Machiavelli
La prima lettera dell’epistolario machiavelliano, in data 2 dicembre 1497, è firmata Maclavellorum familia Pero, Niccolò et tutta la famiglia de’ Machiavegli Cives Florentini (Lettere, pp. 4-5 e anche p. 1455 per l’identità dei firmatari); nella lettera, indirizzata al vescovo di Perugia, il cardinale spagnolo Juan López, i M. rivendicano, contro le mire della famiglia dei Pazzi, il patronato della pieve di Santa Maria a Fagna in val d’Elsa («la possessione di Fagna da’ nostri antichi progenitori riconosciavamo»). Al tempo di questa petizione, accolta con favore dalle autorità ecclesiastiche, i M. erano cittadini fiorentini da quasi due secoli e mezzo: scriveva Scipione Ammirato che «con altre famiglie notabili di popolo del Sesto d’oltrarno [...] e con gli altri Guelfi di tutta la città si fuggirono da Firenze» dopo la battaglia di Montaperti del 4 settembre 1260 (Delle famiglie nobili fiorentine, 1615, rist. anast. 1969, p. 120c). Anche secondo quanto scriveva il cronista fiorentino Baldassarre Buonaiuti (detto Marchionne di Coppo Stefani →), tra coloro che lasciarono Firenze nel 1260 «di Popolo che erano buone famiglie» vi erano i M. con i Canigiani, i Magli, i Belfradelli, gli Aglioni, gli Ammirati ecc. (Cronaca fiorentina, fasc. 1/2, 1903, rist. anast. 2008, p. 48). I M. risiedevano nel quartiere di Santo Spirito e appartenevano al popolo di Santa Felicita, una delle chiese più antiche della città; Niccolò fu dirimpettaio di Francesco Guicciardini e nacque in via di Città, successivamente denominata Borgo di piazza, attuale via Guicciardini, al civico 16 (Villari 1912, p. 296; L. Perini, postfazione a B. Machiavelli, Libro di ricordi, a cura di C. Olschki, 2007, p. 273; Tommasini 1883, p. 77). Zona d’origine della famiglia era la Val di Pesa e alcuni studi sulla radice della cognominazione Machiavelli (Malchiavelli, Macchiavelli, Machiavegli), suggeriscono di cercare l’origine del nome tra i toponimi della valle (Stopani 1998, p.18), ma di una località con tali caratteristiche di somiglianza non ci sono più tracce nella cartografia. «Inurbati dalla val di Pesa dove ebbero molti possedimenti», scriveva anche Roberto Ridolfi (1954, 19787, p. 4), ricordando le numerose proprietà della famiglia M. in quella zona, censite dai catasti della Repubblica fiorentina a partire dal 1427 (Stopani 1998, p. 18); così anche Robert Davidsohn nella sua Geschichte von Florenz collocava le origini dei M. nelle campagne intorno Firenze (il «borgo di Giogoli», 1908; trad. it. 1969, p. 610) e associava gli avi di Niccolò ai nobili Carondini di Giogoli. La condizione ‘servile’ dei M. verso i Carondini si pone a conferma dell’origine umile della famiglia, capace di intraprendere dopo il suo inurbamento una significativa ascesa sociale e di partecipare già nel Trecento all’«oligarchia delle famiglie dei mercanti fiorentini» (Stopani 1998, p. 19), divenendo una notabile famiglia del popolo («popolani grassi», scrive Tommasini 1883, p. 79). Non chiaramente definiti, ma più volte ricordati, anche i legami di consorteria o parentela diretta con i signori di Montespertoli (Villari 1912, pp. 295-96 e 296 nota 2), dai quali i M. ereditarono alcuni diritti e privilegi di poco conto tra cui la privativa del peso e della misura pubblica e la facoltà di apporre il proprio stemma di famiglia nella piazza del mercato: una croce contornata agli angoli dai quattro chiodi, i mali clavelli, che ferirono il corpo di Cristo (Stopani 1998, p. 19; Villari 1912, p. 295).
Tra gli alberi genealogici della famiglia, il più celebre resta quello del milanese Pompeo Litta (1834), composto in tre tavole, cui si è ampiamente ispirato anche Gaspare Amico nella Tavola genealogica della famiglia M. a corredo della sua opera (1875) sulla vita di Niccolò. Una parziale ricostruzione della discendenza familiare è in un saggio di Davidsohn (1935), ma lo studioso salta una generazione (p. 47), quella di Giovanni, che «nel 1315 si trovò alla guerra di Montecatini contro Uguccione della Faggiuola» (Litta 1834, tav. I; vedi anche Luzzati 1972 e Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, cit., p. 222, 14, rubrica 614, e p. 250, 6, rubrica 672) e che era figlio del più celebre Buoninsegna, «per ricchezza e influenza politica il più noto ascendente di Niccolò Machiavelli» (Luzzati 1972, p. 243). Fu con Buoninsegna (1250 ca.-1330), che le sorti di questa famiglia di popolani guelfi si legarono al commercio e alle attività bancarie, divenendo tutt’uno con la compagnia de’ Bardi: per suo tramite i M.
furono legati ai Bardi da una solidarietà che non venne mai spezzata e costò ad una famiglia che, contrariamente a quanto in genere si crede, si era fatta ricchissima in breve volger d’anni, il prezzo d’una rovina quasi completa con il fallimento della compagnia (Luzzati 1972, p. 245).
Abile mercante, politico e amministratore della cosa pubblica, Buoninsegna ebbe il titolo di priore cinque volte tra il 1283 e il 1298, e ancora cinque volte tra il 1306 e il 1314, e fu nominato infine gonfaloniere nel 1326. Molto discussa la carriera di suo fratello Giovanni, di cui Litta ricorda solo le luci tacendo le numerose ombre: ritenuto colpevole dell’assassinio di un sacerdote (Davidsohn 1935, p. 35, ma nella Geschichte von Florenz, 1908, Davidsohn parla di un ferimento, p. 611), accusato di usura in Francia dove operava insieme ad alcuni fratelli, nel 1296 intraprese la carriera ecclesiastica e si fece nominare dal legato di papa Bonifacio VIII tesoriere della Chiesa fiorentina, mettendo a tacere la vivace protesta di una parte del capitolo (Davidsohn 1935, pp. 35-38, e Luzzati 1972). I numerosi scandali non ostacolarono la carriera di Giovanni, ancora sulla cresta dell’onda nel 1316, in amicizia con il bargello Lando Bicci, uomo fazioso e senza scrupoli. Il radicamento dei M. nella mercatura, scrive Litta, fu il motivo per cui «rimase loro aperto il cammino alle cariche istituite dalle leggi della repubblica» (tav. I), così che si «gloriarono [...] di 50 priori e di 12 confalonieri».
Tra i contemporanei del Segretario fiorentino, due suoi cugini, Niccolò (1449-1516) e Filippo (1461-1547), figli di suo fratello Alessandro, furono entrambi personaggi di un certo rilievo sulla scena politica, fiorentina e non. Battista di Buoninsegna Machiavelli nella sua lettera a M. del 2 marzo 1506 ricorda la nomina di Filippo a podestà di Pistoia (Lettere, pp. 118-19), ma in realtà l’estrazione alla carica avvenne più di un mese dopo, il 18 aprile (cfr. Arrighi 2007). Nell’epistolario viene ricordato più volte anche Niccolò, in rapporti di amicizia e vicinanza con la famiglia del Segretario («Niccolò nostro ci farà tutti quelli favori che saranno possibili...», M. a Totto Machiavelli, post genn. 1503, Lettere, p. 81). Tra i due rami della famiglia, in realtà, la parentela era ormai piuttosto lontana, ma comuni restavano le radici nel quartiere di Santo Spirito a Firenze e in campagna, a Sant’Andrea in Percussina, dove Niccolò di Alessandro fu protagonista di una tresca con la domestica di casa di Bernardo Machiavelli (B. Machiavelli, Libro di ricordi, a cura di C. Olschki, 2007, p. 15 e segg.). La discendenza diretta del Segretario fiorentino si estinse con Ippolita di Alessandro di Bernardo, figlio secondogenito dello stesso Niccolò e di Marietta Corsini; né Ippolita, moglie di Pier Francesco de’ Ricci, né suo fratello Bartolo ebbero figli (Litta 1834, tav. III). Ultimo rappresentante della famiglia M. fu il marchese Francesco Maria, morto nel 1727; per evitare l’estinzione del casato egli lasciò la sua eredità al nipote Giambattista Rangoni, con l’obbligo di aggiungere al suo il cognome dei Machiavelli.
Bibliografia: P. Litta, Le famiglie celebri italiane, 30° vol., Milano 1834, sub voce Macchiavelli di Firenze; G. Amico, La vita di Niccolò Machiavelli. Commentari storico-critici sulla vita pubblica e privata, sui tempi e sugli scritti del segretario fiorentino corredati di documenti editi ed inediti, Firenze 1875; O. Tommasini, La vita e gli scritti di Niccolò Machiavelli nella loro relazione col machiavellismo, 1° vol., Torino-Roma 1883, rist. anast. Bologna 1994; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, fasc. 1/2, Città di Castello 1903, rist. anast. Reggello 2008, ad indicem; R. Davidsohn, Geschichte von Florenz, 2° vol., Guelfen und Ghibellinen, t. 2, Die Guelfenherrschaft und der Sieg des Volkes, Berlin 1908 (trad. it. Storia di Firenze, 2° vol., Guelfi e ghibellini, t. 2, L’egemonia guelfa e la vittoria del popolo, Firenze 1969); P. Villari, Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, 1° vol., Milano 19123; R. Davidsohn, L’avo di Niccolò Machiavelli cronista fiorentino, «Archivio storico italiano», [1935], 353, 1° vol., 1, pp. 35-47; R. Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli, Roma 1954, Firenze 19787; M. Luzzati, Buoninsegna di Angiolino, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 15° vol., Roma 1972, ad vocem; R. Stopani, Io mi sto in villa.... L’Albergaccio del Machiavelli a Sant’Andrea in Percussina, Radda in Chianti 1998; V. Arrighi, Machiavelli Niccolò, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 67° vol., Roma 2007, ad vocem; B. Machiavelli, Libro di ricordi, a cura di C. Olschki, postfazione di L. Perini, Roma 2007; G. Ciappelli, L’evoluzione dei modelli di memoria familiare: i libri di famiglia toscani (secoli XVI-XVIII), in Memoria, famiglia, identità tra Italia ed Europa nell’età moderna, a cura di G. Ciappelli, Bologna 2009, pp. 201-33.