PATHELIN, Maistre Pierre
Farsa francese, il cui testo più antico ci è pervenuto nell'edizione di Lione del 1485-1486, a cura di Guillaume Le Roy (ha anche valore critico l'edizione successiva di Pierre Levet, del 1487, fornita anche d'illustrazioni); ma pare ormai accertato che la forma più antica di questa redazione risalga al 1464. L'anonimo autore, che senza serî argomenti è stato di volta in volta identificato con i più noti scrittori contemporanei, e perfino con Francois Villon, si ricollega per la sua cultura e meglio per la sua particolare mentalità all'ambiente della cosiddetta "Basoche", a quella speciale classe di scrivani di tribunale, commessi d'avvocati, uscieri giudiziarî, forniti di mediocre cultura, ma non privi di spirito e di spregiudicatezza morale, che essi spesso riflettevano, a partire soprattutto dal sec. XV, in alcune composizioni teatrali (moralités, sotties, farces).
Di tutto il teatro comico francese del sec. XV, Pathelin è l'unica opera che abbia saputo creare un'atmosfera di situazioni e di caratteri veramente comici, con una spontaneità semplice e furbesca insieme. Nel protagonista, che dà il proprio nome al titolo della commedia, è raffigurato il tipo dell'avvocato procacciante e senza scrupoli, che nella frequenza dei tribunali e delle leggi ha soltanto appreso il modo di eludere la giustizia e d'ingannare il prossimo: uno dei tanti legulei senza clientela, costretti a vivere di piccoli espedienti. Pathelin estorce un drappo del valore di trenta scudi a Guillaume, un tappezziere, assai benestante e altrettanto semplicione; poi, aiutato dalla moglie, Guillemette, con la quale inscena tuta una commedia, simula d'essere ammalato e di non aver fatto mai nessun acquisto, in modo che il tappezziere debba ritenersi vittima d'una allucinazione; infine sostiene dinnanzi al giudice la causa di un pastore che, al servizio di Guillaume, gli ha smarrito l'intero gregge: al montanaro insegna di simulare la più completa imbecillità, rispondendo alle domande del giudice con semplici belati. A sua volta egli stesso rimane giocato dallo zotico pastorello, che invece di pagargli l'onorario continua a rispondergli secondo il suo stesso ammaestramento. Le scene più divertenti e stilisticamente più riuscite e più ricche di vigore comico e mimetico sono quelle dinnanzi al giudice, quando il tappezziere confonde le sue due cause, quella del pastore con quella dell'acquisto di Pathelin, quella del gregge con quella del drappo. Tutte le figure hanno un colore caricaturale e il tono fondamentale della scena è quello farsesco. I motivi elementari e lo spirito senza pretese costituiscono il maggiore pregio dell'opera: l'efficacissima trasparenza degli sviluppi comici. La commedia e il carattere di Pathelin ebbero fortuna e sopravvissero all'oblio in cui cadde ben presto il teatro della "Basoche".
Ediz. e bibl.: R. T. Holbrook, Maistre P. P., farce du XVe siècle, Parigi 1924, nei Classiques français du moyen âge (con introd. e bibl.); id., Pour le commentaire de Maistre P.P., in Romania, LIV (1928), pp. 66-98.