MADDALENA (A. T., 29 bis)
Isola principale dell'arcipelago omonimo, situato nel Mar Tirreno a NNE. della Sardegna; l'arcipelago comprende, oltre ad alcuni isolotti minori, sette più grandi isole: Maddalena, Caprera, Santo Stefano e, a NO. di queste, Spargi, Budelli, Ràzzoli e Santa Maria. Trovandosi presso le bocche di Bonifacio, in un'ottima posizione strategica, fu scelto verso il 1887 dal governo italiano come base di rifornimento per la flotta, e da allora data il suo sviluppo.
L'isola Maddalena, l'unica di tutto l'arcipelago che abbia un centro abitato, ha forma a un dipresso triangolare e una superficie di 19,61 kmq.; le coste sono ricche d'insenature, e hanno 45 km. di sviluppo. L'isola è attraversata da una catena montuosa diretta nel senso dell'asse maggiore dell'isola, cioè da NNE. a SSO., e culminante nel Monte Guardia Vecchia (146 m. s. m.), ove anticamente sorgeva una torre di vedetta e oggi un semaforo; verso la parte settentrionale è la Punta Boccalta che giunge a 99 m.
La Maddalena è costituita da rocce granitiche; il terreno è per la maggior parte sterile e le zone coltivate sono piccole. Il clima è mite sia d'estate sia d'inverno e non presenta forti sbalzi di temperatura. Lungo le coste si trovano buoni porti e approdi: il porto Maddalena, il porto di Levante nell'insenatura di Mangiavolpe e alcune più piccole insenature dove i pescatori, che sono molto numerosi perché le acque che circondano l'isola sono assai pescose, trovano facilmente ottimo riparo. Sulle coste sono state costruite grandiose fortificazioni (v. appresso); il porto della Maddalena è uno dei porti militari italiani più importanti.
Le prime abitazioni dell'isola si trovavano al centro di essa al nord del monte Guardia Vecchia; verso il 1770 s'incominciò a costruire in riva al mare, sulla costa meridionale presso Cala Gavetta; così ebbe inizio la cittadina La Maddalena, che ha avuto in seguito un notevole sviluppo. La Maddalena, che è capoluogo del comune omonimo, aveva alla fine del sec. XIX una popolazione di circa 2000 ab.; nel 1921 aveva raggiunto 8472 ab. e nel 1931 11061 ab.; la popolazione dell'intero comune ascendeva nel 1921 a 9796 ab., nel 1931 a 12.124.
La popolazione dell'isola si compone per la maggior parte di marinai e di pescatori; alcuni si dedicano anche all'agricoltura o lavorano nelle cave di granito, del quale si fa una notevole esportazione, favorita dalla facilità d'ìmbarco. Nell'isola si coltivano quasi esclusivamente frumento e orzo; alcune zone sono tenute a orti e vigneti; la vite prospera abbastanza bene e produce buoni vini.
Da La Maddalena s'irradiano alcune strade verso l'interno dell'isola; una, che giunge sulla costa orientale, mette in comunicazione, per mezzo di un ponte girevole, La Maddalena con l'isola di Caprera. Un servizio di vaporetti e motoscafi collega l'isola della Maddalena con Palau sulla costa della Sardegna.
Storia. - La Maddalena e le vicine isolette italiane situate dirimpetto agli arietis promontoria (l'odierno "Capo dell'Orso"), erano note già a Tolomeo; da Plinio furono dette cuniculariae, per l'abbondanza di conigli selvatici, durata fino alla metà del secolo passato. Punto di appoggio di navi pisane contro le genovesi, nel corso del sec. XIII; disabitata del tutto fino al sec. XVI, quando cominciò a essere periodicamente visitata da pastori bonifacini che vi conducevano i loro greggi. In seguito alla rivendicazione diplomatica alla Corona sarda ed all'occupazione militare piemontese del 1767, ne fu iniziato il popolamento con famiglie sarde e còrse, mentre si veniva attuando un piano organico di fortificazioni.
Si cominciò a costruirvi alcuni ricoveri alla Guardia Vecchia nell'isola Maddalena, che domina con la sua quota di 146 m. quasi tutto il gruppo, e altri ricoveri furono costruiti nell'isola S. Stefano, in sito per dominare il porto di Villamarina, comodo luogo di sbarco. Tali ricoveri furono subito circondati da trinceramenti armati con piccole artiglierie, i quali furono poi rafforzati con muri muniti di cannoniere e feritoie. Così sorgeva la piazza marittima militare della Maddalena, la quale acquistò subito una certa importanza come ricovero di squadre navali, come punto di difesa della Sardegna e come punto di dominio del Mediterraneo occidentale. Nel 1767 il ministro conte G. B. Bogino definì il compito di questo arcipelago di "provvedere non solo al bisogno delle isole, ma eziandio agli equipaggi dei legni armati allorché trovansi in quelle acque onde non siano obbligati ad allontanarsene", ossia andava ad esso la doppia funzione di centro di difesa e di rifornimento, come ha attualmente. E perciò cominciarono subito i progetti di fortificazioni, e, prima opera erettavi, ancora esistente, fu la torre di S. Stefano, casamattata, sulla cala di Villamarina, progettata da un Belgrano, costruita dal ten. ing. Bussolino, e armata nel 1773; alla quale seguirono il forte S. Andrea e la batteria Balbiano, che dalla Maddalena battevano gli specchi d'acqua verso la costa sarda.
Queste fortificazioni valsero bene non solo contro i Barbareschi, di continuo infestanti quei mari, ma anche contro la marina francese nella giornata del 22 febbraio 1793 in cui una piccola squadra della marina sarda, i Maddalenini e pochi miliziani di Gallura respinsero i gallo-còrsi, tra i quali v'era Napoleone Bonaparte. Dalla fine del '99 la Maddalena fu pressoché unica sede della marina sarda, essendo gli stati di terraferma incorporati alla Francia: nel 1803-04 divenne base di operazioni della flotta inglese capitanata dal Nelson.
Cresciuta l'importanza della flotta sarda, crebbe anche l'importanza militare della Maddalena. Fu ingrandita allora la chiesa che appariva già angusta nel 1792. Rocciosa e in gran parte sterile (come la vicina Caprera), derivava i mezzi di sussistenza soprattutto dalla Gallura con la quale attivo fu il traffico dei generi di consumo, spesso in contrabbando. Con il trasferimento a Genova della sede della marina, attraversò un periodo di crisi, dalla quale si venne rialzando con la fondazione di un nuovo comando di marina (1887). In quell'anno la Commissione suprema di difesa dello stato, convinta dell'importanza dell'ancoraggio, determinò di provvedere alla sua sistemazione in modo adeguato allo sviluppo che subiva in quegli anni la marina militare italiana.
Nel 1806 circa comincia un più celere sviluppo delle opere difensive dell'arcipelago, specie per cura del comandante barone G. A. Des Geneys che vi risiedette a lungo; cosicché nel 1850 erano già aggiunti ai precedenti altri quattro forti e batterie.
Fu conseguentemente impiantato nella maggiore delle isole, la Maddalena, un cantiere navale con officine e scali per la sosta e riparazione del naviglio; si provvide alle costruzioni di adatte caserme, di un ospedale e di tutti i servizî militari sussidiarî per le dotazioni di esplosivi, di viveri e d'acqua. Per la difesa di tale ancoraggio fu sistemata tutto attorno ad esso, sulle isole Spargi, Maddalena, Caprera, e sulle coste della Sardegna, una corona di opere armate con potenti artiglierie.
I canali furono inoltre sbarrati con opere di carattere sussidiario, ostruzioni, batterie lanciasiluri, stazioni fotoelettriche e simili, le quali tutte concorrono armonicamente alla sicurezza e protezione della importante piazza marittima.
S'iniziò così un nuovo periodo di prosperità che in soli 20 anni ha fatto salire notevolmente la popolazione della Maddalena e delle isole che vanno sotto questo nome.
Oggi qualunque azione di guerra marittima contro l'Italia non può non tener conto di tale centro di difesa e di operazione strategica, giacché esso ha la caratteristica di offrire un ricovero abbastanza protetto nonostante la lunga portata delle artiglierie, e secondariamente di poter accedere al mare largo attraverso numerose bocche di uscita tanto verso oriente che verso occidente.
Bibl.: V. Vecchi, in Rivista marittima, maggio 1896, p. 366 segg.; F. Masson, Napoléon inconnu, II, p. 421; A. Garelli, L'isola della Maddalena, con documenti ed appunti storici, Venezia 1907; R. Ciasca, Corsi colonizzatori di terre sarde nel sec. XVIII, in Archivio stor. di Corsica, luglio-dicembre 1928, nn. 3-4; estr., Milano 1928, pp. 43.