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Magi

di Gian Roberto Sarolli - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Magi

Gian Roberto Sarolli

I re o sapienti venuti dall'Oriente a Gerusalemme, indi a Betlemme, ad adorare il Cristo appena nato, con la simbolica offerta dell'oro, dell'incenso e della mirra (" et procidentes adoraverunt eum; et apertis thesauris suis obtulerunt ei munera, aurum, thus, et myrrham ", Matt. 2, 11).

L'offerta simbolica era stata interpretata dalla tradizione esegetica, e primo da s. Isidoro (" Magi gentium populos designant, lucem fidei cognituros, indicantes sacramentorum muneribus Christum per thus esse Deum, per myrrham hominem passum et sepultum, per aurum regem omnium saeculorum ", Patr. Lat. LXXXIII 117), secondo il duplice filone del simbolismo tipologico - i M. - e allegorico - l'oro, l'incenso e la mirra -. Consegnata alla tradizione, tale interpretazione venne usata soprattutto dai decretalisti come certissima prova della sovranità del Cristo sulle cose spirituali e temporali per derivarne come ovvia conseguenza l'analoga sovranità del pontefice, quale " Christi Vicarius ".

D. impiega il passo di Matteo (Assummunt etiam de lictera Mathaei Magorum oblationem, dicentes Cristum recepisse simul thus et aurum ad significandum se ipsum dominum et gubernatorem spiritualium et temporalium; ex quo inferunt Cristi vicarium dominum et gubernatorem eorundem, et per consequens habere utrorumque auctoritatem, in Mn III VII 1) come uno dei classici exempla di violenza fatta alle Scritture, in una delle molte, forti pagine della Monarchia ove, con il piglio sicuro dell'esegeta scritturale, accettata sia la lictera Mathaei che il sensus [misticus] - cioè sia il senso letterale che quello simbolico -, dimostra la fallacia della premessa del sillogismo impiegato dai decretalisti, inteso com'è ad autenticare una rigida relazione tra la maggiore, Deus, con la minore, vicarius Dei.

Invece ai maghi egizi che tentarono di ripetere un prodigio di Mosè (Exod. 8, 18) D. fa riferimento in Mn II IV 2 cum ventum est ad sciniphes, magi Pharaonis... dixerunt: " digitus Dei est hic ". Per l'appellativo di Simon Mago, cfr. sub voce.

Vedi anche
Gesù Cristo Gesù Cristo ‹-ʃù krì-› (gr. 'Ιησοῦς Χριστός, 'Ιησοῦς ὁ Χριστός, anche Χριστὸς 'Ιησοῦς; lat. Iesus Christus, anche Ihesus, onde i compendî IHS, IHS, e simili). - Il fondatore del cristianesimo e della Chiesa; secondo la fede cristiana, il Redentore del genere umano e, conforme alle definizioni dei primi ... epifania Termine greco (ἐπιϕάνεια, «manifestazione»), usato in senso religioso dai Greci per indicare l’azione di una divinità che palesa la sua presenza attraverso un segno (visione, sogno, miracolo ecc.). Sono ricordate epifania di Zeus, di Artemide, di Dioniso, e in particolare, di Asclepio, divinità sanatrice, ... santi Innocenti I bambini di Betlemme, da due anni in giù, fatti trucidare, secondo il vangelo di Matteo (2, 16), da Erode allo scopo di uccidere Gesù, della cui nascita era stato informato dai Magi. La scena della strage degli i. è uno degli oggetti più frequenti nell’iconografia cristiana. Eròde il Grande re di Giudea Eròde (gr. ‛Ηρώδης, lat. Iulius Herodes) il Grande re di Giudea. - Figlio (n. circa 73a. C. - m. 4 a. C.) di Antipatro, un Idumeo giudaizzato. Alla fine del suo regno nacquero Giovanni Battista e Gesù; secondo Matteo (2, 16), appresa dai magi la notizia della nascita di Gesù, da essi qualificato "re ...
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    Enciclopedia dell' Arte Medievale (1997)
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Vocabolario
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vatìcino
vaticino vatìcino s. m. [tratto da vaticinare; cfr. lat. vaticĭnus, agg., «profetico»], letter. raro. – Vaticinatore, profeta: Magi, astrolagi e molti nigromanti, Vaticini, ..., che ve n’era Gran copia allora (Pulci).
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