MA (gr. Μᾶ, con significato di madre)
Una delle forme locali della Grande Madre anatolica (v. cibele) adorata specialmente nelle due Comane: di Cappadocia e del Ponto. Per questo ha subito piuttosto l'influsso del tipo guerresco dell'Ishtar babilonese, anziché quello mistico tracio che si fece sentire sulla Grande Madre di Frigia. Al suo culto in Cappadocia presiedeva un sacerdote che veniva per dignità subito dopo il sovrano ed era scortato, durante le grandi pompe della dea, da una "guardia del corpo" di lancieri (hastiferi). Durante il parossismo mistico della festa i suoi sacerdoti, nerovestiti, si tagliuzzavano le membra con una bipenne, ne spruzzavano il sangue sui circostanti ed anche lo bevevano. Seguivano il suo corteggio, oltre gli hastiferi, i cistophori o portatori della cista sacra, e le canistrariae, portatrici di offerte.
I suoi seguaci sono in genere detti fanatici, epiteto passato a significare l'esagerazione del sentimento religioso. Forse suo proprio era il rito taurobolico (v'è tra gli addetti al suo culto una confraternita di βουκόλοι) che poi è passato nel culto di Cibele.
Per questo suo aspetto sanguinario la dea, introdotta in Roma da Silla, fu assimilata a Bellona (v.) e a Virtus; e, data la sua identità di origine con Cibele, fu messa con questa in relazione subordinata e ne seguiva la processione di marzo (dea pedisequa, ϑεά ἀκολουϑος). Nell'età imperiale venne messa in rapporto anche con Mithra e perciò fu anche a lei applicato l'epiteto di ἀνίκητος.
Bibl.: W. Drexler, in Roscher, Lexikon, II, p. 2215 segg.; F. Cumont, Les hastiferi de Bellone, in Compte-rendus Ac. Inscr., 1918, p. 312 segg.; W. Ensslin, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XIV, col. 77 segg.