Alcoriza, Luis (propr. Alcoriza de la Vega, Luis)
Sceneggiatore, regista e attore cinematografico spagnolo, naturalizzato messicano, nato a Badajoz il 5 settembre 1920 e morto a Cuernavaca (Messico) il 3 dicembre 1992. Rappresentante di primo piano della cinematografia messicana, ha portato sul grande schermo una realtà sociale contraddistinta da eterni conflitti. Divenuto uno dei maggiori sceneggiatori del cinema messicano, collaborò con registi quali Rogelio A. González (La vida no vale nada, 1954), Chano Urueta, Julián Soler, Carlos Orellana e soprattutto con Luis Buñuel, con il quale avviò un importante sodalizio artistico iniziato nel 1949 e terminato nel 1962. Dedicatosi poi alla regia, incentrò tutta la sua opera sui numerosi e mai risolti problemi politici e sociali del Messico. La collaborazione con Buñuel lo aveva infatti avvicinato a una certa tematica sociale che sviluppò, successivamente, su diversi registri di genere, più legati a una necessità documentaria che a moduli narrativi volti in metafora.
Proveniente da una famiglia di teatranti, si trasferì, come altri artisti spagnoli, al termine della guerra civile (1936-1939), in Messico dove intraprese la carriera di attore. Fu interprete di numerosi film, da La torre de los suplicios (1940) di Raphael J. Sevilla a Flor de caña (1948) di Orellana, al cui soggetto e sceneggiatura collaborò con la moglie Raquel Alcoriza (anche lei attrice), con la quale scrisse poi numerose sceneggiature e tutti i suoi film da regista. Dagli anni Cinquanta abbandonò la recitazione per dedicarsi alla sceneggiatura, avviando la collaborazione artistica con Buñuel. Il primo film che scrisse per il regista spagnolo, adattando una pièce di A. Torrado, e nel quale ebbe anche un ruolo come attore, fu El gran calavera (1949), parodia della vicenda del rampollo di una ricca famiglia che cerca di dilapidare l'intero patrimonio. L'anno successivo si dedicò alla sceneggiatura di Los olvidados (I figli della violenza), incentrata sul difficile rapporto di sudditanza tra due ragazzi dei bassifondi di Città di Messico, che, oltre a confrontarsi tra loro, sono in conflitto con il mondo circostante. Il film rappresentò la prima occasione per A. di affrontare quei problemi della realtà sociale che costituirono la materia della sua creazione artistica. Dopo l'adattamento di un romanzo di M. Pinto per Él (1952; Lui), scrisse l'ultima sceneggiatura per Buñuel, El ángel exterminador (1962; L'angelo sterminatore), adattamento di una pièce di J. Bergamín, in cui un gruppo di borghesi rimane bloccato in un salone delle feste senza più poterne uscire e senza che ci sia alcuna possibilità di spiegazione.Il suo esordio nella regia era avvenuto nel 1960 con Los jóvenes, influenzato dal lungo rapporto artistico con Buñuel. Mentre però quest'ultimo, attraverso le sue ambientazioni cupe, avvolgeva i personaggi in una dimensione surreale, A. accentuò la componente satirica tanto che le sue regie divennero dei pamphlet politici non privi di un'apertura alla speranza. Dopo aver diretto Tlayucan (1961), nel 1962 A. realizzò Tiburoneros, apologo di un pescatore di pescecani che decide di tornare dalla città al suo lavoro originario. Il film, contenente ampi inserti documentari, ottenne giudizi controversi dalla critica, parte della quale lo valutò legato a un tipico cinema retorico messicano, mentre altri lo considerarono una delle sue opere più riuscite e originali. Dopo il successo commerciale ottenuto con Mecánica nacional (1971), una satira sulla società messicana, fu con Presagio (1974) e con Las fuerzas vivas (1975) che A. riuscì pienamente a realizzare la sua ricerca espressiva cinematografica. Il primo, sceneggiato con Gabriel García Márquez, ha il fascino letterario delle creazioni del romanziere che A. rende visivamente accentuando la dimensione magica focalizzata su un oggetto simbolo (una bottiglia che si rompe), condizionante il destino degli abitanti di un villaggio messicano. Il secondo, invece, è un ritratto satirico delle numerose rivoluzioni messicane e degli innumerevoli compromessi accettati dai rivoluzionari. Negli anni Ottanta diresse ancora alcuni film (Terror y encajes negros, 1985; Lo que importa es vivir, 1987), firmando la sua ultima regia nel 1989 con La sombra del ciprés es alargada.