LUISA ELISABETTA di Borbone, duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla
Louise-Élisabeth nacque il 14 ag. 1727 dal re di Francia Luigi XV e dalla regina Maria Leszczynska, prima figlia in un parto gemellare (alla sorella venne dato il nome Henriette). Crebbe alla corte di Francia, sotto la guida della contessa Marie-Jeanne de Tallard, governante delle principesse. Sin dall'infanzia dimostrò un carattere vivace e poco incline alla sottomissione, anche se le sue manifestazioni di anticonformismo le furono sempre perdonate dal padre, a lei particolarmente affezionato.
L'infanzia di L. fu, tuttavia, estremamente breve. L'esigenza di riannodare i legami tra il ramo spagnolo e quello francese dei Borbone la resero, ancora bambina, una pedina importante nella politica europea. Già nell'autunno del 1738 fu messo a punto un progetto di doppio matrimonio franco-spagnolo. In base all'accordo, L. avrebbe sposato Filippo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese; in un secondo tempo, Luigi delfino di Francia avrebbe sposato l'infanta Maria Teresa di Spagna.
Le nozze furono celebrate per procura il 26 ag. 1739 tra straordinari festeggiamenti, che suscitarono, per il loro sfarzo, l'ironia degli spettatori più smaliziati, come Voltaire e il marchese R.-L. d'Argenson. A soli 12 anni L. lasciò, dunque, la corte francese e si trasferì in Spagna, dove, il 25 ott. 1739, fu celebrato il matrimonio con Filippo di Borbone. Alla corte spagnola la giovane coppia era in una posizione relativamente marginale. Dato il quadro dei rapporti tra le potenze europee, non era ancora chiaro se Filippo di Borbone sarebbe riuscito a ottenere una porzione dell'eredità farnesiana o qualche altro dominio in Italia o in Europa. Ne risultava di conseguenza enfatizzato il ruolo della suocera di L., Elisabetta Farnese, che esercitava una tutela a volte ingombrante.
La convivenza tra L. e il marito fu nel complesso serena e già il 31 dic. 1741 nacque la prima figlia, Isabella. Ma le vicende politiche obbligarono ben presto la coppia a una separazione. La morte dell'imperatore Carlo VI, nell'ottobre 1740, aprì la guerra di successione austriaca e diede alla Spagna l'occasione per tentare di rafforzare la propria presenza in Italia. Nel febbraio del 1742 Filippo di Borbone lasciò la Spagna per assumere il comando di un'armata che avrebbe dovuto invadere l'Italia attraverso il Piemonte e rimase lontano dalla moglie per sette anni.
Già nella prima fase della guerra, le vicende militari cancellarono le speranze di una rapida affermazione delle armi franco-spagnole in Italia. Mentre Filippo di Borbone rimaneva inchiodato con le sue truppe in Savoia, L. scriveva, sotto dettatura della suocera, al padre e al cardinale A.-H. de Fleury, richiedendo più consistenti aiuti militari e sovvenzioni economiche. Fu anche grazie alla sua azione se il 25 ott. 1743 fu firmato il trattato di Fontainebleau, che legò strettamente gli interessi francesi e spagnoli e riconobbe i diritti di Filippo di Borbone sul Ducato di Milano e il Ducato di Parma, una volta che questi territori fossero stati strappati agli Asburgo.
Dopo i primi anni di guerra, la separazione dal marito e la vita alla corte di Spagna cominciarono a risultare gravosi per L., nonostante i rapporti con i suoceri fossero complessivamente buoni. Nel 1744 ella manifestò il desiderio di raggiungere il marito in Savoia, ma il progetto fu bloccato da Elisabetta Farnese.
Nel 1745-46 la situazione militare peggiorò ulteriormente. Gli eserciti borbonici che stazionavano in Italia si ricongiunsero tra il Monferrato e l'Emilia, ma subirono una serie di sconfitte. Nel frattempo, il nuovo ministro degli esteri francese, il già ricordato marchese d'Argenson, tentava un accordo, poi non portato a effetto, con Carlo Emanuele III di Savoia, re di Sardegna, che di fatto cancellava le pretese spagnole sul Milanese. In questa situazione di progressive divergenze di finalità tra la Francia e la Spagna, aggravata anche dalla morte dell'infanta Maria Teresa, L. si impegnò con tenacia a favore del marito, scrivendo a Luigi XV in termini duri, ottenendo però soltanto generiche rassicurazioni. Del resto, anche in Spagna gli interessi di Filippo di Borbone non erano più adeguatamente tutelati. Nel luglio 1746 Filippo V di Spagna morì e gli successe il figlio di primo letto Ferdinando VI, che non amava il fratellastro e che, appena salito al trono, impose una svolta alla politica estera spagnola.
Elisabetta Farnese, la principale sostenitrice delle aspirazioni del figlio Filippo, fu allontanata dalla corte, mentre il nuovo primo ministro, J. de Carvajal y Lancaster, attuò un riavvicinamento all'Inghilterra, patrocinato dalla regina Maria Barbara di Braganza.
Progressivamente, Filippo di Borbone dovette ridimensionare le proprie speranze. Con la pace di Aquisgrana (18 ott. 1748) gli fu riconosciuto il possesso del Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla.
Si trattava, a ben vedere, di un non trascurabile successo, ma sia L. sia il marito giudicarono il Ducato come un appannaggio inadeguato e per alcuni anni cercarono di ottenere un compenso territoriale più importante.
Lasciata Chambéry, Filippo di Borbone prese possesso del suo nuovo Stato nel marzo 1749. Nel frattempo, nel novembre 1748, L. abbandonò la Spagna e si trasferì alla corte di Francia, dove fu raggiunta, all'inizio dell'anno successivo, dal più abile dei collaboratori di suo marito, G. du Tillot.
La persistente separazione dei coniugi suscitava pesanti dicerie negli ambienti di corte e vi fu chi ipotizzò l'esistenza di insanabili conflitti familiari. La realtà era ben diversa. Nel corso degli anni, Filippo di Borbone si era rivelato un personaggio politicamente inaffidabile, dedito quasi esclusivamente alla caccia, al teatro e alla musica, mentre L., che pure non fece mai mancare al marito il suo affetto, scoprì una genuina vocazione per la politica. Il soggiorno parigino, dunque, ebbe la funzione di rinsaldare i rapporti con la corte francese, dalla quale L. sperava di ottenere sovvenzioni economiche, che furono concesse, e appoggio per la soluzione di una vertenza con la corte di Vienna sul possesso di Sabbioneta, che rimase insoluta.
Il 6 ott. 1749 L. lasciò Fontainebleau per raggiungere Parma. All'inizio di novembre era a Genova, dove ricevette gli omaggi di una rappresentanza dei suoi nuovi sudditi. Il 19 novembre entrò nel Ducato e fu ricevuta dal marito a Piacenza.
Trascorsi rapidamente i festeggiamenti, l'insediamento della coppia ducale a Parma si rivelò particolarmente difficile. I palazzi farnesiani giacevano in uno stato di abbandono e l'intero dominio necessitava di una profonda riorganizzazione, dopo gli anni difficili della guerra. Ai problemi interni si aggiungevano quelli derivanti dalla collocazione internazionale del Ducato. Nominalmente, Filippo di Borbone era un principe sovrano, ma in realtà egli doveva subire una pesante tutela da parte della corte di Madrid, che non solo gli impediva di mantenere proprie rappresentanze diplomatiche e di svolgere una politica estera autonoma, ma, ancor più, gli lesinava gli aiuti economici più volte promessi. A ciò si aggiungeva la presenza a Parma di un folto gruppo di cortigiani e ministri spagnoli, che monopolizzavano le principali cariche politiche e finivano per esercitare una sorta di controllo sulle azioni del duca. Questa situazione finì per risultare insostenibile per L., che, con l'appoggio del padre, cercò di rafforzare la presenza francese, liberandosi dei ministri inviati da Ferdinando VI a Parma. Il processo di sostituzione del personale governativo spagnolo fu, tuttavia, assai lento, anche se conobbe un qualche successo dopo la morte di J. Carpintero, segretario di Stato e Guerra, nel gennaio 1752, e produsse numerosi screzi tra i duchi di Parma e la corte di Madrid, che furono solo parzialmente attenuati dall'adesione di Filippo di Borbone al trattato di Aranjuez (1752), fortemente sostenuto dalla Spagna.
Nonostante le difficoltà, i primi anni di L. a Parma furono nel complesso felici. Il 20 genn. 1751 nacque Ferdinando, il suo unico figlio maschio e futuro sovrano di Parma. In dicembre la famiglia ducale si accrebbe anche di una figlia femmina, Maria Luisa, che in seguito sposò Carlo IV di Spagna. Anche la vita di corte si rianimò e si trasformò, conformandosi al gusto francese. Francese fu pure l'educazione dei figli di L., che fu affidata al gesuita T. Fumeron e al barone A. Guinement de Keralio, un bretone in corrispondenza con diversi esponenti dell'illuminismo italiano ed europeo.
In tal modo, già nei primi anni Cinquanta, Parma assunse l'aspetto di una piccola capitale cosmopolitica, con una forte colonia spagnola e una sempre più importante colonia francese, all'interno della quale spiccavano personaggi come lo scrittore P. Cerou, l'architetto A. Petitot, e l'ambasciatore P.-E. marchese de Crussol, il quale, sembra, s'innamorò follemente di Luisa Elisabetta.
Molti dei francesi che, in diversi momenti, soggiornarono a Parma mantennero anche in seguito contatti con L., che, in tal modo, poté disporre anche nel suo paese natale di un seguito di estimatori. La duchessa, del resto, mal tollerava di vivere entro i ristretti orizzonti del suo dominio e non intendeva recidere i legami che la univano alla famiglia reale francese, all'interno della quale ella rivestì sempre una funzione di spicco. La morte della sorella gemella Henriette, avvenuta all'inizio del 1752, la colpì profondamente e nell'estate dello stesso anno fece ritorno a Versailles, dove si trattenne per più di un anno, pur mantenendo una fitta e affettuosa corrispondenza con il marito.
Risalgono a questo periodo alcuni notevoli ritratti di L., opera di J.M. Nattier e della sua scuola, che restituiscono l'immagine di una donna energica, con i tratti del volto pieni e volitivi, che saranno addolciti e abbelliti nei ritratti postumi.
Anche a Parigi ella si impegnò a fondo per ottenere dalla Spagna maggiore autonomia per il Ducato e maggiori sovvenzioni economiche per sé e per il marito. Grazie all'azione del maresciallo A.M. de Noailles e di J.-B. de Durfort, duca di Duras, ambasciatore francese a Madrid, le corti interessate avviarono trattative, ma solo nel 1754 Ferdinando VI acconsentì a elargire a Parma una cospicua sovvenzione annua, dopo aver fatto subire a L. l'umiliazione dell'invio a Parma di un commissario per esaminare la situazione finanziaria del Ducato. Le critiche spagnole all'eccessiva prodigalità di L. e del marito non erano, tuttavia, senza fondamento e la necessità di arrivare a una gestione ordinata delle spese ducali fu più volte sottolineata anche dai ministri parmensi.
Nel settembre 1753 L. fece ritorno a Parma, sempre più decisa a ricavare per sé e per il marito uno spazio politico autonomo. Per fare ciò, la duchessa si mosse su molteplici piani. Da un lato, proseguì i suoi tentativi di legare Parma alla Francia e cercò di stabilizzare le relazioni con gli Asburgo, che mantenevano un diritto di reversione in caso di mancanza di eredi diretti al Ducato. Dall'altro, perseguì una politica matrimoniale ambiziosa, in modo da legare i Borbone-Parma alle principali dinastie europee. Sullo sfondo rimase una latente aspirazione a sfruttare i rivolgimenti europei per ottenere un dominio più importante, in Italia o altrove.
Con l'inizio della guerra dei Sette anni (1756) e l'inedita alleanza tra Asburgo e Borbone, le aspirazioni di L. sembrarono finalmente vicine a realizzarsi. Grazie al suo amico cardinale F.J. de Bernis, già ambasciatore a Venezia e anima della politica estera francese, furono inserite nei trattati di alleanza alcune clausole in base alle quali Francia e Spagna si impegnavano ad assicurare al duca di Parma una più adeguata sistemazione. Si pensava al Regno di Napoli o, addirittura, alla cessione dei Paesi Bassi austriaci, una volta che l'imperatrice Maria Teresa avesse riottenuto la Slesia. Anche i progetti matrimoniali sembravano ben avviati. Le trattative per un matrimonio asburgico della figlia maggiore, Isabella, avviati già nel 1751, acquistarono una maggiore consistenza dopo il "rovesciamento delle alleanze" del 1756, anche se si conclusero solo all'inizio del 1759, quando la corte asburgica approvò il progetto di matrimonio tra l'arciduca Giuseppe, il futuro imperatore Giuseppe II, e la principessina di Parma. Il rafforzamento del ruolo di L. ebbe anche importanti riflessi nell'amministrazione del Ducato, in cui sempre più si affermava il ruolo del Tillot, che nel 1756 fu nominato ministro d'Azienda.
Come in altre occasioni, le speranze di affermazione, nutrita da L., furono ridimensionate dall'evoluzione dei rapporti internazionali. Già alla fine del 1757 le speranze di ottenere i Paesi Bassi cominciavano a svanire, ma ciò non bastò a frenare la fervida progettualità di Luisa Elisabetta. Prendendo l'occasione dell'attentato subito dal padre nel gennaio 1757, nell'estate dello stesso anno la duchessa rientrò in Francia, con il proposito di ricercare appoggi politici, ma anche di liberarsi per qualche tempo dall'atmosfera un po' asfittica di Parma. La situazione politica francese ed europea appariva ancora aperta a molteplici esiti. Il fedele cardinale de Bernis era caduto in disgrazia, ma anche il nuovo ministro degli Esteri, E.-F. de Choiseul, era assai legato a Luisa Elisabetta. Nell'estate del 1759 la duchessa di Parma poteva ancora guardare con fiducia all'avvenire. Il matrimonio della figlia Isabella con l'arciduca Giuseppe era ormai cosa fatta, a Parma il Tillot era stato nominato segretario di Stato e, finalmente, il Ducato disponeva di un rappresentante diplomatico accreditato a Parigi, il conte C.A. Ferriol d'Argental. La tutela spagnola era ormai definitivamente spezzata.
Il 10 agosto morì Ferdinando VI di Spagna, ma la successione fu regolata in maniera da ignorare i diritti di Filippo di Borbone: Carlo di Napoli assunse il trono di Spagna e, con il consenso degli Asburgo, affidò il Regno al figlio Ferdinando. Svanita la prospettiva di insediarsi in Italia meridionale, L. elaborò altri progetti, che l'avrebbero riportata verso la Francia, come quello di ottenere il Ducato di Lorena, che era già stato di suo nonno, o la Corsica.
L'attrazione per la Francia riemergeva con forza anche in una serie di consigli di vita per il figlio Ferdinando, che L. stilò in questo periodo. In questo importante documento, la duchessa di Parma trattava ampiamente delle virtù necessarie a un buon sovrano, seguendo un ideale di moderazione, che la portava a raccomandare al figlio di non essere "ni hypocrite, ni bigot" (cit. in Stryenski, 1904, p. 438). Accanto a ciò, non mancava una forte attenzione per il futuro politico del Ducato di Parma, che L. vedeva necessariamente legato a quello della Francia. Oltre ad auspicare una stretta alleanza tra i Regni borbonici di Francia, Spagna e Napoli, traeva dalla sua esperienza un'indicazione politica estremamente precisa per il figlio: "tant que vous serez attaché à la France, vous serez grand" (ibid., p. 443). Si trattava, allo stesso tempo, di una manifestazione di affetto per il proprio paese e di una riflessione politica che già preannunciava il "patto di famiglia" tra i vari rami dei Borbone che fu concluso nel 1761.
Anche dalla Francia, dunque, L. si preoccupava dell'educazione dei suoi figli, tanto che nel 1758 decise di inviare a Parma come precettore di Ferdinando il filosofo É.-B. de Condillac, sostenitore di una pedagogia "illuminata" contro i tradizionali moduli educativi gesuitici.
Poco tempo dopo avere scritto i suoi consigli al figlio, L. si ammalò di vaiolo, all'inizio di dicembre del 1759. Morì il 6 dicembre, dopo una breve agonia.
Seppellita frettolosamente, fu poi ricordata dal padre e dal marito con grandi celebrazioni religiose nel febbraio e nel marzo successivo. La vita di L. fu dunque estremamente breve, ma non le impedì di giocare un ruolo importante nella politica europea, che è stato esaurientemente ricostruito dalla storiografia ottocentesca. La personalità e il profilo culturale della duchessa rimangono, tuttavia, ancora poco conosciuti e non si dispone di una sua biografia criticamente attendibile.
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