Magister portulanus
I magistri portulani erano gli ufficiali regi preposti alla gestione e al coordinamento dei porti in ampie circoscrizioni territoriali. Le loro funzioni furono definite più compiutamente nel 1240, nell'ambito di una generale ristrutturazione delle magistrature preposte all'amministrazione delle entrate regie. A Giovanni de Cioffo, maestro camerario a porta Roseti usque Farum era affidata la responsabilità dei porti abilitati al carico delle merci ricadenti nel suo distretto, e cioè quelli della Calabria, della Valle di Crati e della Terra Giordana, inclusi i due scali di Crotone e di Vibo, di recente istituzione (Il registro della cancelleria, 2002, p. 881). Analogamente, Ugo de Lilla fu nominato magister portulanus per il nuovo distretto comprendente Puglia e Basilicata (ibid., p. 885) ‒ in luogo dei precedenti magistri portuum, dei quali la documentazione dà testimonianza fino al 1239 per i porti pugliesi, nelle persone di Riccardo de Traiecto e Giovanni de Romaldicio (ibid., p. 379) ‒ e Giovanni de Thermulis aveva assegnato il distretto d'Abruzzo; venivano anche istituiti un magister portulanus per il Principato e uno per la Terra di Lavoro (ibid., p. 889). La situazione siciliana, preesistente alla riforma, vedeva la presenza di due magistri portulani, uno per la Sicilia ultra flumen Salsum, nella persona di Oberto Fallamonica, il potente secretus Panormi e allora secretus Siciliae, e uno per la Sicilia citra flumen Salsum, nella persona di Angelo Frisario. Tuttavia, per l'isola, occorre rilevare che la presenza dei magistri portulani è anteriore rispetto alla parte continentale del Regno; Angelo Frisario, infatti, già nel 1239 è magister portulanus per la Sicilia citra (ibid., p. 80) e l'ufficio funziona già in maniera regolare.
La figura del magister portulanus si delinea quasi a margine al riassetto dell'amministrazione del Regno e tuttavia ha un'importanza strategica di primo piano. L'ufficio, infatti, pur non trovando alcuno spazio nella normativa generale contenuta nel Liber Augustalis, rappresenta la saldatura di un'operazione complessa avviata dallo Svevo soltanto un anno prima, con la Ordinatio novorum portuum per regnum ad extraenda victualia del 1239. Con questa ordinanza il sovrano stabiliva che per cinque anni tutti i commerci di generi alimentari, e cerealicoli in particolare, potessero svolgersi esclusivamente in alcuni porti stabiliti, posti sotto la custodia di portulaniregi; sulle merci esportate si sarebbe dovuto pagare lo ius exiturae, pari a un quinto del prodotto esportato per la Sicilia e la Puglia ‒ zone con maggiore abbondanza di victualia ‒ e a un settimo per Abruzzo, Terra di Lavoro, Principato, Calabria. L'istituzione di un regime di controllo e di tassazione per i generi alimentari esportati dal Regno, e in particolare per i prodotti cerealicoli, l'individuazione di porti regi ‒ gli unici abilitati a consentire questi traffici ‒, la creazione di una rete funzionariale su base locale, costituita da undici portulani o custodes portuum ‒ solitamente uno per ogni porto, con le eccezioni di Pozzuoli e Trapani ‒ ai quali si affiancava un notaio per la redazione delle scritture contabili, costituivano la prima fase tangibile di una politica di riforma del sistema commerciale del Regno, che avrebbe lasciato tracce ben più durature di quanto probabilmente non si prevedesse con questa disposizione che aveva appunto carattere temporaneo e durata limitata a un quinquennio. Se infatti, ancora nel 1239, i custodes portuum dovevano corrispondere gli introiti della loro attività direttamente ai recollectores pecunie e fare un rendiconto annuale dell'andamento dei traffici nel porto di loro competenza direttamente al sovrano, appena pochi mesi dopo ‒ nel maggio dell'anno successivo ‒ il sistema veniva modificato e adeguato alle esigenze di un controllo territoriale più diretto e più articolato.
L'individuazione di ufficiali con competenze distrettuali, i magistri portulani, appunto, o l'attribuzione della giurisdizione sui porti e della sorveglianza sui custodes portuum a personaggi di fondamentale rilevanza per il controllo del territorio ‒ quali il secreto di Sicilia o il maestro camerario di Calabria ‒ connotavano la nuova magistratura come il tramite diretto fra il sovrano e i funzionari locali. I magistri portulani diventavano allora i responsabili diretti della gestione dei commerci marittimi, sia per quanto riguardava l'esazione dei diritti di estrazione dei cereali, sia per la gestione dei meccanismi commerciali. La loro presenza si rendeva necessaria per adeguare la rete funzionariale alle nuove esigenze di politica economica del sovrano: infatti, l'impulso dato al commercio regio passava attraverso la creazione di una flotta mercantile affidata all'ammiraglio, la ristrutturazione dei fondaci regi, anche mediante il potenziamento dei fundicarii, i funzionari locali preposti alla loro gestione, e il controllo dei porti e dei traffici marittimi, sia con i mercanti stranieri che per le merci di proprietà della Curia. I compiti dei magistri portulani erano quindi attinenti al controllo degli scali marittimi: essi dovevano nominare direttamente i custodes portuum, tenere le scritture relative all'attività di tutti i porti sotto la loro giurisdizione, raccogliere le somme esatte in sede locale e utilizzarle su mandato della Curia regia; occasionalmente si occupavano anche della riscossione di tributi non derivanti direttamente dalle attività commerciali; a loro era infine affidata la manutenzione dei granai regi e degli approdi. Il rendiconto della loro amministrazione e tutti i registri contabili dovevano essere consegnati ai maestri razionali. Potevano anche concedere, su autorizzazione della Curia, le licenze di esportazione ed era loro affidato il carico cerealicolo in uscita dai granai regi; ciò spiega i loro frequenti contatti con l'ammiraglio, in relazione alla scelta delle rotte più opportune per vendere al miglior prezzo le scorte cerealicole regie, e alla protezione dei commerci pubblici a danno dei traffici mercantili gestiti in proprio dai mercanti stranieri.
fonti e bibliografia
Historia diplomatica Friderici secundi; Acta Imperii inedita, I.
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