MAIS
. La voce dell'uso comune, granoturco o granturco, è impropria. All'epoca in cui in Italia si conobbe questo grano, nel 1800 circa, era comunemente usata dal volgo la parola "turco" per qualificare cose forestiere, straniere, venute da lontano, da luogo ignoto; e così il volgo con "granoturco" volle intendere "grano forestiero". Da questa designazione furono tratti in errore anche alcuni dotti, che vollero originaria dell'Asia la pianta. Il sinonimo mais, adottato da tutti gli autori moderni, che è la voce latina della classificazione botanica, deriva da mahiz, nome che Cristoforo Colombo trovò usato dagl'indigeni a Hispaniola; fr. blé de Turque, maïs; sp. trigo de India, trigo de Turquía; ted. türkischer Weizen, Mais; ingl. Turkey corn, maize; in America corn; dial. ital.: formentone, frumentone, granone, sorgoturco, polenta, meliga, grano d'India, ecc. Il mais (Zea mays L.) è originario dell'America Centrale: fu portato in Spagna da Colombo dopo la scoperta dell'America, dov'era estesamente coltivato e costituiva l'alimento principale della popolazione. Dalla Spagna fu introdotto nell'Italia settentrionale (Veneto) poco dopo il 1500, ma la prima importante coltivazione di cui si ha notizia è quella del 1554 nel Polesine e basso Veronese. La coltivazione del mais si diffuse lentamente; rimase circoscritta nel Veneto fin verso la metà del sec. XVII, in cui compare in Lombardia e poi in Piemonte; si diffuse nelle altre regioni dell'Italia settentrionale e nell'Italia centrale durante il secolo XVIII. Nel mezzogiorno d'Italia il mais fu importato direttamente dalla Spagna fin dal sec. XVI, ma si diffuse lentissimamente, tanto che nel sec. XVIII non si conosceva ancora dappertutto. Nelle altre regioni europee, il mais, conosciuto più tardi, si diffuse ancor più lentamente; le prime notevoli coltivazioni sono del sec. XVIII nel mezzogiorno della Francia e contemporaneamente, o più tardi, nelle altre nazioni, Spagna compresa, dove, dopo le prime coltivazioni tentate negli ultimi anni del sec. XV, era stato quasi abbandonato. Ora è uno dei cereali più coltivati nelle zone temperate e calde di tutto il mondo. Il centro di maggiore produzione e consumo è l'America Settentrionale; seguono, per ordine d'importanza, l'Europa, l'America Meridionale, l'Asia, l'Africa e l'Oceania.
Specie E varietà. - Il mais appartiene al genere Zea della famiglia Graminacee. È pianta annua monoica a fiori diclini: gli staminiferi riuniti in un'infiorescenza a pannocchia (volgarmente pennacchio) che si trova all'estremità dello stelo o culmo; i pistilliferi in un'infiorescenza a spiga (volgarmente pannocchia) - avvolta da brattee (volgarmente cartoccio) - inserita in un nodo del culmo stesso. Mentre, di regola, ogni pianta ha un solo pennacchio, può avere più d'una spiga, generalmente 2-3, 8-10 e anche più in certe varietà. Data la posizione, su ogni singola pianta, degli stami e dei pistilli, si ha di regola, nel mais, la fecondazione prevalentemente incrociata.
Nell'unica specie Zea mays, Linneo comprese tutte le forme di mais conosciute; fra le classificazioni tentate da diversi studiosi (M. Bonafous, G. Heuzé, F. Körnicke, C. D. Harz, ecc.) la migliore è quella di E. L. Sturtevant, che divise la specie collettiva linneana nelle seguenti "specie agrarie": Zea mays tunicata (a granelli vestiti), Z. m. everta (a granelli cornei e rostrati), Z. m. indurata (a granelli cristallini), Z. m. indentata (a granelli a dente di cavallo"), Z. m. amylacea (a granelli amidosi), Z. m. saccharata (a granelli zuccherini). Nelle diverse specie lo Sturtevant descrive oltre 500 varietà.
In pratica le varietà vengono distinte in maggenghe (quelle che si seminano in primavera) e cinquantine o quarantine (quelle che si seminano in estate, per secondo raccolto): divisione basata sulla lunghezza del ciclo vegetativo. Nella scelta delle varietà da coltivare ha molta importanza la distinzione delle varietà stesse, oltre che in tardive e precoci, in giganti e nane e in relazione alla forma, colore e consistenza dei granelli (duri e teneri). In ogni specie vi sono varietà a granelli di svariatissimi colori: bianco, giallo più o meno pallido, più o meno intenso, più o meno rossastro, rosso vinoso, viola e marrone più o meno intensi, fino ad apparire decisamente nero.
Le varietà coltivate in Italia appartengono quasi tutte per granelli alla specie Z. m. indurata (granelli cristallini), pochissime alla Z. m. everta e alla Z. m. amylacea. Le più comuni sono: pignoletto, nostrano dell'isola, taiolone, capotico, scagliolo, nano precoce, friuloto, gialloncino veronese, montasico.
Razze elette. - Il miglioramento di razza nel mais, col mezzo della selezione di varietà impure o della selezione preceduta da incrocio artificiale, è largamente praticato nelle numerose stazioni agrarie nordamericane, che hanno studiato il mais sotto i più svariati aspetti, e in Italia nell'Istituto di allevamento vegetale per la cerealicoltura di Bologna, nella Stazione di maiscoltura di Bergamo e nella R. Stazione dì granicoltura di Rieti. Le razze elette più note sono le seguenti: pignoletto 4A, nano 2, nano 16, montasico 9, ecc. (F. Todaro); Principe Potenziani, ideale, eureka, pioniere, ecc. (N. Strampelli); nano precoce reggiano (A. Succi), ecc.
Coltivazione. - La semente. - Impiegando seme di razza eletta, è preferibile rifornirsene ogni anno dagl'istituti di selezione o da enti commerciali da essi controllati. Nel caso che l'agricoltore produca da sé il seme, di razza eletta o di varietà comune impura, è necessario che operi la scelta delle spighe migliori, con granelli del medesimo colore e di mole uniforme, traendole da piante bene sviluppate e sane che abbiano riprodotto perfettamente il tipo della razza o della varietà cui appartengono. Si debbono escludere i granelli più piccoli, passando attraverso un vagliocernitore tutti quelli ottenuti in massa dalle spighe scelte.
Sementi incrociate. - È noto che i granelli di mais provenienti da autofecondazione (polline della medesima pianta) dànno piante poco vigorose e scarsamente produttive, mentre i granelli provenienti da fecondazione incrociata, fra piante della medesima razza o varietà o meglio ancora fra piante di varietà diverse, dànno piante notevolmente più vigorose e produttive di quelle dei genitori. Si può pertanto aumentare la produttività del mais usando per la semina seme "incrociato di prima generazione". La semente incrociata si può ottenere da una medesima razza o varietà, ma i migliori risultati si hanno da quella proveniente da due varietà diverse, che debbono avere però uguale lunghezza di ciclo vegetativo e granelli di mole uguale o poco differente e di uguale colore. Si seminano le due varietà a file alterne e si castrano (togliendo l'infiorescenza maschile - il pennacchio - appena viene emessa, prima cioè che lasci cadere il polline) le piante della varietà che si vuole far servire come portaseme: è bene che l'impollinante sia la varietà comunemente coltivata nella zona nella quale si opera. I granelli raccolti dalle piante castrate s'usano per la semina nell'anno successivo.
Terreno e lavori di preparazione. - Il mais vegeta più o meno bene in tutti i terreni agrarî; preferisce però quelli di medio impasto, freschi, profondi, ricchi di sostanza organica. Un terreno più o meno forte destinato al mais richiede arature profonde, eseguite nell'estate o almeno nell'autunno che precede la semina; in tal modo esso può immagazzinare la maggiore possibile quantità d'acqua di pioggia e costituire una preziosa riserva nel caso di siccità durante la coltivazione. Prima della semina si deve procedere allo sminuzzamento in superficie e al pareggiamento del terreno usando la zappa o meglio appositi strumenti meccanici (coltivatori, erpici, rulli, ecc.). Dove l'inverno è rigido, il terreno, arato nell'autunno, si polverizza in superficie per opera dei geli e disgeli, cosicché, se non sono sopravvenute pesanti piogge alla fine dell'inverno, non occorre che un semplice lavoro di spianatura.
Rotazione. - Il mais, esigendo lavorazioni profonde, abbondanti concimazioni organiche e frequenti lavori superficiali durante la vegetazione (sarchiature e rincalzature), è specie da rinnovo e quindi da porre in testa alla rotazione. Fanno eccezione i mais precocissimi (cinquantini e quarantini) che si possono coltivare per secondo raccolto dopo il grano, il lino, ecc. Può servire da esempio la comune rotazione quadriennale: 1° anno mais; 2° anno grano consociato a trifoglio; 3° anno trifoglio; 4° anno grano.
Concimazione. - Il concime fondamentale per il mais è il letame, che deve somministrarsi (ben maturo) in quantità rilevante, 400 - 600 q. per ettaro, e deve spargersi sul terreno immediatamente prima dell'aratura. Nei terreni poveri di sostanza organica, oppure nel caso di scarsa disponibilità di letame, questo può essere integrato col sovescio totale o parziale di lupini, trifoglio incarnato, ecc. La concimazione organica si deve completare con un'adeguata concimazione minerale fosfo-potassica e anche azotata. Si debbono somministrare 4-8 quintali di perfosfato minerale,1-3 di solfato potassico e1-3 di calciocianamide o solfato ammonico per ettaro. I concimi minerali vanno sparsi immediatamente prima della preparazione del terreno alla semina, avendo cura, con gli stessi lavori di preparazione, d'interrarli bene. In certi casi (scarsità di letame, terreni di poca fertilità naturale, decorso della stagione sfavorevole alla nitrificazione, ecc.) può essere utile anche una somministrazione di nitrati in copertura (subito prima della rincalzatura) in ragione di circa un quintale di nitrato di calcio o di sodio per ettaro. Le dosi unitarie di concimi da somministrare al mais si debbono variare (entro i minimi e i massimi indicati) a seconda delle condizioni di fertilità naturale o acquisita del terreno e delle condizioni economiche dell'azienda nella quale si opera.
Semina. - Il mais si semina in primavera, quando la temperatura minima raggiunge i 10 centigradi, il che si verifica, in Italia, fra il marzo e l'aprile. Il seme va posto alla profondità di 5 cm., più o meno a seconda della compattezza e del grado d'umidità del suolo. La semina si eseguisce a file semplici distanti fra loro da cm. 50 a i m., oppure a file binate (specialmente per varietà nane) distanti fra loro 15-30 cm. e fra le coppie 80 a 120 cm. Nelle file le piante vanno tenute a distanza di 15 a 50 cm. Per la maggiore o minore fittezza del seminato occorre aver presente il grado di fertilità del terreno, la possibilità d'irrigare e lo sviluppo che possono raggiungere le piante della razza seminata. La semina si può fare a mano con appositi piantatoi, o a macchina con seminatrici. D'un altro sistema di semina, nel fondo di solchetti, si dirà trattando della rincalzatura.
Poiché una semina bene eseguita deve portare ad avere campi uniformemente coperti di piante, ed essendo molte le cause di mancata nascita o di morte di piantine appena nate, e non tutte dipendenti dalla poca diligenza dell'agricoltore, si deve avere l'accorgimento di seminare alquanto fitto lungo le file (con la seminatrice) o di collocare 2-3 semi in ogni foro praticato nel terreno col piantatoio, portando poi, col diradamento, le piantine alla fittezza voluta quando hanno raggiunto circa 20 cm. d'altezza.
Lavori colturali. - Le zappature o sarchiature - possibilmente in numero di tre, nel periodo fra la nascita delle piante e lo sviluppo di queste fino a 50 cm. circa d'altezza, fatte con la zappa o meglio con strumenti meccanici - servono a sminuzzare lo strato superficiale del terreno allo scopo d'interrompere la capillarità e limitare quindi, anche con la soppressione delle male erbe, la perdita d'acqua per evaporazione; il terreno stesso si rende altresì più atto ad assorbire la pioggia. Con le rincalzature - possibilmente in numero di due, la prima da fare coincidere con l'ultima zappatura, la seconda quando le piante sono alte circa un metro - s'addossa al piede delle piante, per l'altezza d'una decina di cm. o poco più, la terra tolta dalle interfile. La rincalzatura ha lo scopo principale di favorire l'emissione delle radici avventizie. Essa presenta l'inconveniente d'aumentare la superficie evaporante del terreno; il che si deve evitare specie in terreni aridi e in genere nella coltura asciutta. Questo inconveniente viene eliminato seminando, in terreni bene sistemati, a scolo perfetto, nel fondo di solchetti (profondi 10-12 cm.) aperti con assolcatori collocati nelle seminatrici. Quando poi le piante sono alte 50-60 cm. invece della normale rincalzatura si chiudono i solchetti, di modo che le piante vengono lo stesso rincalzate e la superficie del terreno ritorna "in pari"; ciò proprio all'inizio del periodo in cui la siccità è più da temere.
Irrigazione. - È indispensabile l'irrigazione quando si voglia coltivare il mais nei territorî a clima normalmente arido. Ma anche nei territorî a clima generalmente caldo umido un'irrigazione fatta al momento opportuno può essere di grande aiuto alla coltivazione, specie verificandosi un periodo di siccità eccezionalmente lungo. In questo caso l'irrigazione può addirittura salvare la coltivazione che darebbe, senza di essa, un prodotto deficiente per quantità e per qualità. In ogni caso, ma specialmente ove non vi sia possibilità d'irrigare, bisogna porre le massima cura nell'esecuzione di tutte quelle pratiche che assicurano l'immagazzinamento nel terreno della maggiore quantità possibile d'acqua di pioggia e frenano la dispersione dell'acqua stessa: profonde arature autunnali o, meglio ancora, estive; numerose sarchiature, specie dopo ogni pioggia, semina nel fondo di solchetti e quindi rincalzatura "a rovescio"; adozione di razze precoci le quali, maturando prima, sfuggono alle disastrose siccità della tarda estate.
Cimatura e sfogliatura. - Per procurare foraggio verde al bestiame molto spesso l'agricoltore cima e sfoglia le piante di mais. La pratica è evidentemente dannosa e quindi, in massima, condannabile. Si può forse utilmente attuare nel caso che una siccità molto precoce e prolungata consigli di diminuire la superficie evaporante della pianta, qualora, beninteso, non vi sia possibilità di irrigare.
Consociazione. - Consociando al mais altre piante erbacee si può elevare il reddito della coltivazione, poiché il mais, se le piante da consociare sono opportunamente scelte e coltivate, può dare produzioni elevate, quasi come se fosse coltivato da solo. Si possono consociare al mais: la canapa e il girasole, per ricavarne semente, seminati in file molto distanti fra loro e parallele a quelle del mais; le lenticchie, i ceci, i piselli nani e, specialmente, i fagioli nani; i cavoli, le zucche, le carote, le barbabietole da foraggio, ecc. Per queste ultime consociazioni è preferibile seminare il mais a file binate, tenendo la massima distanza fra le coppie; le specie da consociare si seminano nelle interfile. Nel caso della couura consociata la concimazione va fatta con dosi più alte.
Raccolta. - Si fa a mano quando i granelli sono completamente induriti. Le spighe si staccano dalla pianta dopo allontanate le brattee che le avvolgono, o si staccano con tutte le brattee e si scartocciano poi sull'aia. Prima di sgranare le spighe (con apposite macchine a mano o azionate da motore) occorre che i granelli siano bene secchi; le spighe perciò si lasciano all'aria disposte in cumuli poco alti, sotto tettoie, o si dispongono sulla parete esterna della casa colonica volta a mezzogiorno. Nei luoghi umidi o in caso di raccolta molto tardiva, non potendosi ottenere un perfetto essiccamento dei granelli sulle spighe, queste si sgranano poco dopo raccolte e i granelli s'essiccano quindi in appositi essiccatoi. Il mais si conserva in granaio in strati non molto alti, avendo cura di smuoverli spesso.
Mais da foraggio. - Il mais, oltre che per ricavarne granelli, usati per l'alimentazione umana e del bestiame, si coltiva anche per ricavarne foraggio verde. Generalmente l'erbaio di mais si coltiva, quale coltura intercalare, dopo la raccolta della specie (per esempio il grano) che chiude il ciclo d'una rotazione. Si semina molto fitto, usando varietà a rigoglioso, abbondante e rapido sviluppo erbaceo (p. es., la varietà Caragua o "dente di cavallo") dopo un'aratura non molto profonda e un'adeguata concimazione. L'irrigazione in certi casi è indispensabile e in ogni caso utile per ottenere la massima quantità di foraggio.
Malattie. - La più dannosa e comune è il carbone del mais (Ustilago maydis) che colpisce tutti gli organi aerei, ma più spesso le spighe, e si manifesta con tumori, i quali racchiudono da ultimo ammassi di spore che, rotta la membrana avvolgente, diffondono la malattia. Il mezzo più efficace di lotta sarebbe rappresentato dalle razze resistenti, fin qui peraltro invano ricercate, quantunque non ne manchi qualcheduna che sembrerebbe meno soggetta al parassita. Altre malattie, che generalmente non si sviluppano in forma grave, sono le ruggini (Puccinia maydis, P. purpurea, ecc.), che colpiscono di preferenza le foglie e le brattee, e alcuni altri funghi (Diplodia maydis e varie specie di Fusarium) che attaccano i granelli sul campo.
Nemici animali. - I maggiolini, gli elateridi, le grillotalpe, gli afidi radicicoli, ecc. generalmente infliggono danni lievi. L'insetto più temibile è la Pyrausta nubilalis, lepidottero la cui farfalla depone in giugno sulle foglie le uova, dalle quali nascono piccole larve che penetrano nell'interno dello stelo e scavano lunghe gallerie per cui lo stelo stesso si indebolisce e facilmente si spezza. Come lotta (resa oggi obbligatoria in alcune provincie del Veneto, dove i danni sono più notevoli) si consiglia la distruzione degli steli e d'ogni altro residuo della coltivazione, specialmente dei pedali delle piante che restano sul campo, raccogliendoli e bruciandoli. Un insetto che può recare gravi danni ai granelli conservati in granaio è l'alucita del grano (Sitotroga cerealella), la quale può avere una prima generazione quando il mais è ancora sul campo, cosicché alla raccolta può essere già infetto. Si combatte, come tutti gli altri insetti del granaio, col solfuro di carbonio.
Produzione. - Nel decennio 1921-1930 la media produzione annua di mais è stata in Italia di q. 23.830.000. La produzione più bassa è quella dell'anno 1928 (in cui la stagione ebbe decorso eccezionalmente siccitoso) con 16 milioni e mezzo di quintali; la più alta quella dell'anno 1930 con quasi 30 milioni di quintali. Le produzioni unitarie più basse sono di quintali 11 per ettaro nell'anno 1928 e di quintali 12,7 nell'anno 1922; le più alte sono di quintali 19,7 nel 1926 e di quintali 19,8 nel 1930. In quest'ultimo anno la minore produzione unitaria s'è avuta in Abruzzo (quintali 7,5), la maggiore in Lombardia (quintali 31,7). Con i mezzi offerti dalla moderna tecnica, la media produzione unitaria del mais potrà essere notevolmente aumentata: ne dànno la sicurezza le produzioni di 50 e più quintali per ha. ottenute abbastanza comunemente nelle aziende più progredite e quelle di 70 quintali per ha. negli ultimi anni, non rarissime in prove sperimentali e in colture correnti.
La produzione annua mondiale di mais si calcola fra i mille e i milletrecento milioni di quintali. I seguenti dati riflettono la media annua del periodo 1924-1928: produzione mondiale, q. 978.225.000 (non compresi alcuni paesi dell'Asia, dell'America Meridionale e dell'Oceania); produzione americana (America Settentrionale, Centrale e Meridionale), 780.608.000; europea (esclusa la Russia), 138.898.000; degli Stati Uniti, 685.778.000; Argentina, 69.406.000; Romania, 40.475.000; Russia europea e asiatica, 36.250.000; Iugoslavia, 29.847.000; Italia, 24.696.000, ecc.
Bibl.: E. L. Sturtevant, Varieties of Corn, New York 1899; T. F. Hunt, The Cereals in America, ivi 1924; F. Todaro, Lezioni di agricoltura, Casale Monferrato 1925; L. Messedaglia, Il mais e la vita rurale in Italia, Piacenza 1927; T.V. Zapparoli, Il granoturco, Torino 1930; M. Marro e A. Succi, Coltivazione dei cereali, Torino 1931.