ZAMBONI, Luigi
ZAMBONI, Luigi. – Ignota la data precisa di nascita. L’anno presunto, 1767, si ricava dall’annuncio della morte «nell’età di anni 70» (Teatri, arti e letteratura, 9 marzo 1837), dove è definito «bolognese, cantante di sommo merito».
A detta di François-Joseph Fétis (1865), avrebbe debuttato in un fantomatico Fanatico in berlina di Domenico Cimarosa a Ravenna nel 1791, ma il primo libretto che ne riporti il nome è di qualche anno successivo: La donna di genio volubile di Marco Portogallo (Cesena, teatro Nuovo, primavera del 1798). Seguirono altre esibizioni, in riprese di opere antecedenti, nei teatri del Nord Italia; anche nel seguito della carriera, sembra che non si sia mai esibito a sud di Roma. Nel Carnevale del 1802 cantò nel teatro di corte di Parma La Giulietta, prima assoluta del dramma semiserio di Giuseppe Farinelli (libretto di Gaetano Rossi), e Camilla di Ferdinando Paer.
A Parma il 1° marzo 1802 firmò un contratto triennale per trasferirsi, da agosto, a San Pietroburgo come «primo buffo» in una compagnia italiana comprendente la moglie Marianna Gafforini, seconda donna, sorella del celebre contralto Elisabetta Gafforini (Porfir′eva, 2017b, p. 179). A San Pietroburgo, e poi per tutta la carriera, Zamboni cantò solo parti buffe; nella compagnia c’erano pure il «secondo mezzo carattere» Giuseppe Zamboni (Un almanacco..., 1996, p. 1430; s’ignora l’eventuale grado di parentela con Luigi) e Giacomo (Giacopo) Zamboni, fratello di Luigi, copista e archivista delle musiche italiane (Porfir′eva, 2017b, p. 179). Zamboni tornò a San Pietroburgo nel 1809 (Giust, 2018, p. 93), spostandosi anche a Odessa. Negli anni Dieci Giacomo – del quale non si sa se vada identificato con l’omonimo cantante comparso in particine di comprimario in Italia tra il 1788 e il 1798 – avrebbe ripetutamente condotto una compagnia di canto italiana, di cui faceva parte la figlia Gustavina (Porfir′eva, 2017b, pp. 170-173). Il 1810 fu per Zamboni un anno di svolta: dopo essersi prodotto a Carnevale nel teatro Imperiale di Parma, debuttò alla Scala di Milano, prima in opere di repertorio (Le cantatrici villane di Valentino Fioravanti e La molinara ossia L’amor contrastato di Giovanni Paisiello), poi nuove, quali I filosofi al cimento di Ercole Paganini (libretto di Angelo Anelli), La contadina bizzarra di Farinelli (libretto di Luigi Romanelli), che contò ben trentatré recite a partire dal 16 agosto; ancora Ser Marcantonio di Stefano Pavesi (libretto di Anelli), cinquantaquattro recite a partire dal 26 settembre: un successo epocale, poi replicato un po’ dappertutto negli anni seguenti, al pari dei capolavori comici rossiniani che nacquero di lì a poco. Zamboni creò la parte dell’intrigante Tobia (corrispondente al dottor Malatesta nell’ancor più fortunato rifacimento di Gaetano Donizetti, Don Pasquale del 1843). Prima donna in queste ultime due opere scaligere fu la cognata, Elisabetta. Interessante la recensione al Ser Marcantonio nel Corriere delle dame del 6 ottobre 1810 (p. 289): «Zamboni e Schira, tenore il primo e mezzo carattere il secondo, piacciono sic et in quantum. Il primo sforza un po’ troppo la voce e quindi la rende aspra e talvolta dissonante». Difficile dire perché Zamboni venga qualificato come tenore: la parte di Tobia, pur sempre da baritono come suo solito, non è così alta come quella di Figaro nel Barbiere di Siviglia che Gioachino Rossini gli destinò di lì a pochi anni (cfr. Lamacchia, 2005, p. 30).
Nel Carnevale 1810-11 cantò a Roma nel teatro Valle due opere nuove: Amore ed avarizia di Fioravanti (libretto di Andrea Leone Tottola; la cavatina del «perucchiere» Alessio, impersonato comunque non da Zamboni ma da Felice Pellegrini, legge «Larà là lera... / Ta ra là là... Più bel mestiere / del parrucchiere / ...»: se ne ricordò poi Cesare Sterbini per la celeberrima cavatina del Figaro rossiniano) e La vedova delirante di Pietro Generali (libretto di Stefano Scatizzi), nonché una ripresa del Bello piace a tutti di Fioravanti (libretto di Iacopo Ferretti), contenente un’aria, Io proteggo, e questo detto, scritta appositamente dal giovane Rossini su probabile richiesta di Zamboni (cfr. Russo, 2002). I due si conoscevano sin da quando Rossini, adolescente, studiava con Stanislao Mattei nel liceo filarmonico di Bologna tra il 1806 e il 1808, stando a una tardiva testimonianza del musicista pesarese: «Oltre agli esercizi che Mattei mi faceva fare, a volte componevo anche un pezzo profano per qualche cantante che lo inseriva in un’opera o in un’accademia, per esempio per Zamboni e per altri che me lo pagavano una sciocchezza» (Gli scritti rossiniani..., 1992).
Nella primavera-estate del 1811 cantò opere di repertorio a Bologna (teatro del Corso e Comunale): Le cantatrici villane di Fioravanti («Il Sig. Zamboni primo Buffo sorprende colla sua azione ben intesa e condotta senza indecenza, e quantunque la sua voce non sia più che accostante al baritono, tuttavia riesce gradito e il pubblico vi applaude»: Redattore del Reno, 14 maggio 1811, p. 73), Sargino di Paer, nonché la cantata La nascita del re di Roma di Francesco Sampieri (libretto di Girolamo Zappi), per una volta lontana dal genere comico (Zamboni cantò la parte del dio Marte).
Tornò alla Scala nell’estate del 1811; dal 19 ottobre cantò come Figaro nel vecchio Barbiere di Siviglia di Paisiello. Nella primavera del 1812 fu alla Pergola di Firenze, in Leonora di Paer e Ser Marcantonio. Su quest’ultimo: «il sig. Zamboni [...], abilissimo Cantore ed attore eccellente e non bassamente comico, corrispose alla sua riputazione [...] Dovrebbono molti Buffi da esso apprendere come abbigliarsi in carattere ridicolo senza andare in foggie immaginarie e triviali» (Giornale del Dipartimento del Reno. Parte Letteraria, e di amena lezione,19 maggio 1812, n. 20, p. 77; da rilevare che qui, come altre volte in seguito, Zamboni impersonò l’anziano eponimo, non il più giovane Tobia). Nell’autunno del 1812 al Corso di Bologna cantò in una ripresa dell’Inganno felice: fu la prima opera di Rossini affrontata da Zamboni. Nel 1813 s’esibì a Venezia, Bergamo e Firenze, dove tornò l’anno dopo e affrontò, alla Pergola, la sua seconda opera rossiniana, L’italiana in Algeri. Qui cantò la parte di Mustafà, ma sostituendo la virtuosistica aria Già d’insolito ardore nel petto con un’altra, Vedrete, o donne care. A Ferrara nel Carnevale del 1815 cantò in L’italiana in Algeri come Taddeo, a riprova della sua versatilità nelle diverse tipologie di buffo, di volta in volta ‘nobile o cantante’ oppure ‘caricato o parlante’.
Nell’autunno del 1815 lavorò per la prima volta al fianco di Rossini, a Roma, per mettere in scena una ripresa del suo Turco in Italia al Valle (come Don Geronio). L’amicizia tra i due è confermata da alcune lettere che Rossini inviò alla madre: «sono qui ben allogiato e lo sono perché in compagnia del mio caro Zamboni il quale mi fa mille pulitezze e vi saluta» (4 novembre 1815; Rossini, 2004, p. 106). Il 27 dicembre Rossini annunciò l’opera buffa da scrivere per il teatro Argentina (fu poi la più fortunata di sempre, Il barbiere di Siviglia): «il mio buon amico Zamboni vi canterà e son sicuro d’un buon esito» (ibid., p. 113). Anche nelle settimane del Carnevale Zamboni alloggiò insieme a Rossini nel palazzo Paglierini in vicolo de’ Leutari, come si apprende dal contratto tra Rossini e l’impresario Francesco Sforza Cesarini, datato 26 dicembre 1815 (Rossini, 1992, p. 126). In una lettera alla madre non datata (ma certo di poco successiva al 27 febbraio 1816) il compositore scrisse: «Zamboni vi consegnerà questa mia e vi darà conto della mia salute la quale è ottima. Non potete credere le pulizie, attenzioni che mi ha fatte questo bravo amico, io vi giuro che le devo mille obligazioni e vi prego come è vostro solito farle tutte le possibili pulitezze»; e in un poscritto aggiunse: «Il Sig.r Zamboni vi consegnerà scudi 350 romani» (Rossini, 2004, pp. 124 s.). Dunque Zamboni portò ai signori Rossini buona parte del compenso (400 scudi) guadagnato dal figlio per la stagione di Carnevale. Zamboni ne guadagnò molti di più, 700, a dimostrazione della centralità dei cantanti nel mondo teatrale dell’epoca (cfr. Lamacchia, 2008, p. 24).
La presenza a Roma, l’amicizia e la stima di Rossini, la parentela con Elisabetta Gafforini furono probabilmente fattori determinanti per l’ingaggio di Zamboni nella stagione di Carnevale del 1815-16 al teatro Argentina. L’impresario intendeva imperniare la compagnia di canto su Gafforini. Per convincerla a venire a Roma tentò di farsi aiutare proprio da Zamboni, come attesta una copia di lettera, datata 4 dicembre 1815, custodita nell’archivio Sforza Cesarini (ibid., p. 14). La capricciosa prima donna rifiutò però la scrittura, non essendole state accordate tutte le condizioni poste.
Il 13 gennaio Zamboni debuttò all’Argentina con L’italiana in Algeri (Taddeo) e a detta di Sforza Cesarini fu «graditissimo» (ibid., p. 23). Almaviva o sia L’inutile precauzione fu il titolo del libretto stampato per l’opera nuova (divenne poi per sempre Il barbiere di Siviglia). La prima recita del 20 febbraio fu contrastata: «dal principio alla fine non fu che un imenso sussurro che accompagnò lo spettacolo», scrisse Rossini alla madre il 22 febbraio (Rossini, 2004, p. 119). Secondo la prima interprete di Rosina, Gertrude Righetti Giorgi, «la cavatina di Figaro sebbene cantata maestrevolmente da Zamboni ed il bellissimo duetto fra Figaro e Almaviva cantato pure da Zamboni e da Garzia», ossia il tenore Manuel García, «non furono neppure ascoltati» (Cenni, 1823). Com’è noto, il tonfo si trasformò in trionfo già nelle poche recite successive. Zamboni potrebbe aver scritto parte dei recitativi dell’opera, secondo un’ipotesi concreta seppur non compiutamente dimostrabile (cfr. Beghelli, 2008).
Dal 1816 in poi Zamboni cantò sempre più spesso opere di repertorio di Rossini. Tornò al Valle di Roma sul finire del 1817 con La contessa di Fersen, ossia La moglie di due mariti di Fioravanti (libretto di Michelangelo Prunetti). Interpretò la parte di un vecchio, il Capitan Battaglia, custode del castello di Fersen; l’anno prima, con Figaro, aveva dato vita al simbolo dell’esuberanza giovanile: un ulteriore eloquente indizio del suo istrionico eclettismo. Ricantò l’opera di Fioravanti al teatro Re di Milano nell’autunno del 1818: «Abbiam riveduto dopo molti anni il sig. Zamboni, attore assai intelligente, e vero buffo senz’esser vulgare. Egli è applauditissimo in un’aria di nota e parola», ossia in stile sillabato, «che pochi saprebbero colorire con sì bella maestria» (Gazzetta di Milano, 4 dicembre 1818, n. 335, pp. 1587 s.). Ancora: «La brillante e comica parte del sig. Luigi Zamboni, e l’insuperabile abilità con che questo celebre virtuoso conduce e lega la musica e l’azione, è singolarmente originale» (Corriere delle dame, 5 dicembre 1818, n. XLIX, p. 177). Indi cantò in prima assoluta Il carnevale di Venezia di Francesco Boile: «il sig. Zamboni è l’Atlante dell’opera» (Gazzetta di Milano, 14 gennaio 1819, n. 14, p. 57); «il pubblico rise colla signora Marcolini, rise ancor più col signor Zamboni, o fosse egli vestito da vecchio napoletano ampolloso, o mascherato da vecchia veneziana che si paoneggia» (Corriere delle dame, 16 gennaio 1819, n. III).
La parte finale della carriera di Zamboni si svolse all’estero. Nel 1820 si esibì nel teatro di corte di Monaco di Baviera con Paolo e Virginia di Pietro Carlo Guglielmi e, in aprile, con La rappresaglia, musica di Johann Nepomuk von Poißl, libretto di Cesare Sterbini (titolo originale Il contraccambio ossia L’amore alla prova). Indi si recò in Russia, e per molti anni: fu all’opera italiana di Mosca per buona parte del decennio, anche come direttore della compagnia. Nel 1824 lo ascoltò Vladimir Fëdorovič Odoevskij, a detta del quale Zamboni, come Leporello nel Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart, compensava con la recitazione eccelsa il decadimento della voce (Vzgljad..., 1956, pp. 94, 538).
Dal 1828 al 1832 una rinnovata compagnia italiana, diretta da Zamboni, fu a San Pietroburgo. Essa comprendeva i figli Leopoldo, Luigia, Giuseppina. Leopoldo era maestro al cembalo e compositore, e diede lezioni al giovane Michail Ivanovič Glinka (Glinka, 2004); Luigia e Giuseppina erano cantanti. Non è peraltro certo che Luigi fosse sempre presente in questo quadriennio (Giust, 2018, p. 94). A detta di Aleksandr Ivanovič Vol′f, il grande cronista delle scene di San Pietroburgo, il più che sessantenne Zamboni era ancora ritenuto «il migliore nel suo genere e, grazie a lui, le opere comiche di Rossini – Il barbiere di Siviglia, La Cenerentola, L’italiana in Algeri, Il turco in Italia, Corradino [Matilde di Shabran] – piacquero ai melomani più delle altre» (Vol′f, 1877). Secondo I teatri del 20 aprile 1828, in La Cenerentola «Zamboni, primo buffo e direttore del teatro, vien decantato dal Giornalista di Pietroburgo, come il miglior Barone di Montefiascone che sia comparso mai su i teatri» (Giust, 2018, p. 95). Un giudizio elogiativo, retrospettivo e nostalgico, espresse Francesco Regli: «Luigi Zamboni aveva un ingegno comico naturale, e da tutto prendeva partito per arricchire e ricamare, a così esprimerci, la parte sua. Era colto, istruito [...] Un vecchio giornalista lo chiamava la vera commedia in azione. Egli possedeva la scienza dei caratteri» (Regli, 1860).
Si ha notizia di altri due figli cantanti: Luigi, tenore, e Antonietta, soprano. In una lettera a Rossini, datata Firenze 16 dicembre 1831 (Rossini, 2016, pp. 183 s.), Zamboni scriveva di volersi recare a Parigi con Antonietta, confidando nell’aiuto di Rossini («Da te tutto dipende, e vivo su te»). Si ignora il motivo per il quale non ci andò. Qui Zamboni appella la moglie ‘Nice’: appellativo di Marianna Gafforini oppure di una (eventuale) seconda moglie?
Morì a Firenze il 28 febbraio 1837 (Teatri, arti e letteratura, 9 marzo 1837, XV, n. 680, t. 27, p. 19).
Fonti e Bibl.: [G. Righetti Giorgi], Cenni di una donna già cantante sopra il maestro Rossini, Bologna 1823, p. 33; F. Regli, Dizionario biografico dei più celebri poeti ed artisti melodrammatici [...] che fiorirono in Italia dal 1800 al 1860, Torino 1860, pp. 574 s.; F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens et bibliographie générale de la musique, VIII, Paris 1865, p. 505; A.I.Vol′f, Chronika peterburgskich teatrov s konca 1826 do načala 1855 goda (Cronaca dei teatri di Pietroburgo dalla fine del 1826 all’inizio del 1855), parte I, Sankt-Peterburg 1877, p. 20; U.U., Vzgljad na Moskvu v 1824 (Sguardo su Mosca nel 1824), in V.F. Odoevskij, Muzykal′no-literaturnoe nasledie (Lascito musicale-letterario), a cura di G.B. Bernandt, Moskva 1956, pp. 94, 312, 538; Gli scritti rossiniani di Ferdinand Hiller, a cura di G.J. Joerg, in Bollettino del Centro rossiniano di studi, XXXII (1992), p. 77; G. Rossini, Lettere e documenti, a cura di B. Cagli - S. Ragni, I, Pesaro 1992, ad ind.; Un almanacco drammatico. L’Indice de’ teatrali spettacoli 1764-1823, II, facsimile a cura di R. Verti, Pesaro 1996, pp. 1430, 1611, 1641; R. Taruskin, Ital’yanshchina, in Defining Russia musically. Historical and hermeneutical essays, Princeton 1997, ad ind.; F.P. Russo, Una sconosciuta aria di Rossini su testo di Ferretti, in Bollettino del Centro rossiniano di studi, XLII (2002), pp. 5-43; M.I. Glinka, Zapiski (Memorie), a cura di A.N. Rimskij-Korsakov, Moskva 2004, p. 61; G. Rossini, Lettere e documenti, a cura di B. Cagli - S. Ragni, IIIa, Pesaro 2004, ad ind.; S. Lamacchia, L’acrobatica scrittura vocale di Rossini: oltre i limiti abituali dei cantanti?, in Bollettino del Centro rossiniano di studi, XLV (2005), pp. 27-48; M. Beghelli, Wer hat die Rezitative von Rossinis “Il barbiere di Siviglia” komponiert?, in La Gazzetta. Zeitschrift der Deutschen Rossini Gesellschaft, XVIII (2008), pp. 4-17; S. Lamacchia, Il vero Figaro o sia il falso factotum. Riesame del “Barbiere” di Rossini, Torino 2008, ad ind.; E. Petrušanskaja, Michail Glinka i Italija. Zagadki žizni i tvorčestva (Michail Glinka e l’Italia. Misteri della vita e dell’arte), Moskva 2009, ad ind.; A.L. Porfir′eva, Ital′janskaja opera v Odesse: 1809-1865. Južnaja versija Severnoj Pal′miry (L’opera italiana a Odessa: 1809-1865. Versione meridionale della Palmira del Nord), in Muzykal′nyj Peterburg, XIX vek. Stranicy biografii (La Pietroburgo musicale, XIX secolo. Pagine biografiche), XII, a cura di N. Ogarkova, Sankt-Peterburg 2013, pp. 170-175; G. Rossini, Lettere e documenti, a cura di B. Cagli - S. Ragni, IV, Pesaro 2016, ad ind.; A.L. Porfir′eva, Dve papki (Due filze), in Muzykal′nyj Peterburg, XIX veka, 1801-1861. Materialy k ėnciklopedii (La Pietroburgo musicale del XIX secolo, 1801-1861. Materiali per l’enciclopedia), XIV, a cura di N. Ogarkova, Sankt-Peterburg 2017a, p. 150; Ead., «Dei giorni alessandrini il magnifico principio...», in Italia-Russia: quattro secoli di musica, a cura di N. Vlasova - L. de Michiel, Moskva 2017b, pp. 178-190; A. Giust, Giovanni Battista Perucchini mediatore d’arte e d’artisti tra Russia e Italia, in Un nobile veneziano in Europa. Teatro e musica nelle carte di Giovanni Battista Perucchini, a cura di M.R. De Luca - G. Seminara - C. Steffan, Lucca 2018, pp. 90-96. Si ringraziano Anna Giust e Bella Brover-Lubowski per le informazioni sulle vicende degli Zamboni in Russia.