MAIJISHAN
Località situata a 45 km a SE della città di Tianshui, ai confini meridionali dell'odierna provincia del Gansu (Cina); è importante per il complesso di santuarî rupestri scavati lungo le pareti di una collina.
Il corridoio del Gansu è stato per secoli la principale via di comunicazione tra la Cina e le civiltà dell'Asia centrale ed è una regione ricca di monumenti analoghi a quelli del M.: Dunhuang, il Wenshushan di Jiuquan, l'area dei due Matisi, il Pinglingsi di Yongjing. Benché il luogo in cui si erge l'altura del M. resti assai isolato, esso non è distante dalle arterie che collegavano la metropoli di Chang'an a Lanzhou e Dunhuang (e quindi all'Asia centrale) e, più a S, alla provincia del Sichuan.
Le grotte sono scavate nella parete di roccia lungo lo strapiombo del lato S del monte e sono collegate tra loro solo in parte da impalcature e passerelle recentemente ricostruite. L'intero complesso, comprendente 194 grotte e nicchie, scavate quasi sempre a scopo devozionale, è diviso in due sezioni da una spaccatura della parete rocciosa; le 140 grotte della sezione occidentale sono di poco più antiche delle 54 che si trovano in quella orientale. Ai piedi del monte si erge un tempio, chiamato ora Ruiyingsi, la cui fondazione viene fatta risalire al VII secolo. La rilevanza del M. per la storia dell'arte risiede nelle circa 7.000 sculture, modellate in argilla nella quasi totalità dei casi, e nelle pitture murali contenute nelle grotte.
Le prime notizie che troviamo nelle fonti storiche testimoniano la presenza di una comunità monastica attorno a due figure carismatiche di maestri, Tanhong e Xuangao. Ritiratisi al M. tra il 420 e il 426 per dedicarsi alla meditazione, costoro radunarono ben presto una folta schiera di seguaci, lontano dalle guerre che in quegli anni devastavano la regione e la città di Chang'an.
Alcune delle grotte, in effetti, sembrano risalire al periodo compreso tra la fine del IV e la prima metà del V sec. (nn. 70, 74, 78, 165), sebbene siano state proposte anche datazioni anteriori alla metà del V secolo. Il numero delle grotte aumenta sensibilmente con la dinastia dei Wei Settentrionali (385-535), che estendono la loro influenza sulla regione poco prima della metà del V sec. (l'iscrizione più antica conservata è del 502), soprattutto nell'ultima parte di questo periodo (dall'inizio del VI sec. al 535). La popolarità del sito continua con la dinastia dei Wei Occidentali, grazie anche alla vicinanza della capitale Chang'an.
A questo periodo risale tra l'altro l'episodio della consorte dell'imperatore Wendi dei Wei Occidentali, qui tumulata nel 539 (la grotta 43 della sezione E adibita a mausoleo è l'esempio più antico del genere tra i complessi di santuarî rupestri in Cina).
Un numero notevole di grotte appartiene all'epoca dei Zhou Settentrionali, alle soglie della riunificazione dell'impero sotto i Sui (589-618). Poche, anche se interessanti, sono le testimonianze Tang al M. e ciò corrisponde al silenzio delle fonti storiche e all'assenza di documenti epigrafici coevi. Con l'XI sec. si apre di nuovo un periodo di prosperità, con numerosi esempî di arte buddhista Song; ma bisognerà aspettare la metà del periodo Ming (1368-1644) per trovare tracce di lavori di restauro, anche se di scarsa qualità artistica. Il sito fu quasi del tutto trascurato sotto i Qing, fino alla campagna archeologica che nel 1953 diede il via agli studi di questi ultimi anni sul Maijishan.
Lo stato di conservazione dei dipinti murali al M. non è eccellente e da questo punto di vista non c'è modo di fare paragoni, p.es., con Dunhuang. Il M. fornisce tuttavia abbondanti esempî di scultura in argilla che doveva essere molto usata in ogni tempio o santuario. Prima che si conoscesse il M. se ne avevano testimonianze tratte per la maggior parte dalle statuine funerarie. Praticamente tutte le sculture di questo sito sono realizzazioni coroplastiche, compresi i colossi del lato E, modellati direttamente sul conglomerato roccioso. Le statue di argilla nelle grotte sono piene o modellate integralmente su un'armatura lignea, con le braccia sostenute da una struttura in legno. Successivamente sulla creta veniva applicato il colore. Esigua è la presenza di sculture in pietra. Degni di nota sono però 118 pannelli con bassorilievi con scene della vita del Buddha o tratte dal «Sūtra del Loto», che si trovano nella grotta 133.
Dal punto di vista iconografico e stilistico, al M. è possibile seguire un certo sviluppo. Nel periodo più antico compaiono le prime triadi di Bodhisattva, a cui si affiancano, a partire dall'inizio del VI sec., gruppi scultorei assai più complessi sistemati sulla parete di fondo e comprendenti Buddha, discepoli, Bodhisattva e guardiani (dvārapāla).
Altrettanta ricchezza di contenuti figurativi orna le pareti laterali, con Buddha in posizione eretta, i dieci grandi discepoli, cortei di devoti rappresentati anche in bassorilievo. Sono degne di nota, in quanto rappresentative dello stile coevo dell'arte buddhista della Cina settentrionale, le composizioni pittoriche parietali, anche di grandi dimensioni, con scene tratte da famosi episodi contenuti nelle scritture. Particolarmente importante è la rappresentazione della Terra Pura d'Occidente (il Paradiso del Buddha Amitābha) nella grotta 127, il più antico esemplare del suo genere di tale formato.
Nel periodo dei Wei Occidentali, pur conservandosi in generale lo stile degli ultimi anni dei Wei Settentrionali, nelle grotte si nota una spiccata tendenza a imitare le caratteristiche dell'architettura in legno, con porticati a pilastri ottagonali scavati nella roccia. Le sette grotte di questo periodo forniscono materiale di una certa rilevanza anche per la storia dell'architettura. Le sculture acquistano gradatamente corposità, soprattutto nel viso dei personaggi. Appaiono ora Mañjuśrī e Vimalakīrti in posizione assisa e collocati uno di fronte all'altro su pareti laterali opposte, mentre nei gruppi vengono inserite figure di fanciulli e fanciulle.
Caratteristica principale del periodo dei Zhou Settentrionali è la comparsa di una maggiore monumentalità. Si notano infatti alcune grotte di dimensioni senza precedenti, l'esempio più famoso delle quali è la c.d. Cappella dei Sette Buddha (Qifo ge) celebrata in un'iscrizione dal poeta Yu Xiu (513-581). Essa fu fatta scavare dal «Governatore Generale» della vicina Qinzhou (l'odierna città di Tianshui) in memoria del padre defunto e si trova nel punto più alto della sezione orientale della parete di roccia, a 50 m dal suolo. In origine, sulla facciata si ergeva un porticato a otto colonne sorreggente un tetto di cui oggi rimangono solo poche 'tracce e che dava accesso alla fila delle sette grotte che formano il complesso. Il gusto della monumentalità di questo periodo si ritrova anche nei tre colossi posti all'esterno della grotta 13, sotto alla Cappella dei Sette Buddha ma leggermente più a destra. Si pensa risalgano all'epoca Sui, ma furono restaurati sotto i Ming per andare in parte di nuovo distrutti nel corso dei secoli successivi.
Il M. offre ottimi esempì di scultura buddhista in argilla di epoca Song; tra questi meritano attenzione i magnifici dvārapāla che troviamo davanti alla Cappella dei Sette Buddha e nella grotta 43.
Dal punto di vista stilistico il M. tradisce influenze dovute alla sua posizione geografica, aperta all'Asia centrale, alla metropoli di Chang'an e alla tradizione regionale del Sichuan. Lo stile metropolitano di Loyang, capitale dei Wei dal 494, è ben rappresentato. Tuttavia, più che motivi di origine occidentale, così evidenti a Dunhuang, si possono riconoscere a M. diverse tendenze provenienti dall'India e dall'Asia sud-orientale che nel VI sec. penetrarono nel Sichuan, risalendo il fiume Yangzi da Nanchino (grotta 169).
Bibl.: Z. Zheng, Maijishan shiku («Le grotte del Maijishan»), Pechino 1953; Y. Natori, Bakusekisan sekkutsu («Le grotte del Maijishan»), Tokyo 1957; M. Sullivan, The Cave Temples of Maichishan, Berkeley-Los Angeles 1969; AA. VV., Bakusekisan sekkutsu («Le grotte del Maijishan»), Tokyo 1987.