GAMBARA, Maffeo (Maffeo da Gambara)
, Maffeo (Maffeo da Gambara). - Figlio di Federico e di Dorotea di Giovanni da Iseo nacque, probabilmente a Brescia, negli anni centrali della seconda metà del XIV secolo; compare nei documenti a partire dall’inizio del Quattrocento.
Il G. apparteneva a una famiglia di cives Brixienses, di antica estrazione ghibellina, con forti radicamenti patrimoniali nel territorio della bassa pianura bresciana. Nel corso del primo quarto del XV secolo, il G. insieme con il fratello Marsilio riuscì non solo a conservare l’integrità del suo patrimonio, ma anche ad accrescerlo in maniera eccellente, tanto da proiettare la famiglia, nell’arco di un secolo, fuori dallo stretto ambito provinciale a livelli di rilevante interesse interregionaie sia nel mondo politico, sia in quello ecclesiastico. La sua posizione di sostegno al nuovo signore di Brescia, Pandolfo Malatesta, gli consentì di essere investito, il 1° ott. 1408, dei beni già di Pietro di Maffeo Gambara, ereditati dal figlio di questo, Pietro e dal fratello Giovanni Gambara (rispettivamente suo cugino e suo zio), per l’intransigenza mostrata da costoro nei confronti del Malatesta. Il 10 ag. 1412 ricevette, dietro formale giuramento di fedeltà, un privilegio di esenzione per i possedimenti avuti quattro anni prima, privilegio che venne rinnovato due anni dopo. Quale sostenitore della causa malatestiana il G. partecipò in veste di testimone alla tregua, firmata a Brescia il 30 luglio 1415, che imponeva per due anni la cessazione delle ostilità tra Venezia e Pandolfo Malatesta.
Il consolidamento patrimoniale fu una costante delle scelte politiche e delle strategie adottate dal G., i cui beni erano posti in zone di confine importanti per il controllo del territorio e delle vie di transito tra Brescia, Mantova e Cremona. Il 29 maggio 14°° il G. comprava da Comino Garavini una casa e ampi possedimenti fondiari a Leno per la somma di 425 lire; il 18 genn. 1403 otteneva la conferma delle deposizioni testimoniali fatte dagli abitanti delle sue proprietà di Gambara che si dichiaravano esenti almeno sin dai tempi di Luchino, Giovanni e Bernabò Visconti. Il 25 genn. 1407, invece, una sentenza del vicario cittadino obbligava il G. a restituire i beni di Giovanni Porcellaga, che egli aveva indebitamente occupato nel territorio di Gambara. Le ragioni del G., furono poi accolte dai magistrati chiamati a dirimere, nel maggio 1407, una controversia con il Comune di Gambara per il controllo di un’ampia area agricola posta fuori dal borgo omonimo e fu confermata al G. la titolarità di oltre 2000 «piò» di terreno nella campagna circostante. Diverso carattere ebbe invece la vertenza scoppiata nel 1415 con Mariola, figlia del defunto Pietro Gambara, la quale rivendicava i diritti su alcuni terreni avuti per via ereditaria dal padre e dalla madre, In tale occasione i giudici stabilirono che il G, e il fratello Marsilio dovessero risarcirla per il danno subito, con la rilevante somma di 1000 lire. Il 29 sett. 1415, il G. vendeva a Soprana Pozzi un terreno nel territorio di Milzano, operazione che dissimulava un prestito a interesse perché la donna disponeva nel testamento che quel medesimo campo dovesse essere rivenduto al G. per una somma prestabilita. Nel gennaio 1422 un’altra sentenza arbitrale, pronunciata per una lite sorta tra il Comune rurale di Gambara e il G., assegnava a quest’ultimo l’area situata tra il torrente Gambara e la «seriola» da esso derivata.
Nel 1421, con il ritorno del dominio visconteo su Brescia, il G. fu inviato a Milano in veste di ambasciatore per presentare formale atto di sottomissione della città al duca Filippo Maria e, rientrato dalla missione, partecipò alla spedizione militare contro il castello di Riva del Garda passato sotto la giurisdizione della Repubblica veneta. Conclusasi la parentesi malatestiana, i Visconti erano tornati ad avere il controllo del Bresciano che amministrarono utilizzando le classi dirigenti locali disposte ad accettare il loro dominio; a costoro essi confermarono e ampliarono i diritti giurisdizionali sui centri del contado per mezzo di una sapiente politica di infeudazioni. È in questa strategia che si colloca il privilegio concesso al G. dal duca Filippo Maria, il 1° ott. 1422, sui possedimenti situati a Pralboino, Milano e Verolanuova, privilegio che riconosceva in questo modo il sostegno dato dai Gambara alla ripresa del dominio visconteo, ma soprattutto poneva le fondamenta patrimoni ali e giuridiche del potere della famiglia Gambara e della sua ascesa negli anni seguenti.
Tali territori furono concessi al G. in feudo previo formale giuramento di fedeltà e furono separati dalla giurisdizione del podestà di Brescia e dal distretto cittadino; inoltre i tre centri rurali furono esentati da ogni onere reale, personale o misto gravante su uomini e terre, eccettuata soltanto la tassa sul sale. Il G., poi, e il fratello Marsilio ebbero la piena giurisdizione civile, mentre il merum imperium e la iurisdictio sanguinis, cioè la pienezza del potere e la giurisdizione criminale, furono riservate all’autorità viscontea.
Nel novembre del 1423 il G. fece parte della delegazione inviata dal Comune di Brescia a Milano per perorare aiuti finanziari e sgravi fiscali alla città dopo le spese sostenute nella costruzione della cittadella nuova e nel rinforzo delle mura. Nel 1424 vendette le sue proprietà e quelle del fratello, situate a Leno e Milanello nel tentativo di razionalizzare i possedimenti familiari concentrati su Pralboino, Milano e Verolanuova; nell’anno successivo, invece, venne chiamato come podestà a Milano dove la sua attività è testimoniata da numerosi atti. Il 13 marzo 1426, suo figlio Brunoro fu investito dal duca di Milano, Filippo Maria Visconti, di Castenedolo e di tutte le sue pertinenze. Tale concessione fu tuttavia di breve durata per l’improvvisa conquista di Brescia a opera del Carmagnola (Francesco Bussone) assoldato da Venezia. Tra la fine del 1426 e l’inizio dell’anno successivo, il G. e Cesare Martinengo difesero con successo il borgo e il castello di Orzinuovi contro l’assalto delle truppe veneziane.
L’incertezza delle notizie relative ai primi mesi del 1427, quando l’intero territorio bresciano subì la pressione militare della Serenissima, non ci permette di conoscere la data esatta della sua morte. Nel testamento, dettato all’inizio del mese di aprile, il G. lasciava i suoi beni al figlio Brunoro e alle figlie Isabella e Dorotea che, in quel momento, abitavano presso lo zio Marsilio. Egli risulta comunque defunto alla data del 3 sett. 1427, quando i suoi familiari, dopo aver prestato formale giuramento di sottomissione a Venezia, ricevettero la conferma e l’ampliamento dei possedimenti già concessi nel 1422 dal duca di Milano al Gambara.
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