Enrico VIII, e sposando la sorella del re, Maria. Rimaneva di fronte soltanto Massimiliano. Nell'estate del 1514 la Francia aveva un po' di respiro; nell'ottobre il re celebrò il suo terzo matrimonio con Maria d'Inghilterra. Il sogno del dominio d'Italia lo sedusse ancora una volta. Era già deciso a una nuova guerra per la conquista della penisola, quando la morte lo colse.
Si può dire che tutta la sua opera di governo avesse una sola finalità: la conquista d'Italia. Il proposito di riconquistare il ducato di Milano, che era stato di sua nonna paterna, Valentina Visconti, e il regno di Napoli, determinò la politica di L.; ma fu una politica ricca di errori diplomatici, che finì col fare il giuoco proprio del più potente rivale di L., Ferdinando il Cattolico di Spagna (v. anche amboise, georges).
Bibl.: Manca una buona biografia moderna, così come mancano lavori d'insieme sul regno. Per il primo periodo della vita di L. cfr. R. De Maulde-La-Clavière, Histoire de Louis XII, parte 1ª: Louis d'Orléans, voll. 3, Parigi 1889-91. Per il regno, buon riassunto in Bridge, History of France, III e IV, Londra 1929. Per la politica estera soprattutto L. G. Pélissier, Louis XII et Ludovico Sforza, voll. 2, Parigi 1896; G. Filippi, Il convegno di Savona con Luigi XII e Ferdinando il Cattolico, Savona 1890; R. De Maulde-La-Clavière, L'entrevue de Savone en 1507, in Revue d'hist. diplom., IV (1890); Sandret, Le concile de Pise, in Revue d. quest. hist., XXXIII (1883); L. v. Pastor, Storia dei papi, trad. it., III, n. ed., Roma 1925.