MAKASSAR o Makasser (A. T., 95-96)
Città situata all'estremità della penisola sud-occidentale di Celebes; capoluogo del governo di Celebes e dipendenze. Il porto di Makassar è di grande importanza e in continuo sviluppo per il commercio di transito tra la parte orientale (Celebes, Molucche, Nuova Guinea) delle Indie Orientali Olandesi e l'occidente (Giava, Asia, Europa). Dal 1846 al 1906, per riparare ai danni causati agli Olandesi dalla fondazione di Singapore, fu porto franco, ma con risultati poco soddisfacenti, e anzi Makassar si è sviluppata assai di più dopo il 1906. Assai sicuro per le navi è il porto naturale, protetto, com'è, da una serie d'isolotti e di scogli.
La città aveva, nel 1905, 26.000 ab., saliti nel 1930 a 86.000. Il centro della città (Vlaardingen) data in parte dall'epoca della Compagnia Olandese delle Indie e ivi ha sede il commercio europeo e cinese. Nei pressi del porto si trova l'antica fortezza di Rotterdam.
Makassar era capitale del regno di Gowa che dominava su varie altre isole dell'arcipelago. Nel 1545 i Portoghesi ottennero il diritto di stabilirvi un fondaco. Gli Olandesi, per ragioni di commercio, vennero spesso a conflitto con Gowa (1636, 1655, 1660) e coi Portoghesi. Nel 1667 Speelman sottomise il sultano e Makassar divenne possesso della Compagnia. Il commercio indigeno per effetto del monopolio olandese languì, di modo che molti abitanti di Makassar, ottimi marinai, furono costretti a emigrare.
La lingua e la letteratura makassar.
La lingua makassar è parlata nella penisola di SO. di Celebes, ed è affine al bugi. La sua forma più pura è scritta e parlata nella regione di Gowa, e non nella capitale Makassar.
Il makassar appartiene alla famiglia linguistica maleo-polinesiaca γ austronesica, e precisamente al ramo indonesiaco, in cui forma un gruppo a sé con la confinante lingua bugi, con essa strettamente imparentata.
Nel suo sistema fonetico il makassar possiede i suoni soliti delle lingue maleo-polinesiache, comprese le palatali c j ñ. Il suono h si trova solamente nelle interiezioni, come hui, grido per far levare la selvaggina, e negl'imprestiti. Delle due leggi fonetiche delle lingue maleo-polinesiache, la legge R G H e quella del pĕpĕt (v. maleo-Poliresiache, lingue), la prima agisce in modo che la r rimane (mak. uraq "vena" accanto al malese urat, tagal ogat e dayak uhat). Il pĕpĕt, vocale neutra delle altre lingue maleo-polinesiache, si presenta nel makassar come a (makassar takkaṅ, proto-maleo-polinesiaco e nel tempo stesso antico giavanese tĕkĕn "bastone"). L'originale finale maleo-polinesiane è assai modificata in makassar; così, accanto ai diffusissimi laṅit "cielo", inum "bere", ukir "scrivere", troviamo in makassar laṅiq, inuṅ, ukiriq.
L'accento posa per lo più sulla penultima sillaba; le parole con finale prolungata, come úkiriq, accentuano la terz'ultima; un accento uguale possiede il hova (Madagascar).
Il numero delle parole prese a prestito nel vocabolario non è molto grande. Esse provengono dall'antico indiano, p. es. dosa "colpa", dall'arabo, p. es. adaq "abitudine", dal portoghese, ad es. petoroq "capo operaio", in port. feitor, dall'olandese, p. es. galasaq "vetro".
Il makassar possiede l'articolo personale i e l'articolo di cosa a, per es. in i-Mukaddaṅ (nome di persona), laguwa "la melodia" (da lagu + a). Entrambe queste particelle i e a si trovano in parecchie lingue maleopolinesiache, ora come articoli, ora come pronomi dimostrativi. I formativi verbali presentano in makassar poche particolarità; la maggior parte si trova in molte altre lingue maleo-polinesiache, come l'attivo ma-, il transitivo -i, il causativo paka-, il passivo ni-; p. es., mantan "rimanere" per ma-antain, talluwi "dividere in tre parti" da tallu "tre", pakatiṅgi "elevare" da tiṅgi "alto", nibuno "essere ucciso" da buno. Anche i morfemi nominali sono quelli generalmente diffusi, p. es. il prefisso dei nomina agentis pa-: pajaraṅ "cavaliere" da jaraṅ "cavallo".
Nei pronomi personali, come molte altre lingue maleo-polinesiache, il makassar ha forme abbreviate accanto alle forme piane toniche: ku e aq accanto a nakke "io". In quanto ai numerali, il makassar ha perduto la forma comune maleo-polinesiaca ratus "cento", sostituendola con bilaṅan, letteralmente "numero", da bilajaraṅ "numerare".
Una caratteristica del makassar sono le formazioni complesse, che in tale misura non si riscontrano in nessun'altra lingua, tranne la strettamente affine bugi. Questo fenomeno si trova, p. es., nel predicato a cui possono essere attaccate numerose particelle proclitiche ed enclitiche, p. es. nanakulletommi "ed egli lo può anche certamente" (kulle "potere", na "e", ma anche "egli", ton "anche", ma "certamente", i "esso").
Dell'antico makassar abbiamo scarse cognizioni.
Il più importante dei dialetti del Makassar è il silayar, che si parla nell'isola Salcier; esso si riconosce subito perché ha un h in luogo del w makassar, e perciò dice ahu per awu "cenere".
Molto affine al makassar è il bugi, ehe differisce dal primo principalmente perché conserva il pĕpĕt originario: mak. takkaṅ da un originario tĕkĕn, bugi tĕkkĕṅ: il bugi ha conservato è, ma, come il makassar, ha raddoppiato il k e cambiato l'n in ṅ.
La letteratura del makassar consiste di sinriliq e keloṅ. I sinriliq sono poesie piuttosto lunghe, epiche ed elegiache; loro sistema metrico è il parallelismo; i keloṅ sono poesie brevi, per lo più effusioni d'amore e sentenze, i cui versi sono basati sul numero delle sillabe. L'opera più artistica della letteratura makassar, anzi di tutta la letteratura maleopolinesiaca, è il poema Maqdi, che racconta come il suo protagonista vendichi l'uccisione del suo amico, e in ciò trovi una tragica morte. Questo poema è notevole per la eccellente descrizione dei caratteri, il profondo sentimento e la lingua ricca d'immagini.
L'alfabeto makassar, identico a quello bugi, proviene in ultima analisi dall'India: esso ha segni per tutti i suoni, ma l'uso di tali segni è incredibilmente maldestro; ad es., le due parole pampaṅ "trasversale" e pappaq "recidere" si scrivono nello stesso modo e cioè con le sole lettere pp.
Bibl.: Tutti i libri per lo studio sono di B. F. Matthes: la grammatica, Amsterdam 1858; la crestomazia, L'Aia 1883; il vocabolario, ivi 1885.