Lutero e il luteranesimo
La fine dell’unità religiosa della Chiesa d’Occidente
Martin Lutero era un monaco tedesco che nella prima metà del 16° secolo, a cavallo tra il Medioevo e l’età moderna, mise in moto un grande processo religioso e culturale, poi chiamato Riforma protestante. Nel giro di circa cinquant’anni, dal 1517, anno in cui affisse alla porta della chiesa di Wittenberg le celebri 95 tesi, al 1563, anno di chiusura del Concilio di Trento, Lutero cambiò il volto religioso dell’Europa e, in prospettiva, di tutto l’Occidente cristiano
Lutero era nato a Eisleben, in Turingia, nel 1483 e apparteneva all’ordine degli agostiniani eremiti. Egli non aveva all’origine nessun proposito o programma riformatore, era semplicemente un monaco dedito ai suoi doveri religiosi e professionali: laureatosi in scienze bibliche nel 1512, insegnò per tutta la vita Sacra Scrittura nella neonata università di Wittenberg.
Studiando a fondo la Bibbia e scavando nel suo messaggio Lutero scoprì quello che chiamò «l’Evangelo», cioè l’annunzio della grazia di Dio immeritata e incondizionata per l’uomo peccatore (ogni uomo lo è). Dio è giusto – dice la Bibbia – non nel senso che fa giustizia (premia cioè i buoni e punisce i cattivi), ma nel senso che dà la giustizia a chi non l’ha (rende cioè giusti i peccatori), per poter fare misericordia a tutti. Questo messaggio, in sé molto semplice, liberò tante coscienze tormentate dall’idea del loro peccato e inquiete circa il loro destino eterno.
Alla Chiesa del tempo il discorso di Lutero non piacque soprattutto per queste due ragioni: la prima è che, liberando le coscienze dal peso del peccato grazie al perdono divino gratuito per sola fede, Lutero sottraeva i credenti al controllo esercitato dall’istituzione ecclesiastica attraverso il confessionale; la seconda è che, con la dottrina del sacerdozio universale dei credenti (secondo la quale tutti i cristiani sono sacerdoti in virtù del battesimo), Lutero emancipava i laici dalla subordinazione al clero e li rendeva protagonisti della vita cristiana nella dimensione pubblica.
Una delle opere più importanti di Lutero, che divenne il manifesto programmatico dell’intera Riforma, è intitolata appunto La libertà del cristiano (1520). La Riforma è stata, sotto molti profili, un vasto movimento di emancipazione religiosa e culturale, e quindi molto di più di una semplice riforma.
Lutero fu scomunicato come eretico dalla Chiesa di Roma (gennaio 1521) e poco dopo, avendo rifiutato di ritrattare davanti al parlamento imperiale (Dieta) di Worms, fu messo al bando dall’impero di Carlo V. La scomunica e il bando furono il primo passo, decisivo, verso la rottura dell’unità della Chiesa d’Occidente, ma non poterono impedire alla Riforma di farsi strada tanto fra il popolo quanto fra teologi e uomini di governo, e di affermarsi in quasi tutti i paesi d’Europa: in alcuni sostituì il cattolicesimo come religione di Stato (in Scandinavia, nella regione del Baltico, in diversi cantoni svizzeri, in Alsazia e in Scozia), in altri divenne una cospicua presenza (in Francia, nei Paesi Bassi e in Ungheria), in altri ancora una esigua minoranza perseguitata (in Italia e nella Penisola Iberica).
Dopo la scomunica Lutero abbandonò la vita monastica, avendo maturato la convinzione che il cristiano deve vivere la sua vocazione nella società e non in convento: lo scritto I voti monastici (1521) contiene la sua critica del monachesimo. Nel 1525 sposò una ex suora, Caterina von Bora, da cui ebbe sei figli.
La vita di Lutero si svolse da allora lungo tre direttrici: l’insegnamento universitario, l’attività pastorale, l’elaborazione teologica. Frutto dell’insegnamento sono i suoi commenti ai libri della Bibbia, ai quali bisogna affiancare la sua traduzione della Bibbia largamente utilizzata ancora oggi e ritenuta pietra miliare nella storia della lingua tedesca.
Come pastore, Lutero ha predicato tutta la vita, ha scritto il Piccolo e il Grande catechismo (1529), decisivi per iniziare il popolo riformato alla conoscenza dei testi biblici ed evangelici, ha preparato una nuova liturgia (La Messa tedesca, 1526) e composto molti inni per il culto; egli, infatti, amava molto la musica, come pure l’arte e la natura.
La produzione teologica è iniziata pubblicamente con la Disputa sull’efficacia delle indulgenze (le famose 95 tesi, 1517) e proseguita in serrato dialogo critico con l’istituzione ecclesiastica romana (l’Appello alla nobiltà cristiana della nazione tedesca e La cattività babilonese della Chiesa, 1520), ma anche con altri avversari: gli anabattisti con la loro idea di una Chiesa santa, separata dal mondo corrotto e perduto (Contro i profeti celesti, 1525); il riformatore tedesco Thomas Münzer e la sua visione apocalittica e rivoluzionaria della storia in appoggio alla rivolta dei contadini che Lutero invece condannò (L’autorità secolare, 1523; Esortazione alla pace, 1525); Erasmo e la sua visione troppo razionalista, secondo Lutero, del rapporto tra Dio e l’uomo (Il servo arbitrio, 1525); il riformatore svizzero Huldreich Zwingli e la sua interpretazione simbolica della Cena del Signore o Eucaristia (Confessione sulla Cena, 1528); gli «epicurei» (come Lutero li chiama), cioè gli umanisti atei e libertini (Contro gli antinomisti, 1539); gli ebrei, sui quali Lutero ripeté i gravi pregiudizi tipici della tradizione cristiana antica e medievale (Gli ebrei e le loro menzogne, 1542).
Pur appartenendo per tanti versi al Medioevo, Lutero diede impulsi decisivi nella direzione della modernità. In particolare, favorì la nascita della ‘civiltà del lavoro’ caratteristica dell’Occidente moderno, affermando che la professione è l’ambito in cui il cristiano deve vivere la sua vocazione. Nello stesso tempo, Lutero preparò l’avvento dello Stato laico, sostenendo l’autonomia del potere civile da quello ecclesiastico, pur nella comune sottomissione al volere di Dio.
Sul piano dottrinale, il pensiero di Lutero può essere riassunto così: primato della Sacra Scrittura sulla tradizione e sul magistero ecclesiastico (sola Scriptura: la fede e la vita della Chiesa devono essere conformi al messaggio biblico); primato della grazia sul merito (sola gratia: la salvezza non dipende dai nostri sforzi morali o dalle nostre prestazioni religiose, ma è dono gratuito di Dio); primato della fede sulle opere (sola fides: la salvezza è «per fede soltanto» nel senso che le opere sono, sì, fondamentali – «la fede è operaia» diceva Lutero – ma per aiutare il prossimo, non per salvare chi le compie); centralità di Gesù Cristo nella vita del cristiano (solus Christus: è lui l’unico mediatore tra Dio e l’uomo, e quindi l’unico nome che la fede invoca).
Da questo messaggio nacque un nuovo modello di Chiesa cristiana, senza papa e, in larga misura, senza vescovi, quindi non più gerarchica ma assembleare, non più piramidale ma comunitaria, con una pietà essenziale centrata sulla lettura biblica e sulla preghiera, e un forte impegno a servire Dio nel mondo.
Il luteranesimo è una delle grandi confessioni cristiane, sparsa in tutto il mondo con oltre 70 milioni di fedeli. Ne fanno parte oltre 100 Chiese nazionali e regionali che si richiamano a Lutero e che oggi sono unite nella Federazione luterana mondiale, creata nel 1947. La base della loro fede è, come per tutte le Chiese protestanti, la Sacra Scrittura e, in posizione subordinata, la confessione di fede redatta da Filippo Melantone e presentata alla Dieta di Augusta nel 1530, e perciò detta Confessione augustana. Accanto a essa hanno particolare valore per la fede dei luterani gli Articoli di Smalcalda di Lutero (1537) e la Formula di concordia (1577). Con la nascita del luteranesimo (ufficialmente riconosciuto con la pace di Augusta del 1555) e del calvinismo (riconosciuto solo con la pace di Vestfalia del 1648), il cristianesimo occidentale divenne pluralista, anche se le tre confessioni (cattolica romana, luterana e calvinista) si contrapponevano l’una all’altra e solo nel Novecento iniziarono a dialogare tra loro grazie al movimento ecumenico (ecumenismo).
Nel 20° secolo il luteranesimo ha dato contributi importanti alla testimonianza cristiana nel mondo, con uomini come Nathan Söderblom, vescovo svedese pioniere del movimento ecumenico; Albert Schweitzer, premio Nobel per la Pace in piena guerra fredda (1952); Dietrich Bonhoeffer, pastore e martire del nazismo.