DARWĪSH, Maḥmūd
Poeta arabo di Palestina, nato a Birwa in Galilea nel 1941. Profugo dapprima nella spartizione del 1948, cercò poi di reinserirsi, mantenendo la sua fisionomia spirituale e culturale araba, nella società israeliana di Palestina. S'iscrisse così a quel partito comunista e collaborò a giornali arabi in Israele; fu strettamente sorvegliato e più volte imprigionato. Nel 1971 lasciò la patria e si stabilì al Cairo, per continuarvi in libertà la sua opera letteraria e la sua propaganda per la causa araba palestinese.
Le sue raccolte poetiche (Awrāq az-zaitūn, "Le foglie degli ulivi", 1964; 'Ashiq min Filasṭīn, "Un innamorato dalla Palestina", 1966; Ākhir al-lail, "La fine della notte", 1967; Kitāba 'ala ḍaw.' al-bunduqiyya, "Scritto alla luce di un fucile", 1970), riunite in volume nel 1970 come Diwan M.D., lo hann0 collocato in prima linea fra i poeti della Resistenza palestinese. In una gamma che va dall'appassionata rievocazione lirica della sua terra allo sfogo d'ira e di odio contro l'intruso nemico, D. ha saputo dare alla sua protesta politica una rara incisività: come nella celebre Carta d'identità, ove un Arabo di Palestina, declinando le proprie generalità a un ottuso burocrate, proclama alta la sua povertà, la sua fame di patria e giustizia, il suo represso furore. Nello sviluppo della produzione poetica di D. si sono fatte più frequenti lunghe composizioni monologiche (non sempre con vantaggio dell'arte), ove il poeta alterna al rimpianto, all'ira, alla nostalgia, flash-back sul passato e mimi convulsi del presente di tensione e di lotta. Il vigore di questarpoesia di combattimento (ve ne sono saggi tradotti in più lingue, anche in italiano, per cui v. bibl.) ha procurato a D. meritata fama in tutto il mondo arabo e in Europa.
Bibl.: Poeti arabi della Resistenza, Versi di fuoco e di sangue, a cura di I. Nauri, Roma 1970, pp. 10-24; G. Canova, La poesia della Resistenza palestinese, in Oriente moderno, LI (1971), pp. 583-630.