EMANUEL, Luisa
Nata a Novara nel 1830, figlia del cavalier Carlo, amministratore dell'ospedale Mauriziano di Torino, e di Giuseppa Carotti, di origine nobiliare, ricevette un'educazione signorile e un'istruzione non comune allora per una fanciulla.
Nella prefazione di una delle sue prime opere, un volume di versi intitolato Poche fronde senza fiori (Torino 1856), ella espresse, tuttavia, rammarico per non aver compiuto studi adeguati al proprio profondo e istintivo desiderio di scrivere: l'E. dichiarava di aver raggiunto una buona conoscenza della narrativa straniera, senza però averne tratto un concreto vantaggio, mentre una tappa fondamentale della sua formazione era stata la scoperta di Dante e del Petrarca. Aveva anche concepito una grande passione per le opere e la vita di Torquato Tasso, del quale possedeva una vasta collezione di biografie e magnifiche edizioni della Gerusalemme liberata e dell'Aminta.
Una sottile vena di patetismo alimenta l'ispirazione e i temi di questi primi componimenti poetici: indicativi a tal proposito i frequenti e diretti riferimenti alla produzione di Giovanni Prati, esponente rappresentativo di una intera fase della poesia romantica in Italia. L'illusione giovanile, il nulla, l'amore e la morte, il secolo materialista, la poesia eternatrice costituiscono la rosa di contenuti il cui criterio di scelta fu dettato dalle esigenze di una moda e non sostanziato da una approfondita meditazione poetica e da una personale elaborazione formale e stilistica.
Le attitudini letterarie dell'E. trovarono più adeguata espressione nella stesura dei primi racconti, che ella pubblicò usando lo pseudonimo di Ludovico De Rosa: Pia de' Monteroni (Torino 1852), Stella (Roma 1853) e Le farfalle di provincia (Torino 1857) furono accolti con favore dai critici dei giornali piemontesi.
In quegli anni l'E. conobbe a Torino il giovane giornalista savonese Giuseppe Saredo. Privo di laurea e di titoli nobiliari come di una solida posizione sociale, questi trovò una prima sistemazione ricevendo dal ministero della Pubblica Istruzione l'incarico di insegnare letteratura italiana presso il ginnasio di Bonneville in Savoia, grazie ad una raccomandazione del conte Luigi Corsi, deputato al Parlamento subalpino, il quale si adoperò anche per convincere il padre della E. ad acconsentire al matrimonio della figlia con il giovane.
Nel 1859 avvennero le nozze. L'E. condivise col marito le idee liberali, mentre in ambito religioso essa dimostrò uno spiccato orientamento agnostico. Nello stesso anno il Saredo passò a dirigere le scuole tecniche di Chambéry. Poi, grazie agli studi, ai titoli acquistati per le numerose pubblicazioni di carattere giuridico che gli fruttarono la laurea honoris causa e alla fiducia in lui riposta da Terenzio Mamiani, nel 1860 egli ottenne un incarico di insegnamento presso l'università di Sassari. Nel corso di quell'anno l'E. pubblicò a puntate sul Corriere italiano di Firenze L'affare Zappoli (poi in volume, Firenze 1867), un romanzo "giudiziario" che non solo ottenne un notevolissimo successo di pubblico, ma la segnalò anche all'attenzione della critica.
La carriera in ascesa del Saredo esigeva, frattanto, continui trasferimenti: nel 1861 a Parma, dove egli insegnò filosofia del diritto, diritto costituzionale e diritto internazionale, poi, nel 1886, a Siena dove i due coniugi rimasero fino al 1870. In questo arco di tempo l'E. non smise di assecondare le proprie inclinazioni letterarie e pubblicò diversi romanzi e novelle: Storia di famiglia (Roma 1862), Ventinove anni (ibid. 1864), Flaminia (ibid. 1865), I giorni torbidi (Firenze 1865). Spicca tra tutte un'opera di argomento sociale e di intonazione realistica, I Moreddu, che fu edita in volume a Parma nel 1864 e riapparve nel 1871 in appendice al Giornale di Trieste.
Ambientato in Sardegna, il romanzo descrive una faida fra famiglie rivali: scene dipinte a tinte fosche che compongono il quadro di un ambiente ove il tempo è scandito da una catena ininterrotta di vendette, lasciate in retaggio da una generazione all'altra con sacro giuramento. In questo caso l'E. non incontrò molto il gusto dei lettori, che - nella maggior parte dei casi - si mostrarono disorientati.
Alla fine del 1870, in seguito alla chiamata del marito all'università di Roma, l'E., insieme con lui, si stabili definitivamente nella nuova capitale del Regno. Ebbe così inizio per lei un altro periodo di intensa attività letteraria. Fu assidua e stimata collaboratrice della Nuova Antologia e si misurò con la monografia di argomento storico, ma mostrò ancora una volta una predilezione particolare per il romanzo "giudiziario".
I critici dell'epoca segnalarono, a questo proposito, la relazione esistente con il romanzo inglese "a sorpresa", i cui elementi salienti erano costituiti dalla rapidità dell'azione e dalle forti emozioni. Del resto la stessa E. era stata autrice di una versione dall'inglese, Il retaggio fatale (Gilberto Massenger) (Milano 1869), tratto dal romanzo Gilbert Massenger (London 1851) di Holmes Lee, pseudonimo della scrittrice Harriet Parr.
L'E. aveva mostrato abilità nella costruzione dell'intreccio già nella prima prova di quel genere, quando con L'affare Zappoli, una complessa vicenda processuale giocata tutta sul filo dell'incertezza, aveva saputo suscitare la morbosa curiosità dei lettori, che attendevano la pubblicazione di ogni puntata quasi fosse lo sviluppo di un processo vero, ricco di colpi di scena. Il suo merito fu quello di introdurre in Italia il genere della "detective fiction", già coltivato in Gran Bretagna da autori come Mary Elizabeth Braddon e William Wilkie Collins. Particolarmente vicina alla strategia narrativa di quest'ultimo fu quella adoperata dalla E. nel romanzo Chi rompe paga (Milano 1873). I limiti di questa produzione della E. sono da rintracciarsi in primo luogo nel suo indulgere nella descrizione di particolari di eccessiva crudezza, che mirano all'effetto; in secondo luogo, nell'aver puntato eccessivamente sulla ricchezza dell'intreccio, trascurando sia un attento studio dell'ambiente in cui i fatti si svolgono, sia un approfondimento dei tratti psicologici dei singoli personaggi.
Nella Nuova Antologia la E. ripropose nel 1874 uno dei suoi primi racconti, Pia de' Monteroni (maggio-giugno 1874), e l'anno successivo Il matrimonio di Cesarina (maggio-giugno 1875), firmandoli ancora con lo pseudonimo di Ludovico De Rosa. Dal 1877 si firmò Luisa Saredo, pubblicando il giovanile Stella (marzo 1877) e gli inediti I parenti di Natalia (1º e 16 ottobre, 1º nov. 1878), La successione di Fabio Piermarini (1º e 16 luglio, 1º ag. 1879), Chi era sir Everardo (16 apr. 1880), Gilda (16 giugno 1880), Il Nettunno (1º apr. 1881), La villa dei pampini (16 agosto e 1º sett. 1882) e Tornata al secolo (1º e 16 maggio, 1º giugno 1883).
Nella stessa rivista essa presentò i risultati degli studi storici compiuti valendosi dell'esame di preziosi documenti inediti dell'Archivio del Regno e della Biblioteca reale di Torino. Nei suoi lavori l'aderenza alla verità storica è spesso inficiata dall'obiettivo di esaltare alcuni valori morali e sociali, traducendosi in una ingenua contrapposizione di modelli positivi e negativi. La stessa - quasi costante - scelta di personaggi femminili come protagonisti della narrazione storica è determinata dalla loro potenzialità romanzesca. Il matrimonio di Vittorio Amedeo II (1º maggio 1885, pp. 26-58) e La regina Anna di Savoia (Torino 1887) mostrano come l'E. si riallacciasse tardivamente alla lezione romantica, secondo cui la narrazione storica doveva essere strumento di propaganda civile e patriottica: ma in lei tale impegno finiva per diventare opera di celebrazione della dinastia sabauda che aveva realizzato l'obiettivo dell'Unità nazionale.
Negli ultimi anni, malata, l'E. abbandonò l'attività letteraria. Morì a Roma il 12 dic. 1896.
Oltre agli scritti già citati, ricordiamo: Un matrimonio di convenienza, Firenze 1871, Il segreto di Claudio Adriani, Milano 1873; L'erede del signor Acerbi, ibid. 1874, Cesarino, ibid. 1875; Il marito di Livia, ibid. 1878; La principessa Carlotta d'Inghilterra, in Nuova Antologia, 16 maggio 1884, pp. 219 ss., Melania di Metternich, ibid., 1º ag. 1884, pp. 411 ss.; Enrichetta d'Inghilterra, duchessa d'Orléans, ibid., 1º ott. 1885, pp. 426-464; La Repubblica di Genova e la famiglia di Vittorio Amedeo II, ibid., 16 ott. 1887, pp. 605 ss.
Fonti e Bibl.: "Chi rompe paga" di Ludovico De Rosa, in Gazzetta piemontese, 14 luglio 1873; O. Greco, Bibliobiografia femminile ital. del XIX secolo, Venezia 1875, pp. 188 s.; A. De Gubernatis, Dizion. biografico degli scrittori contemp., Firenze 1879, p. 1248; P. Zincada, Bibliografia generale ital., Firenze 1887, p. 292; G. Carloni, Dall'Arno al Tebro, Pistoia 1890, pp. 71 s.; A. De Gubernatis, Piccolo dizionario…, Roma 1895, pp. 806 s.; C. Catanzaro, La donna ital. nelle scienze e nelle lettere e nelle arti, Firenze 1899, pp. 178 s.; A. Casaccia, G. Saredo, Savona 1932, pp. 19-34; S. Tassinari, G. Saredo. Cenni biografici, Savona 1966, pp. 8-10; C. Villani, Stelle femminili, dizionario biobibliografico, Napoli-Roma-Milano 1915, pp. 623 s.; Enc. biogr. e bibl. ital., M. Bandini Buti, Poetesse e scrittrici, II, pp. 214 s.