lungamente (lungiamente)
La seconda delle due forme, più vicina al provenzale lonjamen e all'antico francese longement, è stata adottata (cfr. anche Barbi, Introduzione alla Vita Nuova, p. CCXC) in Vn XXVII 2 e 3 1, Rime L 8, Cv IV Le dolci rime 31, oltre che nella doppia citazione dell'incipit di Guido delle Colonne (VE I XII 2, II V 4) e in Fiore XXXV 1; la prima nelle altre occorrenze. Peraltro i manoscritti danteschi e di autori coevi o anteriori presentano notevoli varietà morfologiche (longamente, longiamente, ecc.). Caratteristica la sua costante collocazione nel primo emistichio o all'inizio del verso.
Per la costituzione del testo si è discusso se nel passo relativo al lungo criptocristianesimo di Stazio (per paura chiuso cristian fu'mi, / lungamente mostrando paganesmo, Pg XXII 91), l'avverbio sia da riferire a fu'mi o a mostrando, e quindi se una virgola deve seguirlo o precederlo. Per quanto per la prima soluzione si siano pronunziati commenti autorevoli (Casini-Barbi, Grabher), tuttavia solo la seconda sembra possibile, perché è normale nell'uso poetico di D. e prevalente nei rimatori coevi che l. anticipi il verbo; cfr. anche la '21 e l'ediz. Petrocchi, che hanno la virgola dopo fu'mi, mentre il Casella la sopprime.
Il primo impiego di l. deriva a D. dalla lirica siculo-toscana, che sottolinea spesso con questo avverbio, o con ‛ lontanamente ' (Chiaro Talento aggio 9 " come lontanamente / in voi ho disiato "; Monte Lontanamente, donna, servidore), la lunga durata dell'amore e la conseguente sofferenza. A parte l'incipit di Guido delle Colonne Amor, che lungiamente m'hai menato, citato, come si è detto, due volte nel De vulg. Eloq., D. può aver recepito un altro inizio del prediletto rimatore siciliano (" La... pena e lo gravoso afanno / c'ho lungiamente per amor patuto ": cfr. La mia gran pena 2), o Tomaso di Sasso D'amoroso paese 49 " Poi che sì lungiamente / aggio amato ", o il Notaro Madonna mia 3 " lungiamente amando ", o Chiaro La mia disiderosa 38 " Tant'è la spene e lo disio e 'l talento / che lungiamente d'amor ho portato " o altri stilemi.
Di essi si sente l'eco immediata nella stanza di canzone di Vn XXVII Sì lungiamente m'ha tenuto Amore (3 1), in cui però dall'avverbio introduttivo, cioè dalla lunga durata della signoria d'Amore, si sviluppa il tema centrale del componimento, una nuova dolcezza subentrata al tormento dei primi tempi; e in Rime L 8 (né dentro i' sento tanto di valore / che lungiamente i' possa far difesa) e XCI 3 (Io sento si d'Amor la gran possanza, / ch'io non posso durare / lungamente a soffrire), che al contrario insistono sull'impossibilità, al limite delle forze umane, di una più lunga sofferenza: un motivo che probabilmente D. deve allo stesso Guido delle Colonne.
Nel D. maturo si riscontra un'analoga disposizione a sottolineare con lo stesso avverbio un sentimento angoscioso appunto perché persistente, ma ora sul piano religioso: è il gran digiuno / che lungamente m'ha tenuto in fame (Pd XIX 26), relativo alla legittimità della condanna dei non cristiani, il dubbio che m'è digiun cotanto vecchio (v. 33) e di cui, gli dice l'aquila, facei question cotanto crebra (v. 69). Si può osservare che una conferma di questa così esplicita confessione del poeta è nella stessa dimensione che il problema del destino eterno delle anime, indipendentemente dalle responsabilità personali, assume in tutto il poema: dal dolore per la condanna degli spiriti magni (If IV 43 Gran duol mi prese al cor quando lo 'ntesi) alla perplessità sul vario grado di beatitudine dei bimbi (Pd XXXII 49 Or dubbi tu e dubitando sili); come dire dal principio alla fine dell'opera.
In tutti i passi citati l. indica un'azione contemporanea al verbo: vale quindi " per lungo tempo " e non " da molto tempo ", com'era pur nell'uso dell'epoca (cfr., ad esempio, il Notaro Ben m'è venuto 37 " Sì lungiamente - orgoglio m'ha in bailia "). Nello stesso senso è adoperato nelle altre occorrenze (Cv I X 1 e 3, XI 5, IV le dolci rime 31, III 8, VII 4, If XVI 64, fiore XXXV 1).