MAGATAMA
II termine (letteralmente «gioiello piegato») designa un pendente di forma ricurva, di dimensioni variabili da 1 a 5 cm (ma talora fino a 9 cm), generalmente in giadeite, agata, diaspro, talco, ma anche in ambra, terracotta, pasta vitrea, cristallo di rocca e oro, che si riscontra frequentemente nei corredi funerari del Giappone preistorico e protostorico. A partire dagli anni '20 ne sono stati rinvenuti numerosi esemplari anche in Corea, nelle tombe del regno di Silla (I sec. a.C.-VII sec. d.C.). Menzionato dalle prime fonti storiche del Kojiki e del Nihongi (Vili sec. d.C.), e associato, insieme alla spada e allo specchio, ai tre sacri tesori della casa imperiale, il m., che compare già nelle sepolture del periodo Jōmon, sembra trarre la sua forma dal coevo dente ferino traforato alla base e anch'esso usato come pendente. Convenzionalmente se ne distinguono le seguenti parti: la testa, ovvero l'estremità più spessa, dotata di foro passante, la coda, che si assottiglia nella parte terminale, il ventre e il dorso, rispettivamente all'interno e all'esterno dell'ansa. Mentre i m. del periodo Jōmon (c.a 11.000-300 a.C.), prevalentemente in giadeite, presentano forme irregolari e spesso protuberanze della superficie, a cominciare dal periodo Yayoi (c.a IV sec. a.C.-III d.C.) fino a tutto il periodo Kofun (c.a III-VII sec. d.C.), oltre alle differenziazioni delle tipologie litiche si assiste a una più perfetta definizione delle forme che evolvono in autonome rielaborazioni. Pertanto, dal III sec. a.C. si consolida la forma curvilinea regolare a «C» con alcune linee a raggiera incise sul capo, mentre il ventre presenta talora una o due protuberanze che danno al m. la forma complessiva di pettine. Dal IV sec. d.C. appaiono modelli di m. con passante a perforazione bilaterale mentre, oltre alla giadeite, si adottano preferibilmente il diaspro, per gli esemplari di formato superiore alla media, e il talco, meno pregiato e idoneo soprattutto a una produzione di massa. Nei secoli IV e V si riscontrano m. di piccole dimensioni, a coda allungata, talora notevolmente ravvicinata alla testa, che assumono forme semi-anulari, mentre nell'ultima fase della produzione dei m.,verso la metà del VI sec., appare un modello in agata di forme squadrate con perforazione unilaterale. La tipologia più caratteristica del periodo Kofun è quella nota come komochi m. (letteralmente «m. con bambini»), in cui il corpo centrale, in diaspro o in talco, presenta sia sul ventre sia sul dorso nuclei minori di forma allungata a profilo curvilineo o protuberanze a «T». Tale modello, composto dorso a dorso, a «schiena di porco», ha generalmente la superficie incisa con linee semplici, le quali spesso disegnano all'estremità del capo la forma di un becco, suggerendo, con il foro passante, l'immagine di un uccello.
La produzione di m., come componente autonoma del corredo funerario, si conclude con il periodo Kofun, ma la forma del pendente continua a comparire frequentemente fino al periodo di Nara nei diademi dei Bodhisattva e nei festoni cerimoniali dei templi quasi a sottolineare, con il suo trasferirsi nell'iconografia buddhistica, un originario significato magico-rituale.
Bibl.: S. Noma, S. Tani (ed.), Nihon bijutsu jiten («Dizionario di arte giapponese»), Tokyo 1970, s.v.; M. Teramura, Kodai tamasaku keisei shi («Ricerche sulla storia dell'antica produzione di gioielli»), Tokyo 1980; Heibonsha Dai- hyakka Jiten-Encyclopedia Heibonsha, XIII, Tokyo 1985, s.v.; H. Ishida e altri (ed.), Nihon bijutsushi jiten («Dizionario storico artistico giapponese»), Tokyo 1987, s.v.
)