lusinga
Lusinghe vengono chiamate le colpe degli adulatori puniti nella seconda bolgia dell'ottavo cerchio (If XI 58); e infatti, Alessio Interminelli dichiara (XVIII 125): Qua giù m'hanno sommerso le lusinghe / ond'io non ebbi mai la lingua stucca: " Nullum sermonem sciebat facere, quem non condiret oleo adulationis; omnes ungebat, omnes lingebat, etiam vilissimos et mercenarios famulos " (Benvenuto).
Con valore assai vicino a questo, l. ricorre in Fiore L 11 si diè on menare / il su' nemico, insin che si' al giubbetto, / co le lusinghe, e LXV 1 Sovr'ogne cosa pensa di lusinghe, / lodando sua maniera e sua fazzone.
L. vale anche " atto o parole piacevole ", " adulazione ", non necessariamente negativa: cfr. Pg I 92 se donna del ciel ti move e regge / ... non c'è mestier lusinghe: / bastisi ben che per lei mi richegge.
In Cv II VII 11 parole di lusinghe sono quelle che il pensiero nuovo argomenta (ragiona) dinanzi all'amore intelligibile (distinto dall'amore sensibile) al fine di vincerlo promettendogli la visione degli occhi della sua donna.
Il termine ricorre anche in Cv IV XXIV 14, in un passo incerto quanto alla lezione, presentato come traduzione da Salomone (Prov. 1, 10-11): Non ti possano quello fare di lusinghe né di diletto li peccatori, che tu vadi con loro; ma " è chiaro che le parole di Dante riferiscono il testo biblico a senso e con notevoli omissioni " (Busnelli-Vandelli; cfr. tutta la nota ad l.). Comunque, l. vale qui " allettamenti ingannevoli ".