AGRICOLE, MACCHINE
(I, p. 946; App. III, I, p. 48; IV, I, p. 60)
In Italia, dopo una frenetica e spesso irrazionale corsa alla meccanizzazione delle campagne, durata qualche decennio, si assiste, negli ultimi tempi, a una fase di calo. I dati relativi alle immatricolazioni delle m. a. semoventi, riportati nella tab. 1, registrano infatti dal 1979 al 1989 una continua flessione annua per quasi tutte le categorie di macchine. Le cause di tale tendenza, tralasciando quelle di ordine economico-sociale, quali per es. la diminuzione del numero degli addetti nel settore, il prezzo del petrolio e quello delle materie prime, ecc., sono fondamentalmente due: l'aumento della potenza media unitaria installata sulle m. a.; il grado sempre più elevato di saturazione dell'attività delle m. a. in rapporto alla superficie agraria utilizzata. Tuttavia è da evidenziare l'accenno di ripresa d'interesse per la meccanizzazione agricola a livello sia nazionale che europeo e internazionale verificatosi nel 1987. L'esigenza di un rinnovo tecnologico e l'adozione di nuovi sistemi di meccanizzazione pare possano risentire dei risultati ottenuti nel settore biotecnologico agricolo, che comportano un'evoluzione delle strutture agricole e agroindustriali.
Sempre più interessanti e più estese si sono rivelate nell'ultimo decennio, nel campo sia nazionale che estero, la ricerca, la sperimentazione e l'applicazione nei vari settori dello sviluppo tecnologico relativo alla costruzione delle m. a.: dall'impiego dell'elettronica alle metodologie del risparmio energetico, dall'informatica alla robotica, dai sistemi idrodinamici agli apprestamenti antinfortunistici.
Trattrici agricole. - Dalla tab. 2 si rileva come la potenza media installata sulle trattrici immatricolate in Italia dal 1965 al 1989 sia passata da 40,55 CV a 69,13 CV per le trattrici a ruote e da 42,84 CV a 69,98 CV per quelle a cingoli, con aumenti rispettivamente del 70,5% e del 63,4%. Tale incremento trova giustificazione nel fatto che la trattrice, un tempo concepita come semplice m. a. di trazione, col diffondersi delle varie m. a. operatrici azionate dalla presa di potenza, ha dovuto adeguare la sua potenza disponibile a esigenze sempre più gravose. Era naturale poi che la razionale utilizzazione delle maggiori potenze installate richiedesse, per talune operazioni, velocità e larghezze di lavoro sempre crescenti, a beneficio della capacità oraria di lavoro delle macchine. In questo periodo evolutivo si è quindi evidenziata sempre più l'esigenza di orientare le direttive tecnico-costruttive delle m. a. motrici in relazione alle caratteristiche delle m. a. operatrici e viceversa, stabilendo pertanto un rapporto di mutuo adattamento che non poteva a sua volta non tenere conto dei parametri che caratterizzano l'ambiente in cui il binomio motrice-operatrice esplica la sua funzione: struttura e giacitura dei terreni, caratteristiche ed esigenze specifiche delle colture, ecc. Necessità quindi di cambi di velocità con molti rapporti, tra i quali l'operatore possa scegliere il migliore in relazione alle esigenze dell'operatrice e della coltura.
A tale scopo sono stati realizzati negli ultimi tempi cambi con dispositivi riduttori a innesto idraulico che consentono di raddoppiare il numero delle marce avanti e delle retromarce, ottenendo fino a 24 velocità in avanti e 12 in retromarcia.
Nell'ultimo decennio ha trovato una certa diffusione anche nel campo della costruzione delle trattrici la trasmissione idrostatica che, sostituendosi a quella convenzionale di tipo meccanico, offre il vantaggio di una regolazione della velocità di marcia continua, ottenuta agendo con un'unica leva sulla portata della pompa che invia l'olio sotto pressione ai motori idraulici montati sulle ruote motrici: si ha così un cambio di marce con un numero infinito di rapporti sia avanti che indietro, che consente la variazione della velocità di marcia in modo continuo e con la m. a. in movimento, senza uso di frizione. Si aggiungono a questo vantaggio la grande facilità di realizzare m. a. con quattro ruote motrici, la protezione automatica contro gli improvvisi sovraccarichi, la possibilità di far funzionare sempre il motore a combustione interna nelle condizioni di minimo consumo specifico, la costanza della velocità di avanzamento col variare del carico entro i limiti della potenza disponibile, la limitata manutenzione per l'assenza di parti meccaniche soggette a più accentuata usura, come alberi, ingranaggi, cuscinetti, ecc.
Quanto al sistema di avanzamento la tab. 3 riporta i dati relativi all'evoluzione del parco trattrici in Italia nel periodo 1979-88. Si rileva da essa come, in tale periodo, la percentuale delle trattrici a ruote sul totale sia variata dal 77,7% al 79,0%, mentre quella delle trattrici a cingoli è scesa dal 22,3% al 21,0%. Dall'esame dei dati riportati nella tab. 4, relativi alle immatricolazioni delle trattrici secondo il sistema di avanzamento, le relative percentuali, fino al 1989, sono dell'81,4% e dell'84,7% per le trattrici a ruote, e del 18,6% e del 15,3% per quelle a cingoli. È evidente quindi la tendenza ancora in atto, pur se contenuta entro ristretti valori, della diminuzione delle immatricolazioni delle trattrici a cingoli rispetto a quelle a ruote. Tuttavia è da evidenziare che in Italia, rispetto agli altri paesi, la trattrice a cingoli trova maggiore diffusione per la accidentata struttura morfologica e orografica del paese: il requisito fondamentale che giustifica l'impiego nei lavori su terreni declivi delle trattrici è la grande stabilità longitudinale e trasversale determinata dalla grande superficie di appoggio e dalla bassa posizione del baricentro.
Un dato di notevole interesse emerge dal rapporto tra la potenza totale installata sulle trattrici che costituiscono il parco in Italia al 31 dicembre 1988 (tab. 5) e la superficie agricola utilizzata, che nel censimento generale dell'agricoltura del 24 ottobre 1982 risultava di 15.843.000 ha. Tale rapporto, del valore di 4,65 CV/ha, considerando la trattrice come la m. a. più rappresentativa fra quelle operanti in agricoltura, può essere assunto come indice del grado della meccanizzazione agricola.
Mietitrebbiatrici. - Le mietitrebbiatrici traggono origine dalla fusione in un'unica m. a. delle operazioni precedentemente svolte dalle mietilegatrici e dalle trebbiatrici. L'elevata incidenza che il costo della manodopera e di esercizio nell'impiego delle singole m. a. aveva nelle operazioni di raccolta del frumento, sin dalla metà del secolo scorso ha stimolato i costruttori a soluzioni nuove, quali, inizialmente, i complessi azionati da cavalli o buoi, per poi arrivare alla realizzazione di prototipi capaci di eseguire in unica passata le operazioni di mietitura e di trebbiatura, risolvendo, sia pure parzialmente, i problemi di ordine economico e sociale che tale genere di lavoro presentava. Nel corso del tempo fino ai nostri giorni la mietitrebbiatrice è stata oggetto continuo di sperimentazioni, modifiche, studi e ricerche fino a raggiungere, nella sua concezione costruttiva, configurazioni che la rendono idonea ad assolvere le operazioni di raccolta di tutti i prodotti da granella (frumento, mais, soia, girasole, leguminose, riso, sementi orticole, ecc.) con elevata capacità oraria e ottima qualità del lavoro. In Italia, dopo un periodo di contrastanti opinioni sulla loro economicità e razionalità, dal punto di vista agronomico, le mietitrebbiatrici cominciano a diffondersi negli anni Cinquanta, ma solo dalla fine degli anni Sessanta si assiste alla loro decisiva affermazione. La tab. 1 pone in evidenza come, anche per le mietitrebbiatrici, nell'arco di tempo 1979-89 si sia verificata in Italia una continua flessione nelle immatricolazioni, con qualche inversione di tendenza nel 1983 e nel 1987.
Occorre però sottolineare il caratteristico incremento medio unitario della potenza installata, che nell'ultimo ventennio si è quasi raddoppiata, passando da 72 CV a circa 140 CV. Ciò pone in evidenza come il mercato si sia orientato verso m. a. con più elevato grado di produttività e di efficienza: da barre di taglio della lunghezza di 2 ÷ 3 m si è arrivati a barre di taglio di 5 ÷ 6 m e oltre. Conseguentemente tutti gli altri organi hanno richiesto l'adeguamento delle loro caratteristiche costruttive e funzionali, determinando da un lato gli aumenti di potenza necessari e creando, dall'altro, nuovi problemi d'ingombro e di peso. Si pensi, a tale riguardo, alla superficie degli scuotipaglia e dei crivelli per la separazione e pulizia del prodotto, che nelle m. a. convenzionali raggiungono valori di 5 ÷ 6 m2, col conseguente notevole ingombro, peso e costo dell'unità meccanica. La soluzione del problema consiste nell'adozione, in luogo degli scuotipaglia oscillanti tradizionali, di battitoriseparatori-prepulitori che, pur causando un maggiore danneggiamento della paglia e una conseguente difficoltà di raccolta, consentono una maggiore compattezza della m. a. con contenimento del peso e dell'ingombro sia longitudinale che trasversale. La complessità strutturale della m. a. consiste nell'esigenza di compiere, nel rispetto delle contrastanti condizioni, diverse operazioni contemporaneamente che assicurino da un lato la migliore qualità del lavoro e dall'altro l'elevata produttività della m. a. diminuendo al contempo l'impegno dell'operatore, che tuttavia rimane coinvolto in una continua, attenta e affaticante serie di controlli. Di qui l'impegno di studiosi, sperimentatori e costruttori nella realizzazione di dispositivi per la regolazione automatica di alcune caratteristiche degli organi meccanici.
Notevole contributo allo sviluppo tecnologico delle mietitrebbiatrici è stata l'adozione delle trasmissioni idrostatiche, sia per ottenere il moto di avanzamento e la variazione continua della velocità, sia per la regolazione degli organi di lavoro. La regolazione automatica della portata, della quantità cioè di prodotto che attraversa la m. a. nell'unità di tempo, è ottenuta mediante un tastatore di controllo che, situato nell'elevatore dalla piattaforma di taglio al battitore, agisce su un distributore idraulico, adeguando la velocità di avanzamento della m. a. in modo da mantenere la portata entro i limiti prefissati, prevenendo quindi pericoli d'ingolfamento e contenendo così le perdite di granella entro valori accettabili. Nel caso di ingolfamento alla piattaforma di taglio o all'elevatore per presenza di erbe infestanti, che causerebbero indesiderate perdite di tempo dannose, vengono adottati dispositivi invertitori che consentono la controrotazione degli organi interessati, l'espulsione in avanti del prodotto accumulatosi e la rapida ripresa del lavoro.
Un problema di capitale importanza per la mietitrebbiatrice è la perdita di granella. L'alto costo di tali m. a. impone una versatilità d'uso e la conseguente capacità di operare la raccolta dei prodotti di varie colture aventi spesso caratteristiche fisiche e geometriche notevolmente differenti (si pensi per es. all'altezza da terra del primo palco fruttifero della soia, che può essere di 5 ÷ 10 cm, e a quella della spiga del frumento o del mais). Di qui la necessità di disporre di comandi di regolazione dell'altezza della barra di taglio entro ampi limiti e, per particolari colture o particolari condizioni di allettamento del prodotto, la possibilità di adeguare automaticamente, senza intervento dell'operatore, l'altezza di taglio della barra alle configurazioni irregolari del terreno. Sono state perciò realizzate testate con barre di taglio flottanti e flessibili controllate automaticamente da opportuni sensori meccanici che, rilevando la posizione relativa della barra rispetto alla testata, trasmettono l'informazione a una centralina di commutazione la quale a sua volta la trasforma in segnale elettrico che agisce sull'elettrovalvola di comando dei martinetti di sollevamento.
Condizione per il corretto funzionamento dei vari organi è che la mietitrebbiatrice mantenga la barra di taglio sempre parallela al terreno, e che il corpo della m. a. resti verticale. Tale esigenza appare inderogabile quando si consideri la struttura degli apparati di separazione e di pulizia del prodotto adottati nelle m. a. convenzionali: scuotipaglia e crivelli di separazione devono poter operare secondo i piani assegnati dal costruttore, e non devono quindi restare influenzati dalla pendenza del terreno. Dopo anni di studi, ricerche e sperimentazioni si può affermare che nell'ultimo decennio si sia giunti a soddisfacenti soluzioni costruttive. L'impiego di adeguati sistemi idraulici per l'autolivellamento sia longitudinale sia trasversale consente alla m. a. di operare con elevato rendimento e con sicurezza di maggiore stabilità anche sui terreni declivi: generalmente essi consistono in due circuiti idraulici indipendenti che, a seconda della posizione assunta dal rispettivo pendolo in funzione della pendenza del terreno, assicurano il livellamento trasversale e longitudinale, mantenendo costantemente verticale il corpo della macchina. Si consideri la rilevanza di tale risultato per un paese come l'Italia che ha il 76% del terreno agrario posto in zone declivi.
Altre macchine agricole semoventi. - Quanto al gruppo di m. a. restanti, pur considerandone solo per grandi linee l'aspetto descrittivo-funzionale, si ritiene utile evidenziare che hanno assunto grande importanza nella meccanizzazione dell'agricoltura italiana per il ruolo insostituibile da esse rivestito principalmente in quelle zone dove la tipologia delle strutture aziendali non ha consentito l'introduzione e l'impiego di grosse m. a.; laddove colture ortive e coltivazioni arboree aventi carattere di promiscuità, localizzate in pendici impervie e difficilmente accessibili, sarebbero destinate all'abbandono o a cure colturali sommarie, queste piccole semoventi manifestano in pieno la loro utilità.
Le motofalciatrici sono m. a. destinate fondamentalmente alla falciatura delle erbe ma che, con l'applicazione di apposito apparecchio per mietere, possono essere impiegate per la raccolta e legatura in covoni del frumento. Il motore, a scoppio o Diesel, della potenza di 6 ÷ 12 CV, provvede all'azionamento delle ruote motrici e dell'apparato di taglio costituito da lama oscillante a coltelli o da elementi rotanti della larghezza di lavoro di 1 ÷ 1,50 m. La struttura architettonica più diffusa è quella costituita da due ruote motrici anteriori e un ruotino posteriore sterzabile mediante una pedaliera azionata dal conducente, che trova posto sull'apposito seggiolino. Queste m. a. trovano generalmente impiego su appezzamenti di modesta ampiezza situati in terreni sui quali, per la loro struttura e giacitura, non trovano conveniente impiego m. a. di più elevata produttività. Per questo genere di m. a., nell'ultimo decennio, non si riscontrano grandi linee evolutive se non un marcato interesse verso apparati di taglio muniti di organi rotativi che, oltre a essere esenti da vibrazioni, consentono velocità di lavoro più elevate.
I motocoltivatori, chiamati anche trattrici monoasse, sono normalmente costituiti da due ruote motrici azionate da un motore, generalmente a ciclo Diesel, della potenza compresa fra 5 e 20 CV. Essi sono guidati mediante due stegole dal conducente, che procede a piedi, e possono azionare svariati attrezzi o piccole operatrici (aratri, fresatrici, coltivatori vari, carrelli, barre falcianti, rastrelli, irroratrici, tosatrici, ecc.). Trovano particolare impiego nei lavori di giardinaggio, di orticoltura e nelle serre.
Le motozappatrici si differenziano dai motocoltivatori per l'assenza generalizzata delle ruote motrici. In esse il gruppo motore-trasmissione, analogo a quello dei motocoltivatori, aziona direttamente l'organo lavorante formato da una serie di zappette montate a stella su di un asse rotante (zappatrice) che, oltre a costituire l'elemento di sostegno della m. a., ne assicura la propulsione. La guida, anche per queste m. a., avviene mediante stegole. Le potenze installate vanno da 4 a 15 CV. Varie sono le soluzioni costruttive e le possibilità di trasformazione e adattamenti, che rendono anche queste m. a. idonee all'azionamento di attrezzi e piccole operatrici, assumendo in tal guisa i caratteri propri dei motocoltivatori. Nell'ultimo decennio, sia per i motocoltivatori che per le motozappatrici, non risulta vi siano state sostanziali innovazioni tecnologiche nella loro costruzione.
L'art. 162 del Regolamento di esecuzione relativo al Testo Unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale definisce motoagricole le m. a. semoventi a tre o quattro ruote predisposte per l'effettuazione di lavori agricoli e munite di pianale o cassa di carico posteriore o anteriore per il trasporto, per conto delle aziende agricole, di prodotti agricoli e sostanze di uso agrario, di m. a., attrezzi agricoli e accessori funzionali per le lavorazioni meccanico-agrarie. Queste m. a., come affermato in precedenza, trovano largo impiego nelle zone dove la maggiore diffusione delle colture ortive, su superfici spesso frammentarie e di modesta ampiezza, e la maggiore diffusione delle colture arboree da frutto, a carattere familiare, richiedono l'utilizzo di mezzi maneggevoli, di limitata potenza e dotati di versatilità.
Completano il gruppo delle m. a. semoventi, oltre ai vari tipi di motori utilizzati in agricoltura, tutte quelle m. a. destinate a impieghi specifici come quelle per la raccolta del pomodoro, dei piselli verdi, dei fagiolini, delle fragole, delle barbabietole da zucchero, del cotone, dell'uva, degli ortaggi in genere, della frutta, delle olive, quelle per i trattamenti antiparassitari, per la potatura, per il livellamento del terreno, ecc. Queste m. a., che in gran parte hanno tratto origine da prototipi sperimentali costruiti a livello artigianale, hanno raggiunto negli ultimi anni livelli tecnologici elevati, avvalendosi delle soluzioni offerte dalle tecnologie moderne.
Grande interesse ha suscitato nell'agricoltura italiana, per la soluzione di un problema di competitività economica in un settore tipico quale la produzione del pomodoro da industria, la messa a punto delle m. per la raccolta di tale prodotto. I risultati tecnici ed economici, quantunque significativi, sono suscettibili di ulteriori miglioramenti. Soddisfacenti risultano anche le prestazioni fornite dalle m. a. per la raccolta dei piselli e dei fagiolini, da destinare all'industria conserviera. Munite di sistemi di autolivellamento, esse possono operare con elevata qualità di lavoro anche su terreni declivi.
L'elevata incidenza sul costo di produzione delle operazioni di raccolta delle verdure ha sollecitato la meccanizzazione di tali operazioni mediante m. a. polivalenti che, con adeguati adattamenti, possono raccogliere carote, finocchi, sedani, porri, agli, cipolle, radicchio, ecc.
Vari tipi di vendemmiatrici, operanti secondo diversi schemi in funzione anche del tipo di allevamento, sono stati largamente sperimentati e realizzati con soddisfacenti risultati; una buona predisposizione del vigneto e un'adeguata larghezza di lavoro della m. a. in rapporto all'interfilare della coltura assicurano l'efficienza del sistema.
Quanto alla raccolta delle olive, molti studi teorici, integrati da verifiche sperimentali, sono stati effettuati a più riprese sulle relazioni tra la forza eccitatrice indotta da un vibratore meccanico e il sistema peduncolo-drupa dell'olivo, al fine di individuare le condizioni per il distacco e la caduta della drupa. Le sperimentazioni sui prototipi hanno permesso di ottenere risultati sempre più incoraggianti, cosicché oggi si dispone di vari tipi di m. a. per la raccolta sia dalla pianta sia da terra.
Un grado di efficienza notevole hanno raggiunto le m. a. per la irrorazione di antiparassitari e diserbanti, munite molto spesso di dispositivi elettronici che consentono all'operatore il controllo dei parametri che regolano l'erogazione del liquido in rapporto alla velocità di avanzamento e che forniscono costantemente i dati di lavoro necessari per una più razionale ed economica esecuzione dell'operazione.
Per la sistemazione e il perfetto livellamento dei terreni destinati a risaie o ad altre colture che esigono particolari preparazioni, sono state messe a punto livellatrici; generalmente del tipo trainato, sono dotate di un'apparecchiatura oleodinamica che, asservita a un raggio laser emesso da una sorgente fissa, interviene costantemente durante la lavorazione assicurando la costanza del piano di lavoro.
Quanto ai criteri costruttivi delle m. a., in ottemperanza alle norme legislative e alle direttive CEE, si è andata affermando una concezione ergonomica del rapporto uomo-macchina, con l'adozione di notevoli miglioramenti per diminuire o ricondurre entro limiti fisiologicamente accettabili le sollecitazioni e i rischi indotti dal funzionamento delle macchine. Si è provveduto così alla limitazione delle vibrazioni meccaniche (causa di disturbi principalmente alla colonna vertebrale) e del livello del rumore; a un più confortevole alloggiamento di guida, con una cabina di protezione, oltre che dal rumore, dai raggi solari e dagli agenti atmosferici; al razionale posizionamento delle leve e dei pedali di comando; alla migliore distribuzione dei pesi in rapporto alla superficie di appoggio, con più ampi margini di sicurezza contro il pericolo di ribaltamento; al monitoraggio delle operazioni mediante informazioni fornite da dispositivi elettronici di bordo. Tutto ciò, infine, unito a una maggiore sensibilità antinfortunistica acquisita dagli utilizzatori, ha fatto sì che, nonostante la crescita della meccanizzazione, si riducesse il numero e la gravità degli infortuni in agricoltura, che tuttavia ammonta tuttora a circa 150.000 casi l'anno, con 700 ÷ 800 incidenti mortali.
Bibl.: A. Guarneri, Analisi ergonomica dei livelli di vibrazioni verticali sul posto di guida dei trattori, in Riv. di Ingegneria agraria, 1983, n. 4; E. Manfredi, M. Bentini, A. Guarneri, Stato della ricerca sulla meccanizzazione del pomodoro da industria, in L'Informatore agrario, 1986, n. 8; M. Bentini, A. Guarneri, Caratteristiche di funzionamento dell'apparato scuotitore di una raccoglitrice di pomodoro, in Riv. di Ingegneria agraria, 1987, n. 3; G. Pergher, R. Gubbiani, Indagine nelle caratteristiche di lavoro delle macchine per la raccolta della soia, ibid., 1987, n. 3; Ministero dell'Agricoltura e Foreste, La meccanizzazione agricola in Italia, Roma 1987; UNACOMA, Relazione del Consiglio Direttivo all'Assemblea Generale, 27 giugno 1988; A. Arrivo, F. Bellomo, C. Mongelli, Vendemmia meccanica nel tendone, in Macchine e motori agricoli, 1988, n. 9.