MINGUZZI, Luisa
– Nacque a Ravenna il 21 giugno 1852 da Michele e da Clara Randi.
La famiglia, di umili condizioni, l’avviò presto al mestiere di sarta. Verso la fine degli anni Sessanta si unì a Francesco Pezzi, giovane contabile della Cassa di risparmio di Ravenna, un legame destinato a durare tutta la vita e probabilmente ufficializzato dal matrimonio prima del 1874. Li accomunava la passione politica, che la M. – indicata talvolta con il nome di Luigia e comunemente soprannominata Gigia – sviluppò militando al fianco di Pezzi nella prima sezione internazionalista della città (nata nel 1871), dove ebbe modo di conoscere E. Malatesta, C. Cafiero e A. Costa. Quando, nella conferenza di Rimini dell’agosto 1872, gli internazionalisti italiani ruppero con la dirigenza marxista dell’Internazionale e si schierarono con i dissidenti anarchici di M. Bakunin, anche la M., con l’inseparabile Pezzi, abbracciò gli ideali insurrezionali dell’Internazionale anarchica.
Poco si sa della sua attività ravennate tra il 1872 e il 1874, se non che la polizia attribuì a lei la fondazione del circolo anarchico femminile Louise Michel, avvenuta nel 1873, la prima aggregazione politica di donne della città. Si allontanò da Ravenna alla fine del 1874, dopo il fallimento del tentativo insurrezionale che nei piani di Cafiero, Malatesta e Costa sarebbe dovuto scoppiare su tutto il territorio nazionale nell’estate di quell’anno e che invece si concluse con l’arresto dei pochi anarchici che vi aderirono. La M. raggiunse Pezzi in Svizzera, dove questi era fuggito per sottrarsi alla cattura.
Durante la latitanza a Lugano, dove vivevano del lavoro di sarta di lei e delle lezioni private di contabilità di lui, i due consolidarono il legame politico con Cafiero, l’unico dirigente anarchico rimasto in libertà dopo i moti del 1874. Con lui concordarono un nuovo progetto rivoluzionario, per promuovere il quale rientrarono clandestini in Italia verso la fine del 1875. Si stabilirono a Firenze, dove condivisero l’abitazione con la famiglia di F. Natta. Qui vissero, all’insaputa della polizia fino al 1876, quando Pezzi – al pari della maggioranza degli anarchici arrestati per i fatti del 1874 – venne assolto dall’accusa di attentato contro lo Stato nel processo di Bologna contro A. Costa e compagni. Nel capoluogo toscano, ormai città guida dell’Internazionale italiana, la M. maturò la propria esperienza politica, concentrandosi sui problemi delle lavoratrici. Per alcuni anni diresse la sezione femminile internazionalista di Firenze (che ebbe una cinquantina di iscritte e raccolse un ampio consenso fra le combattive operaie della Manifattura dei tabacchi), di cui aveva promosso la ricostituzione insieme con Caterina Serafini e con le sorelle Annunziata e Serafina Frittelli.
Nel 1876 fu autrice di un importante manifesto indirizzato dalla sezione a tutte le operaie d’Italia e pubblicato in La Plebe di Milano il 16 ottobre: invocando la dignità femminile, il testo sollecitava le lavoratrici ad aderire all’Internazionale, a rivendicare i frutti del proprio lavoro e a battersi non solo contro i privilegi ma anche contro i pregiudizi e l’ignoranza che umiliavano le donne. Con l’appello alle operaie in nome della loro identità di lavoratrici e di donne, lo scritto della M. rappresentò in assoluto uno dei primi e più significativi contributi alla nascita del movimento femminile italiano di ispirazione socialista.
All’indomani del congresso di Firenze-Tosi dell’ottobre 1876, nel quale gli anarchici decisero di dare vita a una nuova impresa rivoluzionaria nel Sud, la M. si trasferì a Napoli insieme con Pezzi, Cafiero e Grassi. Qui si impegnò nella sezione femminile napoletana e collaborò con gli altri ai preparativi dei moti di San Lupo previsti per la primavera, ma – ritenuta pericolosa dalla polizia in seguito all’arresto di Pezzi per una rissa tra internazionalisti – fu allontanata da Napoli alla vigilia dell’insurrezione. Con Pezzi si diresse nuovamente a Lugano, dove si ritrovò con i compagni sfuggiti agli arresti del 1877. Tra di essi A. Costa, che probabilmente proprio nella sua abitazione conobbe la giovane Anna Kuliscioff (Anna Rosenstein), una coppia alla quale la M. sarebbe stata legata da lunga amicizia.
Rientrata a Firenze nella primavera del 1878 insieme con Pezzi, riprese l’attività cospirativa e tornò alla guida della sezione femminile. Attiva propagandista, partecipò a numerosi raduni anarchici nelle campagne di Firenze, talvolta con il ruolo di oratrice (nella frazione di Marignolle fu lei a celebrare il 14° anniversario di fondazione dell’Internazionale). Ai primi di ottobre fu arrestata insieme con Pezzi ed altri dirigenti, tra cui la Kuliscioff che, giunta a Firenze da tre giorni, alloggiava in casa Pezzi-Natta. In carcere, dove rimase più di un anno in attesa del processo, la M. era solita ostentare un’allegra spavalderia, cantando, ridendo e facendo propaganda all’Internazionale tra le guardie carcerarie. Nel processo del novembre 1879 fu assolta, con tutti i compagni, dall’accusa di cospirazione contro lo Stato. Rimase sorpresa e delusa dalla pubblicazione della lettera Ai miei amici di Romagna, con la quale Costa nel 1879 prese le distanze dal passato anarchico e si avvicinò alle teorie marxiste. Per qualche anno continuò a sperare in una conciliazione, sforzandosi di riorganizzare, insieme con Pezzi, le sempre più disperse file anarchiche. Ma dalla fine del 1883, con il ritorno di Malatesta a Firenze, si schierò definitivamente con lui e con la sua intransigenza rivoluzionaria, condividendone i progetti scissionistici e rompendo l’amicizia con Costa e la Kuliscioff. Insieme con Pezzi e Malatesta si recò a Napoli nel settembre 1884 per soccorrere le vittime del colera, proprio mentre si svolgeva a Firenze il processo per reato di stampa contro di lei e altri dirigenti anarchici. Dopo la sentenza definitiva di condanna, attesa a Marsiglia, la M., Pezzi, Malatesta, Natta e M. Palla si imbarcarono per Buenos Aires, dove furono segnalati dalla polizia locale nella primavera del 1885 e dove si ritrovarono con numerosi altri anarchici latitanti.
In Argentina si fermarono fino al settembre 1889. Alla diminuita tensione politica la M. accompagnò una significativa svolta nella sua vita privata: la relazione sentimentale con Malatesta che le fu attribuita l’allontanò infatti per la prima volta da Pezzi. Non riuscendo a uniformarsi alle teorie del libero amore che pure aveva predicato in passato, questi non nascose la propria insofferenza per la situazione, specie dopo il ritorno in Europa, quando lui e la M. si stabilirono nell’abitazione di Malatesta a Londra. La convivenza gli riuscì tanto insopportabile che nel gennaio 1890 tornò, solo, in Italia (usufruendo dell’amnistia del 1887). La separazione tra la M. e Pezzi nasceva anche da divergenze ideologiche: mentre in lui crescevano i dubbi sulla linea «illegalista» dell’anarchismo, destinata a sfociare negli attentati terroristici che di lì a poco avrebbero insanguinato l’Europa, la M. radicalizzò invece le proprie convinzioni, mantenendo, al pari di Malatesta, una posizione ambivalente nei confronti delle frange più «individualiste» del movimento e delle loro derive delinquenziali.
Nel gennaio 1891 la M. lasciò Londra per partecipare, insieme con Malatesta, al congresso di Capolago, in Svizzera, dove venne decisa la costituzione di una Federazione anarchica internazionale. Fu anche proposto un nuovo tentativo insurrezionale e la M., con L. Galleani, A. Cipriani e pochi altri, tornò in Italia per seguirne le sorti e per lavorare alla riorganizzazione del movimento anarchico. Andò a vivere a Firenze, dove si riunì a Pezzi, con il quale non si era mai spento il rapporto affettivo, mentre a Malatesta la legava ormai un vincolo di natura solo politica. Nonostante il ritrovato attivismo (nel 1891 fu tra i condannati per le manifestazioni del Primo Maggio a Firenze), la M. dovette constatare il fallimento dei propositi di Capolago e il progressivo cedimento dell’anarchismo al Partito socialista, fondato nel 1892. Benché sempre più appartati e delusi dalla politica, nel 1894 i Pezzi furono arrestati con l’accusa di complicità nell’attentato dell’anarchico P. Lega al presidente del Consiglio F. Crispi. Dopo un anno di carcere, nel processo del novembre 1895 furono assolti ma, considerati pericolosi, furono inviati al domicilio coatto: Pezzi a Ustica e la M. a Orbetello. Prosciolti dopo quasi due anni, tornarono a Firenze. Qui la M., malata e afflitta da una quasi totale cecità, trascorse gli ultimi anni della sua vita.
Morì a Firenze il 13 marzo 1911.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, Fascicoli personali, Luigia Minguzzi; F. Pezzi; Archivio Crispi, f. 651; Arch. di Stato di Bologna, Procedimento contro A. Costa e compagni (bb. 3, 5); Arch. di Stato di Firenze, Tribunale penale, Processi risolti con sentenza, anno 1879, p. 882; anno 1880, p. 437; anno 1886, p. 692; Questura di Firenze, Carte di polizia, pp. 4, 6; Imola, Biblioteca comunale, Carte Costa, 15 nov. 1878, 16 dic. 1878, 14 febbr. 1879 (Anna Kuliscioff a Marietta Focaccia); 22 nov. 1884 (A. Mazzanti a T. Corradini Ginanni); Roma, Arch. storico diplomatico del Ministero degli Affari esteri, Polizia internazionale, bb. 8, 39; C. Monticelli, Pagine di storia socialista: L. P., in Avanti!, 23 marzo 1911, p. 3; L. Rafanelli, Ricordando una donna, in Umanità nova, 26-27 febbr. 1920, p. 5; F. Pezzi, Lettere ad A. Costa e A. Kuliscioff, a cura di G. Bosio, in Movimento operaio e socialista, XIII (1967), 1; E. Conti, Le origini del socialismo a Firenze (1860-1880), Roma 1950, ad ind.; A. Romano, Storia del movimento socialista in Italia, 2, L’egemonia borghese e la rivolta libertaria 1871-1882, Bari 1966, pp. 569 ss.; 3, Testi e documenti 1861-1882, Bari 1967, p. 399; P.C. Masini, Storia degli anarchici italiani. Da Bakunin a Malatesta, Milano 1969; G. Berti, Errico Malatesta e il movimento anarchico e internazionale (1872-1932), Milano 2003; C. Bassi Angelini, Amore e anarchia. Francesco Pezzi e L. M., due ravennati nella seconda metà dell’Ottocento, Ravenna 2004; L. Di Lembo, M., Maria L., in Diz. biografico degli anarchici italiani, II, Pisa 2004, pp. 188-190.
C. Bassi Angelini