RIVA SANSEVERINO, Luisa
RIVA SANSEVERINO, Luisa. – Nacque a La Spezia il 26 marzo 1903 dal conte Lodovico, di antica nobiltà emiliana, generale dell’esercito, e da Raffaella Ruffini.
Trascorse l’infanzia a Roma, dove avvenne tutto il suo processo di formazione. Manifestò ben presto uno spirito d’indipendenza che mise in pratica affermandosi sul piano professionale ed emancipandosi dalla famiglia.
Si laureò nel 1925 in giurisprudenza alla Regia Università di Roma con una tesi sul contratto collettivo discussa con Cesare Vivante; l’anno successivo conseguì la laurea in scienze politiche. Nel 1930 divenne assistente presso l’Istituto di diritto pubblico, e nel 1932 conseguì la libera docenza in legislazione del lavoro.
La prima tappa accademica fu costituita dall’Università di Sassari nel 1934, in virtù della vittoria nel concorso per la cattedra di diritto corporativo. Nel 1941 venne chiamata all’Università di Pisa.
L’inserimento dell’unica giuslavorista nel circuito corporativo avvenne attraverso il canale di Confindustria, dove si formò in età giovanile. Nell’ambito di quell’organizzazione conobbe Emilio Gilardi, di ventitré anni più anziano, che sposò nel 1957 dopo una lunghissima convivenza. Gilardi, tornato in Italia dopo essere emigrato in Germania in seguito al suicidio del padre alla fine dell’Ottocento, aveva lavorato a Firenze al Nuovo Giornale e negli anni Trenta era stato assunto in Confindustria come capo dell’ufficio esteri.
La Confindustria di Gilardi diventò anche il mondo di Riva Sanseverino, dalla collaborazione con Giovanni Balella alla frequentazione con Angiolo Cabrini, la memoria storica della legislazione sociale in Italia.
Riva Sanseverino fu soprattutto una giurista che prese sul serio la legislazione del lavoro, che vide nel corporativismo nulla più della cornice istituzionale del contratto di lavoro. Può essere considerata la continuatrice della tradizione liberale in materia di contratto di lavoro interpretato secondo il diritto vigente; una giuslavorista, più che una corporativista, che costruì la sua autorevolezza proprio nelle contraddizioni irrisolte del rapporto tra diritto del lavoro e diritto corporativo.
Riuscì a proseguire un suo autonomo discorso giuslavoristico proprio nella piena accettazione del corporativismo come diritto vigente, quale momento giuridico presente collegato a un processo storico. Lo studio sulle norme corporative, nel Trattato di diritto corporativo diretto da Giuseppe Chiarelli (Milano 1939), riportò il discorso corporativo sul piano del diritto del lavoro. Il metodo lavorista fu alla base delle sue prime monografie fondamentali per la consacrazione accademica: Salario minimo e salario corporativo (Roma 1931) e Il diritto di privativa nel contratto di lavoro (Roma 1932), frutto anche del confronto con Alberto Asquini.
Negli anni del fascismo tematizzò anche i profili giuridici del lavoro femminile, manifestando sensibilità per la discriminazione sessuale.
Nel 1941 il ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai la propose come rettrice dell’Accademia della Gioventù italiana del littorio (GIL) di Orvieto. L’incarico diventò effettivo soltanto l’anno successivo e si concluse nel settembre del 1943. In quel periodo l’attività didattica nell’Ateneo pisano fu limitata all’organizzazione del ciclo degli studi senza lo svolgimento di lezioni o conferenze.
Nel 1944 venne sospesa dal grado e dallo stipendio per essersi rifiutata di collaborare con la Repubblica sociale italiana di Salò. Nello stesso anno pagò un pesante riscatto per ottenere la liberazione del compagno Emilio Gilardi, caduto in una delle ultime retate nazifasciste.
Nel dopoguerra Riva Sanseverino fu tra i pochissimi docenti non toccati dalla grande epurazione che colpì i giuristi del lavoro. La sua scelta per l’insegnamento universitario non subì incrinature; fuori dall’ambito accademico ebbe incarichi per la redazione di pareri stragiudiziali e svolse consulenze di alto prestigio, tanto da essere per oltre un decennio annoverata come consulente dell’ambasciata americana.
Divenne parte attiva nel dibattito sulla transizione verso il nuovo ordine costituzionale. Senza la necessità di dover rettificare posizioni del passato e con l’ansia di riempire il vuoto lasciato dall’abrogazione del sistema corporativo, ripensò le prospettive del contratto collettivo nel contesto democratico in itinere, cercando le risposte nella storia del movimento sindacale. Nel metodo di Riva Sanseverino non vi fu alcuna concessione alla storia come premessa erudita: la storia del movimento sindacale rappresentò piuttosto un sapere di partenza del giuslavorista onde risolvere i problemi del diritto con il diritto.
In questa fase di ripensamento della materia, pubblicò un’opera per certi versi sorprendente: Il movimento sindacale cristiano dal 1850 al 1939 (Roma 1950), una corposa monografia scritta secondo i canoni della storia generale senza richiami forzati al contesto giuridico.
Come era accaduto negli anni del corporativismo, interrogò la storia del sindacalismo cattolico per relativizzare il presente, onde cogliere il senso di una traiettoria su cui edificare soluzioni tecniche, senza suggestioni ideologiche a livello personale. Nel dopoguerra continuò a vivere infatti con laica naturalezza la sua condizione irregolare di compagna di un uomo sposato e reagì con fermezza protofemminista alla proposta di un commento adesivo alla validità della clausola di nubilato, che prevedeva la possibilità di licenziamento delle donne per sopravvenuto matrimonio, come ricorderà il suo allievo Giuseppe Pera. Questi occupò un ruolo importante nella vita di Riva Sanseverino. Dallo svolgimento del corso di diritto del lavoro, nel 1951, nacque e si consolidò un rapporto profondissimo tra maestra e allievo poi rievocato da Pera nella categoria affettiva del rapporto che si può creare implicitamente tra una maestra senza figli e l’allievo che ha perso la madre da bambino.
Negli anni Cinquanta continuò a essere un’anomalia femminile nel mondo accademico: il 9 settembre 1953 La Nuova Stampa, nell’articolo Perché la toga del giudice è proibita alle donne?, registrò appena tre presenze femminili nelle facoltà di giurisprudenza, tra cui appunto Riva Sanseverino, ordinario di diritto del lavoro a Pisa.
In quegli anni fu una delle personalità chiave nella rifondazione della materia per la qualità della circolazione dei suoi scritti e per l’enorme peso nel reclutamento delle nuove generazioni di giuslavoristi derivante dall’essere titolare di una delle poche cattedre di diritto del lavoro.
Sul piano teorico si schierò con la linea privatistica senza proclami, continuando il suo percorso scientifico fondato sulla centralità del contratto di lavoro e tenendosi lontana da ogni suggestione pubblicistica che avrebbe consentito un collegamento con il corporativismo.
Nel 1966 venne chiamata alla cattedra di diritto del lavoro e legislazione sociale alla Statale di Milano, dove creò l’Istituto di diritto del lavoro sulla base della sua grande esperienza organizzativa e della costante attenzione alla formazione delle nuove generazioni di studiosi. In quegli anni dimostrò grandi capacità di dialogo con la giuslavoristica orientata a sinistra, sia a livello nazionale sia all’interno dell’Istituto. Nell’autunno caldo del 1969 avvenne l’incontro in sede di esame con Pietro Ichino, il suo ultimo allievo diretto.
Tra il 1971 e il 1975 diresse con Giuliano Mazzoni il Nuovo trattato di diritto del lavoro. Dopo il collocamento a riposo, nel 1973, continuò la sua attività scientifica, aggiornando con rigore i manuali didattici.
Sino agli ultimi anni di vita mantenne la passione per i lunghi viaggi alla ricerca della natura incontaminata: poco prima di compiere ottant’anni, trascorse in tenda una vacanza in Mongolia.
Morì a Roma l’11 gennaio 1985.
Fonti e Bibl.: G. Pera, Luisa Gilardi R. S. La Maestra e il programma, in Rivista italiana di diritto del lavoro, I (1985), pp. 3-15 (poi in Scritti di Giuseppe Pera, I, Milano 2007, pp. 701-714); L. Castelvetri, Il diritto del lavoro delle origini, Milano 1994, passim; G. Cazzetta, Scienza giuridica e trasformazioni sociali. Diritto e lavoro in Italia tra Otto e Novecento, Milano 2007, passim; R. Del Punta et al., Il diritto del lavoro nell’Italia repubblicana. Teorie e vicende dei giuslavoristi dalla Liberazione al nuovo secolo, a cura di P. Ichino, Milano 2008, passim; F. Tacchi, Eva togata. Donne e professioni giuridiche in Italia dall’Unità a oggi, Torino 2009, pp. 64, 67, 75 s.; C. Giorgi, R. S., L., in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), diretto da I. Birocchi - E. Cortese - A. Mattone - M.N. Miletti, II, Bologna 2013, p. 1697; P. Ichino, Una donna libera: ricordo di Luisa Gilardi R. S., in Rivista italiana di diritto del lavoro, XXXV (2016), 1, pp. 3-10.