Vedi MAGDALENSBERG dell'anno: 1961 - 1995
MAGDALENSBERG
Il M. è, per quanto riguarda la sua altezza (m 1058), il secondo fra i monti di una catena situata, in direzione O-E, fra i fiumi della Carinzia, Glan e Gurk.
Il nome M. è popolare; negli antichi documenti, già nel XII sec., esso era chiamato mons Sanctae Helenae e più tardi, nel linguaggio letterario, Helenenberg. Sulla cima si trova una chiesa tardo-gotica, dedicata a due sante, S. Elena e la Maddalena. Quest'ultima ha dato luogo, nell'uso popolare, alla denominazione di Magdalensberg. Da questa chiesa parte, nel secondo venerdì dopo la Pasqua, il Pellegrinaggio dei Quattro Monti. Fertili campi, favoriti dalla ricchezza delle acque delle alture, si stendono sui lati S e O raggiungendo la cima, e giustificano l'ammissione di una colonizzazione antica. Già nel Rinascimento questo monte era noto come il luogo dove fu rinvenuta una bella statua di bronzo con dedica in latino, rappresentante un efebo, e a questo primo ritrovamento ne seguirono altri di indubbio valore. Nel XIX sec. furono continuati con metodo scientifico gli scavi dei cercatori di tesori e venne esplorata a fondo una strada sepolcrale lunga 6oo metri. Questi scavi offrirono anche l'occasione alla identificazione di resti monumentali nella contrada. È risultata così, grazie a Jabor-Altenfels, la prima pianta della città romana sul M. (1870). Dal 1948 vengono eseguiti scavi sistematici allo scopo di liberare la città, che comprende rovine per una estensione di km 4, il che costituisce una lunga impresa. Non si è ritrovato il nome della città, che giace appartata dalla strada statale romana. Essa rappresentava però un centro per la regione norica e il più vicino all'Italia. Alcuni saggi di scavo hanno dimostrato che, prima dell'occupazione del regno norico da parte dei Romani, l'altipiano sulla vetta era circondato da una solida fortificazione. Nell'interno di essa era il tempio del dio della guerra, Latobio, o Marte Latobio, e probabilmente anche la sede di un principe. Dell'inventario del tempio sono noti, oltre alla statua dell'atleta, una coppa a tre teste del tardo periodo La Tène, una offerta votiva in argilla rappresentante un antenato in una navicella, ed una iscrizione dedicatoria dell'epoca repubblicana. Le grandi costruzioni sul pendio meridionale appartengono all'epoca dell'occupazione romana, che ha inizio col 15 a. C. Esse utilizzano una insenatura naturale del pendio, considerevolmente ampliata mediante sterramento e asportazione di roccia. Operazioni di rialzo del terreno e di livellamento hanno creato, con molto lavoro e molta spesa, un'area piana di m 114 × 40. Intorno a questa superficie gli architetti romani disposero gli edifici ufficiali, dei quali sono stati scoperti il centro e la metà occidentale. L'area è aperta verso S. Lo spazio mediano fra la piazza e il fondo tagliato a piombo è occupato da una specie di Campidoglio: uno spiazzo situato 2 m più in alto, circondato di vasti porticati sul lato O e su quello E, e separato dalla piazza grande mediante una rampa, una volta rivestita di lastre di marmo. Fra i due porticati, su di una massiccia sostruzione di m 17,70 × 30, si eleva un tempio di forma classica. Di esso sono conservati i sotterranei, di cui due sono paralleli all'asse del tempio e uno trasversale; ad essi, nella costruzione superiore, dovevano corrispondere le due celle ed il vestibolo. Vi furono onorate due divinità, come indicano anche i due altari addossati al muro della rampa. Probabilmente si trattava della Dea Roma e del divo Augusto, perché il tempio è stato eretto sotto Tiberio. Le sostruzioni accessibili dall'interno del tempio con una scalinata servivano, come si può desumere dal tempio del Campidoglio di Virunum, da tesoro (favissae). Dal porticato occidentale una scala conduce fuori, alle case situate sul pendio. Il tempio è eretto a bella posta in posizione più elevata, sì da renderlo visibile anche da lontano. Esattamente a 100 piedi romani (m 29,6) dalla scalinata si eleva una singolare costruzione orientata da N a S. Essa è chiaramente divisa in tre parti di cui quella centrale e quella meridionale sono munite di portici che si stendono sullo stesso allineamento, ma che non appartengono allo stesso tempo. La parte meridionale, aggiunta posteriormente, mostra due porticati aperti verso la grande piazza con un vano annesso, sul pendio. I ritrovamenti indicano che un vano funzionava come cucina e un altro sul pendio come dispensa. Una seconda sala può essere stata la sala da pranzo, dalla quale provengono molti frammenti di vasellame da tavola con graffiti i nomi di coloro che li avevano usati. La parte centrale è completamente diversa e cioè facilmente isolabile. Vana è stata la ricerca di elementi di confronto con altri fabbricati; però alcune iscrizioni su lastre di marmo importate o dipinte sulle pareti condussero alla giusta interpretazione. Si tratta di iscrizioni in onore di Augusto e di sua figlia Giulia, e di voti di prosperità per gli imperatori, dipinti sulle pareti. Le iscrizioni dedicatorie dell'epoca augustea portano nomi di stirpi noriche, ad esempio Iuliae Caesaris Augusti f(iliae) Neron(is uxori). Norici, Ambilinei, Ambir(avi), Uperaci, Saev(ates), Laianc(i), Ambisontes, Elveti. Questa iscrizione risale fra gli anni 11 e 2 a. C., fra l'anno cioè delle nozze di Giulia con Tiberio e quello in cui ella fu scacciata dalla famiglia imperiale. Per conseguenza la costruzione è anteriore all'anno 2 a. C.; durante il periodo dell'occupazione, dal 15 a. C. al 45 d. C., essa fu adibita a sede politica e lì i rappresentanti delle popolazioni noriche venivano a trattative con i capi dell'occupazione. Il luogo dove avvenivano tali trattative era la sala dall'aspetto di cappella, con il bacino rotondo nell'abside e un palco rialzato sul lato. Tanto la sala che il palco sono riscaldati, e possono quindi essere adoperati anche nella stagione fredda. Il palco è delimitato da un parapetto ricurvo rivestito di mosaico. In questo parapetto è inserita a cubi neri la figura di un cavallo in forma geometrica primitiva. La fontana, il palco con il basso parapetto ed il cavallo simbolico non sono romani, ma adattati ai costumi della popolazione locale di nazionalità celtica, che sedevano in terra, onoravano un antenato nella figura di un cavallo e si servivano dell'acqua nei riti delle loro adunate. Davanti alla sala delle discussioni, si trova l'archivio, con un bel pavimento a mosaico privo di ornati e 13 nicchie nelle pareti. Una porta conduce dall'archivio in un'anticamera e uno stretto corridoio raggiunge il portico. Un piccolo cortile contiene il praefurnium e due serbatoi per l'acqua. La parte settentrionale aveva almeno due piani. Un vano, al pianterreno, era forse riservato alla cassa, mentre la camera adiacente, decorata con nobili pitture parietali nel terzo stile pompeiano, serviva da camera di consiglio. Fra questa casa tripartita, che venne detta casa di rappresentanza, e la scalinata del tempio si trova la piazza dell'amministrazione romana, che, nella sua forma ultima, era una triporticus con cortile intermedio e un tribunal sul lato occidentale. Il vasto tribunal (5,6o × 4,60 × 1,6o m) è rivestito all'esterno di lastre di marmo bianco della Carinzia ed era a cielo scoperto. A somiglianza degli amboni delle chiese paleocristiane, esso ha due scale di accesso con gradini di marmo. Il tribunal è il luogo del rappresentante dell'Impero e del consiglio. Questo importante collegium vi accedeva dalla camera del consiglio e si ritirava nuovamente in questa. L'ultimo periodo della costruzione fu preceduto qui da altri tre, dei quali il più antico risale all'epoca repubblicana. Si erano stabilite sul luogo delle aziende commerciali, in parte provenienti da Roma e in parte da Aquileia, pioniere della penetrazione pacifica e conoscitrici della regione e che furono di grande utilità ai capi dell'occupazione. I ruderi a E del tempio non appartengono, invece, a edifici ufficiali, ma privati, che erano stati ridotti nel loro lato O per la costruzione del complesso templare. A livello della grande piazza si susseguono botteghe e laboratorî artigiani e magazzini. I ricchi trovamenti testimoniano l'intensità del commercio e della produzione: in ferro zappe, martelli, pale, scalpelli, chiodi e uno spiedo; in bronzo (ottone) fibule e recipienti. Ma soprattutto una gran quantità di pietruzze per far di conto (calculi) e la minuta moneta di scambio indigena, in argento, accanto a monete romane. Tutto il complesso ha subito numerose trasformazioni edilizie; le fasi più antiche risalgono al Il sec. a. C. Anche nell'antichità, come ancora oggi, la strada conduceva alla cima passando dal lato S dell'edificio di rappresentanza. Al di là di questa strada ha inizio un altro complesso di fabbricati, invero molto costoso poiché la sua facciata sporge di parecchio nel vuoto, cioè su potenti sostruzioni. Di questo nucleo di costruzioni è stata liberata soltanto la parte sulla strada, un edificio termale. La sua ampia porta si apre su di un cortile con quadriporticus, con un corridoio adiacente. Le terme sono costruite a blocchi e contengono tutti i vani caratteristici di tali impianti tre a tre in una fila. Il bagno con vasca e il laconicum sono muniti di ipocausti; l'installazione è destinata ad un piccolo numero di persone e sembra, nei suoi particolari, una costruzione di lusso. Sui pendii sovrastanti gli edifici ufficiali si elevano le case private; dietro la casa di rappresentanza, una fucina e, sopra l'ala dell'amministrazione, case di abitazione. Queste sono, a causa del suolo, case a terrazza, ma non manca peraltro il passaggio a vòlta, che come in ogni città di montagna, supera, risolvendole, le difficoltà offerte dalle differenze di livello. Un piccolo sacrario della popolazione locale si erge alto nella roccia sullo sfondo del tempio. Sulla strada dei sepolcri ancora oggi visibili nei cespugli si trovano le tombe di famiglia in muratura. Nel pavimento di esse erano collocate le urne e le ricche offerte votive e all'esterno, le lastre con le iscrizioni, attaccate mediante ramponi, oppure murate. Vetri, lampade e oggetti di bronzo qui rinvenuti sono in massima parte importati da Aquileia, o ceramiche aretine, oppure provenienti da fabbriche dell'Italia del N e, fra queste, non poche con il marchio di Aco. Le iscrizioni sulle pietre sepolcrali si datano già in periodo repubblicano, e ci fanno conoscere gli immigrati dal S e gli abitanti locali, nonché il processo di romanizzazione mediante i matrimonî misti.
Nell'ambito degli edifici ufficiali è stata rinvenuta una massa notevole di crogiuoli per fusione; si tratta di cr0giuoli per piccole quantità, adoperati per la fusione di rame e zinco, quindi ottone, impiegati per la fabbricazione di ornamenti e stoviglie primitive, antica produzione locale. Fu inoltre scoperto un piccolo forno da fusione. Le officine dei fonditori e dei fabbri si trovavano sotto al portico occidentale e nell'annesso spiazzo. Hanno grande importanza i ritrovamenti di utensili di ferro e verghe di ferro crudo che venivano lavorate nelle fucine. Dall'analisi metallurgica risultò trattarsi di acciaio nobile e si comprende quindi la ragione per cui il ferrum Noricum fosse tanto apprezzato nell'Impero romano; ed erano i metalli norici e la produzione di merce di metallo della regione che induceva i mercanti romani a stabilirsi nella città di Magdalensberg. Tale attività commerciale è accertata dalle etichette delle tesserae nummulariae e dalle marche di controllo in osso.
Sono importanti per la storia dell'Impero alcuni ritrovamenti dell'epoca augustea, connessi con ludi e con il culto dell'imperatore; per la prima volta riscontriamo qui il sacrificio di uno stambecco: (sacrif]iciu(m) Cap(r)icorni C. Vibi(o) Postumo cos. pr.(idie)... Novimbr(es) Galius [fec(it)] lu(mina)::., v(inum):: cru(strum): mur[r(ra)]: cioè: Gallo ha eseguito il .. novembre il sacrificio del capricorno, candele 5 once, vino 4 once, biscotto 2 once, mirra I oncia (5 a. C.). Una volta l'imperatore Augusto aveva fatto sapere al mondo che il 23 dicembre, ricorreva la data del suo concepimento e quindi il Capricorno era la costellazione propria della sua nascita. Egli pretendeva essere venuto al mondo con l'ascesa del sole nel solstizio d'inverno. Questo simbolismo è stato compreso dal popolo.
Gli edifici del M. raggiungono 110 m di altezza e danno facilmente un'idea efficace delle capacità degli architetti al tempo di Vitruvio e illustrano la intelligente politica del fondatore della monarchia.
Negli ultimi anni si sono andati ponendo in luce anche monumenti di una lingua pre-latina, la norica, in una scrittura prossima ad altri alfabeti cosiddetti etrusco-settentrionali, ma che tuttavia si distacca per alcune particolarità dal vicino alfabeto dei Veneti (v. atestina, civiltà). Di questa scrittura si servono ancora gli indigeni nella prima età imperiale, accanto a quella latina. Il passaggio è avvenuto presto, come mostra il segno ???SIM-31??? per h. D'altra parte è interessante notare per gli studi degli alfabeti runici, che il segno norico ?? presenta la stessa forma della lettera runica equivalente a o.
Bibl.: F. M. v. Jabornegg-Altenfels, Kärntens römische Altertümer, 1870, p. 77 ss. e pianta II. Relazioni di scavi: I, 1948 = Carinthia, I, 139, 1949, p. 145 ss. = Car. I, II, 1949, 140; 1950, p. 433 ss.; III, 1950, = Car. I, 142; 1952, p. 81 ss.; IV, 1951 = Car. I, 143; 1953, p. 855 ss.; V, 1952 = Car. I, 145; 1955, p. 3 ss.; VI, 1953 = Car. I, 146; 1956, p. i ss.; VII, 1954-55 = Car. I, 148; 1958, p. 3 ss.; R. Egger, Führer durch die Ausgrabungen und das Museum auf dem Magdalensberg, 6a ed., 1959.