MAESTRO di S. FRANCESCO
Nome con cui si indica comunemente, in relazione alla tavola con S. Francesco (Assisi, Mus. della Basilica Patriarcale S. Maria degli Angeli), l'anonimo artista attivo in Umbria nella seconda metà del sec. 13°, autore anche degli affreschi delle pareti laterali della navata della basilica inferiore di S. Francesco ad Assisi, con il ciclo di Storie francescane e cristologiche.
Il nome fu coniato da Thode (1885), che propose anche una prima ipotesi di corpus dell'artista comprendente, oltre alle cinque Storie francescane assisiati e alla tavola eponima con S. Francesco, una croce datata 1272 oggi a Perugia (Gall. Naz. dell'Umbria) e sei tavolette ancora a Perugia (Gall. Naz. dell'Umbria, inv. nrr. 10, 21-24, 560). Aubert (1907) e Van Marle (1919) riferirono poi al M. di S. Francesco anche le cinque Storie cristologiche della basilica inferiore di Assisi; successivamente, il più importante accrescimento a questo catalogo fu dato da Toesca (1927), che per primo notò le affinità tra la croce perugina del 1272 e alcune vetrate della basilica superiore di Assisi; più tardi Marchini (1973), analizzando minuziosamente il complesso vetrario assisiate, creò attorno al nome del M. di S. Francesco un vero e proprio 'gruppo' (finestre V, I, II, XII, XIII).L'opera dell'artista e della sua bottega si qualifica quindi essenzialmente come imperniata attorno al cantiere assisiate e connessa alle fasi della prima decorazione della basilica. Il ciclo della basilica inferiore comprende cinque Storie cristologiche sulla parete destra (Preparazione della Croce, Crocifissione, Deposizione, Compianto, Cena in Emmaus o, secondo altri, Marie al sepolcro) e cinque Storie francescane su quella sinistra (Rinuncia ai beni paterni, Sogno di Innocenzo III, Predica agli uccelli, Stimmatizzazione, Funerali di s. Francesco), tutte frammentarie perché danneggiate dall'apertura degli ingressi alle cappelle laterali.Un tempo si riteneva che il ciclo fosse opera di almeno due o tre maestri distinti; oggi invece prevale l'ipotesi che esso sia il prodotto di un impianto concettuale e decorativo unitario, opera cioè, in senso lato, di un solo autore, coincidente con le caratteristiche indicate dalla critica per il M. di S. Francesco. Nonostante ciò, è possibile distinguere alcuni maestri minori: l'autore del Sogno e della Rinuncia appare affine ai modi della cultura giuntesco-spoletina dei tardi anni cinquanta e dell'inizio degli anni sessanta del sec. 13°; più trasandati e corsivi sono i modi dell'autore dei Funerali; una particolare violenza espressiva e qualche peculiarità tecnica distinguono anche la Preparazione della Croce. Le scene rimanenti, concentrate essenzialmente nella seconda campata, e parzialmente nella prima e nella terza, possono considerarsi autografe dell'artista, cui risale anche la redazione di molti degli originali motivi decorativi di cornici e costoloni.Alcuni lacerti visibili nella basilica inferiore dopo i restauri (1974-1975) sono stati pure riferiti alla bottega del M. di S. Francesco. Si tratta della frammentaria Madonna con il Bambino e un angelo, che appare sulla parete destra della navata, sotto la cornice che delimita inferiormente il ciclo cristologico. Presumibilmente connessa con la sepoltura di Pietro di Barro (m. nel 1252), secondo quanto riferito nella seconda metà del sec. 16° da fra Ludovico da Pietralunga (Descrizione della Basilica), sembra tuttavia più vicina a modi toscaneggianti che a quelli della bottega del M. di S. Francesco, come invece asserito da Schultze (1963), che vi vedeva il resto di un secondo ciclo, dedicato all'Infanzia di Cristo, parallelo a quello soprastante della Passione.Pure lontane dai modi del M. di S. Francesco sembrano le due figure a mezzo busto e l'ombra di un grande S. Francesco a figura intera, visibili all'interno del monumento funebre di Giovanni di Brienne (m. nel 1237), nella controfacciata della chiesa. Caratteristiche linguistiche di segno 'oltremontano' distinguono infatti questi lacerti da tutto il complesso più noto dell'opera dell'artista; la loro datazione precede comunque il ciclo della navata, il cui intonaco sembra sovrapporsi a quello dei frammenti.La datazione agli inizi degli anni sessanta per il ciclo affrescato assisiate è ormai largamente accettata (Cannon, 1982; Romano, 1982; Scarpellini, in Ludovico da Pietralunga, Descrizione della Basilica, 1982) e poggia su ragioni d'ordine stilistico non meno che su considerazioni iconografiche e iconologiche, le quali, trattandosi in questo caso di un'opera di valore storico e ideologico addirittura emblematico, risultano quanto mai decisive.Il ciclo, in cui compaiono scritte didascaliche tratte dalla Vita secunda (1246-1247) di Tommaso da Celano, usa infatti per la scena chiave della Stimmatizzazione di Francesco la versione in cui al santo appare un serafino in croce, accreditata appunto dalla Vita secunda (135-139, 203), e non quella con l'apparizione dello stesso Cristo crocifisso, riportata dalla Legenda maior (XIII, 1-10) di Bonaventura da Bagnoregio, redatta nel 1260-1263, l'unica ammessa dopo il 1266 (Cannon, 1982; Brenk, 1983). L'affresco ha dunque un terminus ante quem nel 1266; ma, nonostante questo, l'accurata calibratura del confronto Francesco-Cristo che così si istituisce sulle pareti della navata, la sottolineatura data al rapporto ortodosso con il papa e con la Chiesa, la volontà di evitare qualsiasi scivolamento nella questione del Francesco alter Christus situano con certezza la concezione e l'esecuzione dell'opera sì prima del 1266, ma comunque in un momento successivo all'elezione al generalato di Bonaventura (1258), probabilmente negli anni della sua più assidua presenza in Umbria (1260-1263 ca.).Stilisticamente il M. di S. Francesco, cui sono propri un segno rapido, spesso pesante, e un gusto per i colori vivaci e accostati talvolta 'a intarsio', segna un'importante evoluzione dei modi giunteschi (Garrison, 1949; Schultze, 1961; 1963; 1967) e un ripensamento di alcune fonti bizantine provinciali, da Nerezi a Peć. Tuttavia, è altrettanto evidente in lui il rapporto con quel fenomeno di ambivalenza stilistica, di compresenza semantica tra elementi bizantini ed elementi gotici occidentali, che è stato chiamato 'lingua franca'. Di marca nettamente gotica sono ad Assisi soprattutto gli elementi decorativi, fregi geometrici e vegetali; in numero e varietà sorprendenti, e in redazioni strettamente affini a quelle del repertorio franco-inglese di epoca tardonormanna (Romano, 1982), essi vengono usati a decorare i costoloni della navata e a incorniciare le scene del ciclo con una mentalità strutturale di stampo nettamente gotico.La penetrazione della cultura gotica occidentale nella bottega del M. di S. Francesco è inspiegabile senza una diretta conoscenza almeno di alcuni esempi, anche monumentali, non bastando a giustificarla i tramiti più semplici della miniatura e dell'oreficeria. Uno dei veicoli potrebbe però essere stato il patrimonio vetrario oltremontano ricco di molti dei suddetti elementi decorativi, che ancora si vede in opera nella basilica superiore di Assisi. La bottega del M. di S. Francesco apprese probabilmente la stessa tecnica vetraria dal gruppo degli artefici oltremontani che di poco ebbero a precederla nel cantiere della basilica superiore; il momento di transizione viene segnato dalla quadrifora del transetto destro, la finestra V (Apparizioni di Cristo e di angeli), nella quale sono commisti elementi oltremontani e stilemi propri della bottega umbra.Queste vetrate si situano cronologicamente a ridosso degli anni in cui fu realizzato il ciclo della chiesa inferiore; gli stessi maestri, successivamente, proseguirono l'opera per le finestre della navata, particolarmente (Marchini, 1973) per quella con Storie di s. Bartolomeo e di s. Matteo (finestra II) e per quella con Storie di s. Francesco e di s. Antonio (finestra I): in esse appaiono i modi del M. di S. Francesco e dei suoi più stretti collaboratori, forse dell'autore dei Funerali nella basilica inferiore. Modi affini e comunque umbri, ma probabilmente di qualche anno posteriori, si riscontrano anche nella finestra con profeti e santi (finestra XII); più complesso, e non ritenuto univocamente relativo al M. di S. Francesco, è il linguaggio della finestra X (Simone, Giuda Taddeo), della XI (Filippo, Giacomo Minore) e della XIII (Glorificazione di s. Francesco). Gli anni di realizzazione del programma vetrario vanno quindi dalla fine del sesto o dagli inizi del settimo decennio del secolo - la medesima iconografia della Stimmatizzazione usata nell'affresco conferisce anche alla finestra con Storie di s. Francesco e di s. Antonio l'ante quem del 1266 - agli anni settanta inoltrati, con un probabile rallentamento e con una graduale dispersione della bottega originaria verso i centri circonvicini.Terminata l'opera assisiate, il M. di S. Francesco e la sua bottega continuarono con ogni probabilità a svolgere lavori di committenza francescana, che ormai si moltiplicavano in tutta Italia e particolarmente in Umbria, dove Perugia e Gubbio naturalmente si servivano delle maestranze formatesi attorno al cantiere di Assisi. Alla chiesa di S. Francesco al Prato di Perugia fa capo infatti tutta una fase dell'attività del M. di S. Francesco (Gordon, 1982), che comprende l'esecuzione della croce del 1272 e di una serie di tavolette dipinte: una ad Assisi (Tesoro Mus. della Basilica di S. Francesco) con Isaia; altre a Perugia (Gall. Naz. dell'Umbria) con S. Francesco (inv. nr. 24), S. Matteo (inv. nr. 23), S. Antonio (inv. nr. 21), la Deposizione e il Compianto (inv. nr. 22; queste ultime scene sono esemplate direttamente sugli affreschi assisiati); un'altra ancora a Bruxelles (Coll. Stoclet) con S. Pietro; una a New York (Metropolitan Mus. of Art, Robert Lehman Coll.) con i Ss. Simeone e Bartolomeo; una infine a Washington (Nat. Gall. of Art, già Kress Coll.) con S. Giovanni Evangelista e S. Giacomo. Con questi frammenti Garrison (1949) e Schultze (1961) avevano tentato una ricostruzione ideale di un paliotto a due facce, che essi tuttavia ritenevano originariamente eseguito per la basilica inferiore di Assisi, ma di cui Gordon (1982) ha accertato la pertinenza appunto all'altare maggiore di S. Francesco al Prato, che era sovrastato dalla grande croce dipinta. La data di quest'ultima (1272) deve essere considerata il momento conclusivo di tutta la notevole impresa liturgica e decorativa.Attorno al nome del M. di S. Francesco si sono addensate numerose altre attribuzioni. Di queste, la più verosimile è quella della tavola eponima; le altre sono da leggere quali opere di seguaci molto vicini, come nel caso di una croce (Londra, Nat. Gall., già Bruxelles, Coll. Stoclet) che sembra direttamente influenzata dalle soluzioni drammatiche e ritmiche degli affreschi, specie dalla Deposizione e dal Compianto; lo stesso autore dipinse probabilmente anche un'altra croce (Firenze, Coll. Acton). Molto più larvato è il rapporto del M. di S. Francesco con gli autori di un Cristo in Pietà (Bruxelles, Coll. Stoclet), delle altre tavolette di Perugia (Gall. Naz. dell'Umbria) con S. Francesco e S. Chiara (inv. nr. 10) e con gli arcangeli Michele e Gabriele (inv. nr. 560), di una croce a due facce ad Assisi (Tesoro Mus. della Basilica di S. Francesco) e di una croce a Colonia (Wallraf-Richartz-Mus., già Colonia, Erzbischöfliches Diözesanmus.).Dopo la pulitura del 1993-1994 appare infine molto vicina al gruppo autografo un'altra croce di Perugia (Gall. Naz. dell'Umbria, inv. nr. 18): la figura inginocchiata ai piedi del Crocifisso si è rivelata un piccolo s. Francesco, mentre Cristo, su ambedue le facce, è affiancato dalla Vergine e da s. Giovanni Evangelista.
Bibliografia:
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Letteratura critica. - H. Thode, Franz von Assisi und die Anfänge der Kunst der Renaissance in Italien, Berlin 1885, pp. 216-221 (19042; trad. it. Francesco d'Assisi e le origini dell'arte del Rinascimento in Italia, a cura di L. Bellosi, Roma 1993); A. Aubert, Die malerische Dekoration der San Francesco Kirche in Assisi. Ein Beitrag zur Lösung der Cimabue Frage, Leipzig 1907, pp. 20-23, 81-85; B. Kleinschmidt, Die Basilika San Francesco in Assisi, 3 voll., Berlin 1915-1928: I, pp. 186-211; II, pp. 17-29; R. Van Marle, Il ''Maestro di S. Francesco'', RassA 19, 1919, pp. 9-27; Toesca, Medioevo, 1927, p. 1099; R. Van Marle, Italian Paintings of the Thirteenth Century in the Collection of Monsieur Adolph Stoclet in Brussels, Pantheon. Internationale Zeitschrift für Kunst 4, 1929, pp. 316-320; E.B. Garrison, Italian Romanesque Panel Painting, Firenze 1949, pp. 27-28; J. Schultze, Ein Dugento-Altar aus Assisi? Versuch einer Rekonstruktion, MKIF 10, 1961, pp. 59-66; id., Zur Kunst des 'Franziskusmeister', WRJ 25, 1963, pp. 109-150; id., Die Fresken in der Unterkirche von San Francesco in Assisi und andere Werke des ''Franziskusmeister'', Raggi 7, 1967, pp. 44-58; Galleria Nazionale dell'Umbria, I, Dipinti, sculture e oggetti d'arte di età romanica e gotica, a cura di F. Santi, Roma 1969, pp. 26-33; G. Marchini, Le vetrate dell'Umbria, in CVMAe. Italia, I, Roma 1973, pp. 59-88, 157; J. Cannon, Dating the Frescoes by the Maestro di S. Francesco at Assisi, BurlM 124, 1982, pp. 65-69; D. Gordon, A Perugian Provenance for the Franciscan Double-Sided Altarpiece by the Maestro di San Francesco, ivi, pp. 70-77; S. Romano, Le storie parallele di Assisi: il Maestro di S. Francesco, StArte, 1982, 42, pp. 63-82; B. Brenk, Das Datum der Franzlegende der Unterkirche zu Assisi, in Roma anno 1300, "Atti della IV Settimana di studi di storia dell'arte medievale dell'Università di Roma 'La Sapienza', Roma 1980", a cura di A.M. Romanini, Roma 1983, pp. 229-237; D. Gordon, Un Crucifix du Maître de San Francesco, RLouvre 34, 1984, pp. 253-261; S. Romano, Pittura ad Assisi 1260-1280. Lo stato degli studi, AM 2, 1984, pp. 109-141; F. Todini, Pittura del Duecento e del Trecento in Umbria e il cantiere di Assisi, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, II, pp. 375-413; J. Pope-Hennessy, The Robert Lehman Collection, I, Italian Paintings, New York 1987, pp. 78-80; Art in the Making. Italian Painting before 1400, cat., London 1989; F. Todini, La pittura umbra. Dal Duecento al primo Cinquecento, Milano 1989, I, pp. 184-185; S. Romano, Maestro di San Francesco, in Dipinti, sculture e ceramiche della Galleria Nazionale dell'Umbria. Studi e restauri, a cura di C. Bon Valsassina, V. Garibaldi, Firenze 1994, pp. 55-65.