magnificenza
Contemplata fra le undici virtù che fanno la nobiltà dell'animo, e che D. distingue ed enumera seguendo l'Etica aristotelica, in Cv IV XVII 5 la m. è collocata al quinto posto e definita come la virtù moderatrice de le grandi spese, quelle facendo e sostenendo a certo termine; essa cioè esclude la folle prodigalità, ma adegua le spese alla grandezza della persona e dell'opera che intende compiere. In questo senso tale virtù viene già illustrata da Brunetto Latini nel Tresor (VI 20). La considerazione della m., quale virtù adeguata a un particolare livello sociale, ossia a quello dei nobili e dei potenti, in forza dell'universale norma della convenienza, viene assunta quale esempio nella dottrina retorica del De vulg. Eloq., per dimostrare come anche il volgare illustre convenga soltanto ai più degni fra i rimatori: exigit enim magnificentia magna potentes (II I 5). Il che si spiega e col fondamento etico della poetica dantesca del volgare illustre e con la sfumatura estetica che serba tuttavia la virtù della m., in quanto essa richiama, accanto all'idea di ‛ grande ', quella di ‛ splendido ' e di ‛ eccellente '.
In questo senso m. designa, secondo l'uso biblico (Ps. 70, 21), il carattere proprio dell'opera divina, la generosità delle grazie spirituali, perciò splendide e grandi, per cui a sua volta Dio viene ‛ magnificato ' (v. MAGNIFICARE). Due volte infatti D., nella preghiera a Beatrice e nella preghiera di Bernardo alla Vergine (Pd XXXI 88 e XXXIII 20), esalta la m. di cui le due creature celesti sono dotate, e che consiste nella " munificenza ", nella generosità delle eccelse grazie, che esse, ministre di Dio, elargiscono, in un contesto che ricorda appunto il " magnificat " della tradizione biblica. Ma nel primo caso m. è stata intesa come il complesso delle grazie elargite (Sapegno). Questo significato oggettivo assume invero la m. in Pd XVII 85, dove magnificenze sono le opere grandi e le grandi imprese di Cangrande, le manifestazioni della sua m. con una chiara allusione alla dottrina cortese. Analogamente, interpretando il salmo 8, 2 in Cv II III 11 (quella magnificenza de la quale parlò il Salmista quando dice a Dio: " Levata è la magnificenza tua sopra li cieli "), D. concepisce la m. divina come lo soprano edificio del mondo che formato fu solo ne la prima mente, laddove il salmista si riferiva alla suprema ‛ lode ' di Dio " elevata... super caelos ".