MAHDIA
Località della costa tunisina, presso la quale nell'anno 1907 furono trovati in mare gli avanzi di un'antica nave, visitata negli anni seguenti sino al 1913 da palombari. Fu così possibile recuperare un'importante quantità di opere d'arte e di mercanzie. Tutte le opere d'arte si trovano attualmente nel Museo Alaoui al Bardo, in Tunisi.
L'esame della semplice ceramica d'uso comune e delle lampade in terracotta dell'equipaggio consentono di porre la data dell'ultima crociera della nave circa nel 100 a. C. La provenienza da Atene del carico è garantita dall'uso di marmo imettio e pentelico nelle opere di scultura e di stele attiche con iscrizioni e rilievi votivi del sec. IV a. C., usati con molta probabilità come zavorra. Inoltre le sbarre di piombo con il bollo di M. Planius L. F. Russinus e L. Pianius L. F. Russinus dovrebbero provenire dalle miniere attiche di piombo presso Laurion. Contrariamente all'ipotesi dei ritrovatori, A. Merlin e L. Poinssot, nuove ricerche hanno consentito di stabilire che la nave non trasportava preda proveniente dal sacco di Atene per opera di Silla (86 a. C.), ma un vero e proprio carico commerciale.
Questa opinione viene confermata dal fatto che la grande maggioranza dei marmi è nuova e non proviene da complessi più antichi. Sulle basi si trovano ancora le bozze di presa; i capitelli non sono stati perfettamente rifiniti; inoltre si sono conservati gran numero di pezzi dello stesso genere: per lo meno 5 capitelli di stile composito, 17 capitelli ionici tutti uguali, frammenti di 12 crateri neoattici e cinque basi di candelabri neo-attici. Anche tra i bronzi si trovano un gran numero di appliques quasi identiche. Oltre a questi dati di fatto, il carattere commerciale degli oggetti appare evidente anche per la stretta affinità stilistica tra loro. Tutte le opere appartengono più o meno all'epoca che va dalla metà alla fine del sec. Il a. C.
L'opera più importante dell'intero carico è la statua in bronzo di un adolescente in atto di porsi una ghirlanda sul capo; esso è alato e si appoggia ad un'erma barbuta. Su questa si trova la firma dell'artista: Boethos Kalchedonios epoiei (v. Boethos, I°). Un confronto stilistico di questa opera con il gruppo di Afrodite e Pan da Delo ci consente di datare la statua nella seconda metà del sec. Il a. C. In essa lo Hauser e lo Studniczka hanno riconosciuto la personificazione dell'Agone (v.). Sono inoltre importanti le statuette bronzee di grotteschi danzatori, due nane e un nano (v. caricatura), le cui comiche movenze in una danza bacchica, accompagnata dal suono dei crotali, sono rappresentate con vivacità. Queste scenette di genere paiono aver origine nell'arte alessandrina (v.), dalla quale furono trasmesse agli artisti del tardo ellenismo. Lo stile delle statuette suggerisce anch'esso come data la seconda metà del sec. Il a. C. Il rapporto tra figura e spazio rivela le tendenze tardo-ellenistiche della struttura centrifuga e centripeta. Affine ai grotteschi danzatori è una statuetta in bronzo che rappresenta un Eros che suona la cetra. Anche la statuetta bronzea di un satiro in corsa rivela chiaramente la struttura centrifuga del tardo ellenismo; mentre un influsso classicistico è evidente in una statuetta di Hermes in piedi, con calzari alati e un piccolo mantello gettato sulle spalle.
Altro gran numero di bronzi erano destinati a venir applicati a fine decorativo. Due busti in bronzo con cornice dello stesso metallo rappresentano Dioniso e Arianna, e probabilmente servivano di decorazione alla parete della stessa nave. Altri bronzi destinati a venir fissati sulle pareti rappresentano busti di Atena e di Nike, teste di satiri e di sileni. Numerosi sono pure gli elementi decorativi in bronzo da applicare su letti (klinai) e le gambe per gli stessi, ugualmente in bronzo. Le guarnizioni metalliche per spalliere, presentano in alcuni casi protomi di mulo. Vi è inoltre tutta una serie di suppellettile in bronzo: candelabri, lampade, un braciere quadrato decorato da teste di leoni e di satiri, e altri oggetti che non sono stati ancora sufficientemente pubblicati. Fra questi è da rilevarsi un bacino in bronzo dell'avanzato Il sec. a. C. con ornamento intarsiato in argento raffigurante un meandro e con sostegni, a volute correnti, per le anse, perdute (Suppl. ii, F. n. 282). Importanti alcune lastre rettangolari in bronzo decorate da due grifoni contrapposti ai lati di un cratere, destinate ad applicazioni. Sono i prototipi delle prime lastre architettoniche romane in terracotta del cosiddetto tipo Campana.
Particolare menzione meritano, tra le opere in marmo, i già citati rilievi votivi attici, usati per zavorra. Fra questi si trovano un rilievo molto consunto con Cibele troneggiante (Cat. Museo Alaoui, Suppl. ii, C. 1198) e due bei rilievi con banchetto funebre, dei quali l'uno (Suppl. ii, C 1199) mostra il dio barbato sdraiato, con in testa una corona a pòlos o kàlathos, che con la destra alza un rhytòn e con la sinistra regge una coppa. Ai piedi della kline siede la sua compagna con un cofanetto; davanti alla kline si trova un tavolo con cibi e a destra il piccolo servo. Tre adoranti avanzano da sinistra.
L'altro rilievo (Suppl. ii, C 1200), più danneggiato, mostra la stessa composizione, ma qui il dio tiene nella mano destra abbassata una phiàle mentre un piccolo inserviente mena da destra un maiale. I rilievi appartengono all'arte attica dell'avanzato IV sec. a. C. e, come le iscrizioni dei Paraloi, provengono probabilmente da un santuario del Pireo. Molto importanti sono i crateri neoattici; si è riusciti a ricostruirne due del tipo del cratere Borghese con Dioniso e Arianna, il tiaso dionisiaco, e altri due del tipo del cratere di Pisa con il ritorno di Dioniso, Pan e ninfe. Con la raggiunta datazione della nave intorno al 100 a. C., si è potuto avere un importante punto di riferimento riguardante la prima attività delle officine neoattiche di Atene alla fine del sec. Il a. C. (v. neoatticismo).
La qualità di questi primi marmi neoattici, tuttora collegati alla tradizione viva del tardo ellenismo, che presentano ritorni precoci in senso classicistico (v.), supera di gran lunga nella loro fattura i successivi prodotti delle officine neoattiche di età imperiale romana. Sono pure ben conservate alcune basi triangolari di candelabri neoattici, decorati sulle tre facce. Ricordiamo inoltre, fra i grandi marmi, la testa e la parte superiore del corpo di una dea, che rivela chiaramente caratteri misti tardo-ellenistici e classicistici, che possono riconnettersi all'arte prassitelica (Suppl. ii, 1183). Di particolare importanza è il torso di un adolescente con la gamba destra leggermente mossa in avanti e un mantellino sulla spalla sinistra (Suppì. Il, C 1174). Si tratta di un'opera di eccellente qualità, ma non è facile esprimere un giudizio sullo stile. Sembra certo, comunque, che il motivo della parte inferiore del corpo, così flessuosa, sia ripreso dalle opere dei primordi del IV sec., mentre la parte superiore, stranamente severa e rigida, segue piuttosto prototipi della prima attività policletea. Nell'insieme si potrà riconoscere in questa piccola, ma importante opera un eccellente lavoro del primo classicismo attico della fine del Il sec. a. C.
Tra i capitelli in marmo sono da notarsi quelli di stile composito, che al di sopra del calice a foglie mostrano ali falcate, con rosette e teste di grifi leonini. Un tipo analogo di capitello, usato nei Propilei interni di Eleusi, ne garantisce la connessione con l'arte attica del declinante ellenismo.
Tutte le mercanzie della nave, tra le quali vanno compresi anche i preziosi letti con ornamenti in bronzo, sono certamente prodotti del commercio artistico ateniese, destinati agli acquirenti romani. Tanto le opere d'arte quanto le suppellettili sembrano essere state destinate alla decorazione e all'arredamento di ville romane.
Monumenti considerati. - L'Agone di Boethos di Calcedone (v. boethos, i°): C. Praschniker, in Anzeiger Wien, 1945, p. 30; K. A. Neugebauer, Bericht über den VI internationalen Kongressfür Archäologie, Berlino 1939-1940, p. 422; W. Fuchs, Die Vorbilder der neuattischen ReZiefs, 20° suppl. allo Jahrbuch, Berlino 1959, p. 186, n. 15. Statuette bronzee dei danzatori grotteschi, dell'Eros, ecc.: A. Merlin, in Mon. Piot, xviii, 1910, p. 6 ss., tavv. 1-5; Catalogue du Musée Alaoui, suppl. ii, 1922, F 208, F 225, tavv. 12-14; M. Bieber, The Scuipture of the Hellenistic Age, New York 1955, pp. 97, 145, fig. 613. Appliques in bronzo, lampade, bracieri, ecc.: Catalogue Musée Alaoui, suppl. i e ii, F 225-366, tavv. 14-16. Decorazione dei letti: A. Greifenhagen, in Röm. Mitt., xlv, 1930, p. 143, n. ii, figg. 2-3, tav. 44; K. A. Neugebauer, in Ath. Mitt., lvii, 1932, p. 33 ss. - Lastre in bronzo con grifoni davanti a un cratere: A. Schulten, in Arch. Anz., 1914, fig. 3; cfr. Rohden-Winnefeld, Architektonische römische Tonreliefs der Kaiserzeit, tav. 6, 2. - Sculture neoattiche in marmo: A. Merlin-L. Poinssot, Gratères et candélabres de marbre trouvés en mer près de Mahdia, 1930; W. Fuchs, op. cit. in bibl.
Bibl.: H. von Schoenebeck, Mnemosynon Theodor Wiegand, Berlino 1938, p. 62 ss.; M. Rostovtzeff, Social and Economic History of the Hellenistic World, Oxford 1941, III, pp. 744-746; W. Fuchs, Die Vorbilder der neuattischen Reliefs, 20. Suppl. dello Jahrbuch, Berlino 1959, p. 183 ss., tav. 39. Sulle iscrizioni attiche del IV sec. a. C.: Musée Alaoui, Suppl. II, C. 1201; D. 1139-1143; A. Dain, in Rev. Ét. Gr., XLIV, 1931, pp. 290-303.