HONORÉ, Maître
Miniatore parigino documentato dal 1287 ca. al secondo decennio del Trecento.Il nome di H. è legato a un solo codice miniato, il primo superstite da un punto di vista cronologico, il Decretum Gratiani con glosse di Bartolomeo da Brescia, conservato a Tours (Bibl. Mun., 558). Come era consuetudine del capobottega, H. eseguì soltanto il frontespizio del manoscritto (c. 1r), con l'illustrazione di un re che detta il diritto a un segretario alla presenza di un cavaliere, di un rappresentante del clero e di un giudice laico. È stato merito di Delisle (1902) segnalare che a c. 351r una nota in latino documenta che il manoscritto venne acquistato nel 1288 direttamente dal miniatore H., che abitava a Parigi, presso la chiesa di Saint-Séverin: "Anno Domini M.CC.LXXX. octavo anni presens Decretum ab Honorato illuminatore morante Parisius in vico Herenenboc-de-Bria precio quadraginta librarum parisiensium".H. è documentato da altre testimonianze: nel Livre de la taille del 1292 (Delisle, 1902), H., al momento di pagare le tasse relative a quell'anno, non solo dichiarò di abitare ancora in rue Herenenboc-de-Bria (od. rue Boutebrie), ma anche di essere socio di Richard de Verdun, suo genero. Da questo contesto si può dedurre anche l'età approssimativa di H., il quale, se aveva una figlia già maritata, doveva non essere più tanto giovane. Nel 1293 H. acquistò la casa in cui abitava (Millar, 1953). Inoltre, dalle dichiarazioni degli altri miniatori nello stesso Livre de la taille risulta che H. doveva avere un reddito elevato, dal momento che pagava una cifra sensibilmente superiore a quella di tutti gli altri, e che, oltre al genero, nella sua bottega aveva un aiuto, un certo Thomassin (Millar, 1959), che pure pagava il modesto contributo di due soldi, contro i dieci di H. e gli otto di Richard de Verdun.Benché non sia stata ancora rintracciata la prova documentaria che permetta di identificare le miniature di Richard de Verdun, alcuni studiosi hanno creduto di riconoscere la sua mano nel gruppo di opere riunito intorno alle due straordinarie pagine miniate del canone del 'Messale secondo l'uso parigino' (Parigi, BN, lat. 861, cc. 147v, 148r), con Dio in Maestà e la Crocifissione, che rivelano una profonda conoscenza dello stile di H. e che raggiungono un altissimo livello qualitativo (Avril, 1981). A quel tempo, la strada dove abitava H. - prossima, non a caso, a rue des Ecrivains (od. rue de la Parcheminerie) - era nel quartiere dei miniatori tra i quali H. doveva essere il più importante e il più richiesto, se si tiene conto della sua documentata prosperità e dei suoi committenti, per la maggior parte di rango reale, come testimonia la seconda opera a lui riferibile, il Breviario di Filippo il Bello. Proprio questo splendido codice (Parigi, BN, lat. 1023) è probabilmente da identificare con quello menzionato nei conti del tesoro del Louvre del 1296 (Delisle, 1902), dove si riporta che un miniatore con lo stesso suo nome viene pagato "pro libris regis illuminatis" (che potrebbe essere lo stesso ricordato in possesso di Carlo V in un inventario del 1380; Delisle, 1902).Un altro genere di documenti permette di seguire l'attività di H., che molto probabilmente continuò fino al secondo decennio del Trecento. Infatti il genero Richard de Verdun risulta ancora suo socio prima del 1318, quando dichiara di aver rilevato, insieme a un certo Jean de La Mare, la bottega di H., a questa data forse ritiratosi dall'attività perché molto anziano, o più probabilmente morto da poco tempo (Martin, 1923).Altro manoscritto successivamente attribuito a H. sulla base di corrispondenze stilistiche (Millar, 1953) con il Decretum Gratiani di Tours e con il Breviario di Filippo il Bello è quello della Somme le Roy, datato al 1294 (Londra, BL, Add. Ms 54180; Millar, 1947). Si tratta della prima copia miniata pervenuta di questo testo, compilazione allegorica di un trattato dei vizi e delle virtù, e di una serie di considerazioni morali sui comandamenti e sul Credo, composta intorno al 1279 da un monaco domenicano, un certo frate Laurent o Laurens di Bois, e dedicata a Filippo III l'Ardito, del quale era anche il confessore. Prima della pubblicazione del codice da parte di Millar (1947), che in seguito lo donò alla British Library di Londra, Cockerell (1906) aveva ritrovato altri due fogli miniati, staccati dallo stesso codice, nel Fitzwilliam Mus. di Cambridge (Illuminated Manuscripts, 1966).La prima miniatura pervenuta, quella del Decretum Gratiani di Tours, rivela un artista già a un elevato grado di maturità, assolutamente padrone dei mezzi tecnici ed espressivi e con una esperienza notevole non solo nel trattare i materiali propri della sua arte, ma anche nella straordinaria capacità di inquadrare la scena e di disporre i personaggi, tanto da far presumere che l'inizio della sua attività artistica debba risalire a diversi anni prima. Nella miniatura del codice di Tours, infatti, nonostante la posizione del re, con quel particolare modo di sovrammettere una gamba sull'altra, rifletta raffigurazioni più arcaiche (per es. la posizione è presente nelle miniature dell'età di s. Luigi e, di solito, riservata alla rappresentazione del principe-giudice; Sterling, 1987), H. mostra di essere compiutamente padrone di un linguaggio nuovo rispetto alla miniatura parigina precedente. Egli appare ormai staccato nettamente dallo stile lineare e dall'assoluto appiattimento delle forme sul piano della pagina che caratterizzava i codici della metà del sec. 13° a Parigi (per es. il Salterio di s. Luigi; Parigi, BN, lat. 10525). L'artista, invece - per la prima volta nella miniatura parigina -, dà inizio a una ricerca di resa volumetrica del corpo grazie all'accorto uso del chiaroscuro, dosato con particolare attenzione alla distribuzione delle ombre sulle vesti, in modo da mettere in risalto la plasticità dei corpi sottostanti. Inoltre, per ottenere un effetto di profondità dei piani, stacca in modo sensibile le figure del re e dello scriba da quelle degli altri tre personaggi, che stanno visibilmente in secondo piano e che, a loro volta, sono raggruppati in profondità, nonostante la generica architettura gotica appiattita sul fondo blu intenso non si differenzi da quella della miniatura precedente. Anche i colori presentano tonalità nuove, vivaci e brillanti, mentre il fondo oro è spesso brunito o interamente percorso da girari dorati.Lo stile del grande miniatore parigino ha conosciuto nel campo dell'illustrazione dei codici una lunga durata negli anni, fino alla metà del sec. 14° ca., tanto è vero che diversi manoscritti mostrano una persistenza della sua arte, mantenendola, in alcuni casi, a livelli di straordinaria altezza qualitativa (Avril, 1981). Ma, come tutta la critica è stata pronta a riconoscere, l'opera di H. costituisce anche un decisivo e insostituibile passaggio dalla miniatura dell'età di s. Luigi a quella di Jean Pucelle, le cui conquiste spaziali, perfezionate grazie alla conoscenza diretta della pittura toscana del primo decennio del Trecento, probabilmente avrebbero avuto un inizio più incerto e faticoso. Di recente è stato constatato (Cioni Liserani, 1979; Bellosi, 1988) che gli smalti traslucidi del grande orafo senese della fine del sec. 13° Guccio di Mannaia - probabile inventore di questa tecnica (Gauthier, 1972) - presentano affinità indiscutibili con le figure nervose, dai gesti scattanti, dai capelli a ciocche gonfie e ondulate di H., testimoniando indubbi rapporti con la sua arte innovatrice.
Bibl.: L. Delisle, Notice de douze livres royaux du XIIIe et du XIVe siècle, Paris 1902; S.C. Cockerell, The Parisian Miniaturist Honoré, BurlM 10, 1906, pp. 186-191; H. Martin, Les miniaturistes français, Paris 1906; G. Vitzthum, Die Pariser Miniaturmalerei von der Zeit des heiligen Ludwig bis zu Philipp von Valois und ihr Verhältnis zur Malerei in Nordwesteuropa, Leipzig 1907; H. Martin, La miniature française du XIIIe au XVe siècle, Paris 1923; E.G. Millar, An Illuminated Manuscript of La Somme le Roy, Attributed to the Parisian Miniaturist Honoré, Oxford 1953; id., The Parisian Miniaturist Honoré, London 1959; J. Porcher, L'enluminure française, Paris 1959 (trad. it. La miniatura francese, Milano 1959); Illuminated Manuscripts in the Fitzwilliam Museum, a cura di F. Wormald, P.M. Giles, cat., Cambridge 1966; M.M. Gauthier, Emaux du Moyen-Age occidental, Fribourg 1972; F. Avril, L'enluminure à la cour de France au XIVe siècle, Paris 1978; E. Cioni Liserani, Alcune ipotesi per Guccio di Mannaia, Prospettiva, 1979, 17, pp. 47-58; F. Avril, Manuscrits, in Les fastes du Gothique. Le siècle de Charles V, cat., Paris 1981, pp. 276-282; C. Sterling, La peinture médiévale à Paris. 1300-1500, I, Paris 1987 (con bibl.); L. Bellosi, Il pittore oltremontano di Assisi, il Gotico a Siena e la formazione di Simone Martini, in Simone Martini, "Atti del Convegno, Siena 1985", Firenze 1988, pp. 39-47.G. Chelazzi Dini