magnificare
Chiarito dallo stesso D. nel suo significato etimologico (magnificare, cioè fare grandi, in Cv I X 7), il verbo assume tuttavia il senso, derivatogli dall'uso scritturale, di " esaltare ", " glorificare ", e corrisponde al collaterale vocabolo, pur esso latineggiante, di ‛ laudare-lodare ', ma con una sfumatura più dotta e tecnica (si vedano le occorrenze di Cv I II 11, XI 18 e 19).
Infatti, mentre il magnificare la lingua volgare è presentato come uno dei moti promossi dall'amore (Cv I X 6) verso un oggetto nobile e grande, e richiama pertanto sia la ‛ lode ' presente nella lirica amorosa sia la ‛ glorificazione ' presente nei testi sacri, l'assunzione del termine nel suo preciso valore etimologico spiega come mai la lode del volgare non si risolva in un eloquente elogio, ma sia implicita nello stesso commento. La ‛ grandezza ' e nobiltà del volgare, consistenti soprattutto nella capacità di esprimere i concetti della mente (§§ 7-10), attraverso il commento delle canzoni vengono, secondo D., " attualizzate ", " palesate "; sicché può dirsi veramente che egli ‛ magnifichi ' il volgare, ossia ne realizzi la grandezza.