MAC-MAHON, Marie-Edme-Patrice, duca di Magenta
Maresciallo di Francia, uomo di stato, nato a Sully il 13 giugno 1808 da famiglia originaria irlandese, morto a Parigi il 17 ottobre 1893. Dal grado di capitano a quello di generale di divisione, fu ininterrottamente in Algeria, dove acquistò fama di eccellente coloniale. Nel 1855 fu inviato a comandare una divisione in Crimea, dove guidò i Francesi alla presa di Malakov, preambolo della presa di Sebastopoli. Senatore l'anno seguente, fu tra i pochissimi che votarono contro le leggi eccezionali di polizia volute da Napoleone III dopo l'attentato di F. Orsini. Nel 1858 governatore generale dell'Algeria ebbe l'anno seguente il comando del II corpo d'armata per la campagna d'Italia. Il 4 giugno, con la sua avanzata lungo la sinistra del Ticino, determinò la sconfitta austriaca a Magenta; e Napoleone III gli conferì il bastone di maresciallo e il titolo di duca di Magenta. In un successivo lungo periodo (1864-70) nominato nuovamente governatore dell'Algeria, dovette affrontare in quella colonia gravi difficoltà di natura politica, e l'opinione pubblica francese giudicò la sua opera insufficiente. Dopo l'avvento al governo di È. Ollivier, capo del primo ministero liberale dell'impero, il M.-M. stava forse per essere sostituito con un governatore civile, quando, scoppiata la guerra del 1870, ebbe prima il comando del I corpo d'armata nell'Alsazia settentrionale, e subito dopo il comando superiore di tutte le truppe operanti in Alsazia. Battuto a Wörth e ritiratosi a traverso i Vosgi fino a Châlons (v. franco-prussiana, guerra) fu quivi messo a capo di una nuova armata (detta appunto di Châlons). Nel periodo operativo che immediatamente seguì, il M.-M. oscillò fra due tendenze, rappresentata l'una dall'imperatore rimasto, senza effettivo comando, presso l'armata di Châlons e che avrebbe voluto puntare in direzione di ovest per coprire la capitale; e l'altra rappresentata dal governo, che insisteva perché l'armata dí Châlons puntasse verso est e si congiungesse col maresciallo F.-A. Bazaine. Non essendosi fin dal principio risolto né per l'una né per l'altra soluzione, ne conseguirono oscillazioni di marcia, che sboccarono nel disastro di Sedan. Ferito dalle prime ore dell'azione, se non è a lui imputabile la deficiente condotta tattica di quella battaglia, egli ha indubbiamente la responsabilità della grave situazione strategica nella quale essa ebbe luogo. Fatto prigioniero con l'imperatore e con l'armata di Châlons, e liberato alla conclusione dell'armistizio, fu dal potere esecutivo (A. Thiers) incaricato del comando delle truppe del governo (armata di Versailles) con l'incarico di soffocare l'insurrezione comunarda di Parigi; scopo che il M.-M. raggiunse con due mesi di lotta.
Nelle successive competizioni interne sul problema del regime, gli elementi di destra fondarono sul M.-M. speranze di restaurazione della monarchia. Ma ogni progetto di ritorno alla forma monarchica doveva naufragare, non solo per i contrasti fra i tre pretendenti (Borbone del ramo primogenito, Borbone-Orléans e Bonaparte) ma anche per la rettitudine del M.-M., il quale, avendo accettato la carica di capo dello stato (marzo 1873) non volle venir meno al giuramento prestato alla costituzione repubblicana. In preda ai partiti, il M.-M. si trovò in continuo contrasto fra le proprie personali tendenze verso il conservatorismo e l'opinione pubblica, che sotto la guida di uomini come L. Gambetta, voleva il consolidamento della repubblica. Dopo aver lottato a lungo contro gli uomini della sinistra, consentì a un esperimento di ministero democratico (Jules Simon), ma poi si volse nuovamente a destra (A. de Broglie) sostenendo un ministero extra-parlamentare. La sinistra dichiarò guerra aperta al M.-M., che parve dapprima deciso a compiere, a ogni costo, il settennato per non apparire un disertore; ma poi finì col ritirarsi, dopo meno di sei anni di potere presidenziale (gennaio 1879).