MAKRON (Μάρκων)
Ceramografo attico operante circa il primo venticinquennio del V sec. a. C. Il nome è noto solo attraverso lo skỳphos Boston 13.186 in cui la sua firma è associata a quella del vasaio Hiron. Quest'ultimo al contrario firma con notevole regolarità i suoi prodotti migliori, di cui la quasi totalità va assegnata per ragioni di stile a Makron. Solamente tre firme di Hieron appaiono su vasi dipinti da altri artisti e, mentre in un caso, nel kàntharos del Pittore di Amymone, la firma non è al di sopra di ogni sospetto, le altre due coppe si debbono al Pittore di Telephos, che è una delle personalità più direttamente influenzate da M. e certo un suo discepolo.
La personalità di M. si basa quindi sulle opere documentate da questa singolare collaborazione e su numerose altre che è stato possibile aggiungere a questo nucleo centrale per effetto del suo linguaggio figurativo estremamente personale e notevolmente consistente nel suo sviluppo. M. è essenzialmente un pittore di coppe: gli skỳphoi infatti, come insegna il Pittore di Pentesilea, possono essere accettati dal punto di vista decorativo come una forma appena differenziata e con problemi sostanzialmente affini. Pittore estremamente dotato per felicità espressiva e segno fluido e animato, M. assume una posizione intermedia tra il delicato lirismo di Douris e l'energia prorompente del Pittore di Brygos. Con quest'ultimo artista sono indubbî i contatti, e forse a questa influenza si debbono i momenti migliori di M. (coppa Louvre G. 153). Non si può domandare alla sua natura espansiva e felice concentrazione spirituale o senso drammatico. M. ignora il travaglio della scelta e la severità della disciplina e si abbandona al flusso continuo delle sue qualità decorative immediate. In quasi tutte le sue opere, anche le migliori e più caratteristiche, si rivela una sorta di congestionato barocchismo espressivo. Sembra che accanto alle reticenze e al purismo formale di tanti artisti di stile severo, M. voglia affermare un'esuberanza di idee e di forme che bene si esprimono nel delirio orgiastico delle menadi che egli sembra riprendere con particolare predilezione.
Una delle caratteristiche essenziali di M. è la sua incapacità o insensibilità nel collocare le figure nello spazio. In molte delle sue figurazioni, e questo anche nelle più impegnative e studiate, sembra che non esistano pause, e il fondo rimane quasi abolito nel tumultuoso accavallarsi di drappeggi rigonfi. E l'azione stessa - si vedano le storie di Elena nello skỳphos Boston 13.186 - sembra ristagni soffocata sotto questa lussureggiante fioritura di motivi occasionali. Non mancano momenti in cui anche attraverso queste intemperanze di esposizione affiora una genuina vena di fresca poesia: così la figurazione del gregge di Paride, un mareggiare di caprette lanose ai piedi della rupe su cui siede il principe pastore (Berlino 2291).
Dioniso è peraltro il personaggio favorito nei fondi di coppe, per l'aperta sensualità della figura e per i sontuosi drappeggi scorrevoli delle sue vesti quasi femminili. D'altra parte sotto le campane rigonfie di sottili pieghe calligrafiche, anche le menadi rivelano una struttura consistente e sostanziosa che sembra quasi rinnegare la programmatica levità dei panneggi ventilati. Le grosse teste e le forti incollature dominano specialmente nel primo periodo del pittore: e quando M. tenta un'altra strada per variare le vesti, quella della decorazione pittorica nello skỳphos di Londra E. 140 tali effetti di solidità delle figure risultano anche più decisi e accusati.
Bibl.: P. Hartwig, Meisterschalen, pp. 270, 306; A. Furtwängler, in Furtwängler-Reichhold, II, p. 129; A. Leonhard, Über einige Vasen aus der Werkstatt Hierons, Greifswald 1912; J. D. Beazley, in Am. Journ. Arch., 1921, p. 325; E. Langlotz, Zeitbestimmung, Lipsia 1920, p. 85; E. Pfuhl, Maler. u. Zeichn., Monaco 1923, p.467; J. D. Beazley, Vasenm. Rotfig., p. 211; id., Red-fig., p. 301.