made in Italy
<mèid in ìtëli> (o <... ìtali>) locuz. sost. m. – Nel 1999 nasce l’Istituto per la tutela dei produttori italiani, con il compito di certificare ed elaborare i marchi per la riconoscibilità dei prodotti fatti in Italia; più in generale l’Istituto promuove la tutela del made in Italy con proposte legislative che sottopone all’attenzione degli organi competenti. La tutela dell’autenticità del luogo di origine è un problema per quei paesi che hanno una produzione, in uno o più rami industriali, gratificata da un riconoscimento consolidato che la rende oggetto di imitazione. La certificazione nasce dall’esigenza di difendere i prodotti italiani dalla concorrenza sleale di produttori che hanno le proprie manifatture all’estero. Dal punto di vista industriale il problema della tutela è sorto quando in paesi come Cina, Taiwan e Thailandia si è raggiunto un livello tecnologico sufficiente per contraffare su larga scala i prodotti, occupando importanti fette di mercato grazie ai bassi prezzi di produzione delle proprie manifatture. Il valore commerciale del luogo di produzione è un’importante novità nel panorama economico mondiale, che porta a chiedersi perché alcuni beni contengano un forte valore aggiunto locale. Nella commercializzazione il luogo di produzione è divenuto sinonimo della qualità attribuita ai prodotti per via della consuetudine locale alla buona manifattura. Il logo è garanzia di qualità e si adatta alle esigenze del commercio globale, tutelando l’acquirente che non ha competenze specifiche per valutare la qualità del bene. Si crea così un amalgama glocale, dove viene soddisfatto il bisogno di informazione del consumatore globale e si dà la possibilità di difendere il tessuto produttivo del luogo di origine dalla delocalizzazione. L’identità del Paese viene quindi mercificata, fatta oggetto di piani di marketing e di piani di investimenti da parte di agenzie come l’Istituto per la tutela dei produttori italiani, che non a caso ha anche il compito di promuovere i prodotti italiani nel mondo.