make or buy
Alternativa esistente per un’impresa tra produrre internamente (make) o acquistare dall’esterno (buy) beni e servizi necessari per lo svolgimento della propria attività. La scelta assume un carattere strategico perché porta a un confronto diretto fra i costi unitari di produzione di un bene realizzato all’interno della stessa organizzazione aziendale, e quelli di un bene fornito da un produttore esterno più specializzato.
Se la produzione di un dato bene si compie attraverso diverse fasi successive, non tutti gli stadi presentano le stesse economie di scala (➔ scala, economie di), quindi vi è il rischio che taluni risultino sottodimensionati e altri sovradimensionati, e le connesse capacità produttive non vengano utilizzate in modo ottimale. Un produttore specializzato può invece produrre uno stesso componente con rilevanti riduzioni di costo ed è in grado di rifornire allo stesso tempo più imprese, anche in concorrenza fra di loro. La scelta m. enfatizza il controllo interno della produzione, quindi l’aspetto gerarchico, gestendo direttamente i flussi in ogni sua componente, con il rischio di un forte irrigidimento del ciclo produttivo e una enfatizzazione dei costi fissi; la scelta b. pone l’accento sul mercato, riducendo i costi fissi e aumentando la flessibilità dell’organizzazione, con il rischio tuttavia di perdere il controllo della regolarità dei flussi e della qualità delle componenti del ciclo.
A tali motivazioni, tuttavia, si devono aggiungere altre considerazioni, connesse con l’innovazione e il controllo del mercato finale. La scelta di acquisire dall’esterno parti o componenti può dipendere dalla capacità del subfornitore di sostenere un processo di innovazione tale da richiedere investimenti specifici in ricerca e sviluppo e particolari competenze produttive, che non conviene, all’impresa acquirente, attivare internamente. Egualmente, l’ampliamento del mercato può comportare la necessità di allestire modelli del proprio prodotto richiesti in nuovi mercati, cosicché diviene più opportuno acquisire dall’esterno le componenti caratteristiche, piuttosto che incorporare nel ciclo interno quelle stesse differenziazioni. L’alternativa b. si giustifica, in particolare, per sostenere processi di avvio di nuove attività o per la gestione di scelte di differenziazione che tuttavia non comportano ancora la capacità di articolare internamente i diversi sviluppi della produzione. Tali strategie vengono alterate con l’acquisizione interna di organizzazioni produttive flessibili, atte a gestire volumi sia diversi sia differenziati, così da poter coordinare direttamente flussi di beni almeno parzialmente diversificati. La grande ristrutturazione dell’industria dell’automobile degli anni 1990 ha visto, per es., le imprese costruttrici perseguire strategie finalizzate a rendere più flessibili i cicli produttivi ormai ritenuti eccessivamente rigidi, dapprima acquisendo dall’esterno larga parte della componentistica, poi semplificando il prodotto e reimportando all’interno produzioni realizzate in gran parte da macchine capaci di gestire con continuità flussi differenziati.