MAL'TÀ
Il villaggio di M., ad O di Irkutsk (Siberia), è divenuto noto per i suoi oggetti d'arte paleolitica, rinvenuti in un giacimento quaternario identificato in una terrazza alluvionale del fiume Balaia nella regione del lago Baikal ed esplorato dal Gerassimov tra il 1928 e 1930. Con manufatti litici ed ossei di tipo corrispondente al Perigordiano europeo-occidentale, si recuperarono undici statuette femminili, cinque probabilmente a forma di uccello ed un paio di placchette disegnate in avorio.
Le undici statuette femminili in osso testimoniano a prima vista uno scarso impegno nell'abbozzo della figura femminile. La sua resa è ridotta ad una indicazione sommaria, ottenuta con accennato modellamento e con incisioni delle mammelle e della regione pubica. Tutti i pezzi, trattati bidimensiorialmente, presentano il busto con l'accentuazione dei grossi seni penduli ed il bacino con i tratti incisi del triangolo pubico. Visti di dietro, si notano una capigliatura alquanto curata ed un taglio longitudinale dal sacro in giù che accenna ai glutei ed alle gambe sempre sproporzionate. Quest'ultimo carattere rivela certamente non tanto una deficienza di gusto artistico quanto un'affrettata lavorazione. Tali pezzi devono forse considerarsi idoletti, sia perché tre sono forniti di fori di sospensione, sia perché una delle undici figurine fu incontrata tra le connessure delle lastre di copertura dello scheletro di un bambino di tre anni orientato a N e rannicchiato sul fianco sinistro. Questi documenti d'arte extraeuropea sono, accanto ai graffiti della civiltà capsiana nordafricana, gli unici accostabili a quelli simili delle contemporanee province culturali europee. Come tali, la loro scoperta è stata accolta con entusiasmo che, ovviamente ha condotto ad ipotesi ardite circa il valore artistico.
Se volessimo dar peso alle comparazioni tra questi e le contemporanee statuette della civiltà aurignaco-perigordiana dei territori russo-occidentali (Gagarino, Kostienki), della Moravia, dell'Europa occidentale (Brassempouy, Lespugne, Balzi Rossi, ecc.), dovremmo limitarci a sottolineare che, almeno contenutisticamente, i pezzi siberiani esprimono concetti allora universalmente diffusi (forse religiosi), per i quali, nella sommarietà del linguaggio seguito dagli ignoti autori di M., era sufficiente darne una raffigurazione ridotta all'essenziale. Quanto a ricerca tridimensionale, essi sono molto lontani anche dagli stessi esemplari di Gagarino e di Kostienki, nonchè da quelli delle regioni più occidentali. In realtà, le statuette di M. ricordano nella loro valorizzata frontalità gli abbozzi antropomorfi, che si ritroveranno molto più tardi sulle stele e sulle statue-menhir in pietra ed in osso, raffiguranti la cosiddetta Dea Madre e diffuse per tutti i paesi mediterranei dall'Anatolia all'Iberia durante la Civiltà del Bronzo (3000-1000 a. C.). Ma tale accostamento è da prendersi con molta cautela soprattutto perché diversi millenni separerebbero la cultura di M. da quelle del Bronzo, per quanto sull'alta antichità del giacimento siberiano, e quindi dei suoi reperti, siano stati sollevati seri dubbi (Golomshtok).
I cinque pezzi raffigurano uccelli selvaggi dal collo lungo e slanciato e dalle ali spiegate. Anche tre di questi sono forati all'estremità corrispondente alla parte caudale dell'animale, probabilmente per essere usati come pendagli (sono lunghi tra 7 e 12 cm).
L'artigianato mobiliare di M. è rappresentato, oltreché dalle due placchette in avorio, anche da "bastoni di comando" in avorio di mammut lavorati e da manufatti in osso, testimonianze queste ultime di un'intensa lavorazione di questa sostanza.
La prima delle due placchette (lunga circa cm 11 × cm 4), con foro centrale, è adorna sulle due facce. Sulla prima sono eseguiti a linee punteggiate sette cerchi concentrici intorno al foro, ed anche altri di dimensioni minori riempiono il vuoto della rimanente superficie. Gli studiosi hanno voluto ravvisarvi una spirale, attribuendo a questo pezzo un valore di primaria testimonianza dell'arte geometrica medio-orientale, da cui deriverebbero le posteriori decorazioni geometriche occidentali. Tesi che va presa con molte riserve, perché l'elementare principio decorativo dei cerchi concentrici, o spiraliforme, è riscontrabile su manufatti contemporanei in Europa centro-occidentale (per esempio si vedano le bacchette decorate di Isturitz e di Arudy nei bassi Pirenei, di Lespugne negli alti Pirenei).
Sull'altra faccia si notano tre "serpentelli" sovrapposti e disposti nel senso della lunghezza, con la testa a sinistra. Sono raffigurati ciascuno con due linee, a limitare lo spessore del corpo, che corrono (da destra verso sinistra) parallelamente a zig-zag, con angoli talvolta smorzati. Alla fine delle tre serie di linee parallele, ciascuna delle quali indica il corpo di ciascun serpente in movimento, si nota uno slargamento delle linee per indicare la testa del rettile.
La seconda placca è ritagliata a forma di pesce e presenta su una faccia lo stesso motivo decorativo di cerchi concentrici punteggiati osservato su una delle facce della prima placca. Questo pezzo è stato considerato dal Gerassimov come un amuleto.
I "bastoni di comando", infine, in osso ed in avorio in numero di sette sono adorni di intacchi in senso orizzontale eseguiti ad intervalli regolari.
Accanto a queste manifestazioni artigianali, ricorderemo, tra i reperti di scavo, manufatti ossei consistenti in 19 aghi rettilinei, 9 aghi curvilinei, 16 punteruoli, 6 asce in corno di renna ed una collana a grani di vertebre ittiche, di perline in avorio, di cui sembra che facesse parte la placchetta in avorio.
La cronologia del deposito e della stessa industria litica di M. dà tuttora adito a molte riserve, perché si tratta di precisare la fase cronologico-culturale della civiltà del Paleolitico Superiore, cui appartengono i suoi ritrovamenti. I documenti figurativi non contribuiscono certamente a chiarire il problema; anche perché per essi non si possono riproporre le discussioni, attraverso le quali la critica sull'arte quaternaria europea ha risolto diversi problemi superando vecchie posizioni. In un primo momento fu possibile, sia pure con i limiti derivanti da una veduta contenutistica, stabilire che le sculture aurignaco-perigordiane europeo-occidentali ripetevano prototipi antropici steatopigici di razze allora viventi, delle quali alcuni gruppi si andarono, poi, sedimentando in regioni dell'Africa centro-meridionale (Boscimani, Ottentotti) per le note vicende geofisiche che dal Quaternario ad oggi hanno modificato il Mediterraneo ed il Sahara. Successivamente una veduta più moderna, aliena, cioè, da reliquati positivistici, ha distinto spazialmente la varietà dei linguaggi figurativi, stabilendo, al tempo stesso, le reciproche influenze tra i varî gruppi. Ma tutto ciò non può essere adottato per le sculture di M., perché, pur genericamente inquadrabili nella grande famiglia delle sculture aurignaco-perigordiane, restano pur sempre figurativamente anonime rispetto al corrente linguaggio formale del tempo. Sia, dunque, per la deficienza di confronti decisivi nella contemporanea arte europea, sia per la discussa cronologia del giacimento di provenienza, i trovamenti di M. restano ancora un fatto storicamente isolato.
Bibl.: G. v. Merhart,The Palaeolithic Period in Siberia, in Am. Anthr., XXV, 1923, p. 61 ss.; O. Menghin, Weltgesch. d. Steinzeit, Vienna 1931, pp. 198-200; H. Kühn, Kunst und Kultur der Vorzeit, Berlino-Lipsia 1929, p. 245; S. Reinach, Une nouvelle statuette féminine, in L'Anthropologie, vol. XXXIV, 1924, p. 346 ss. (anche L'Anthropologie, XXXIX, 1929, p. 576, e XLI, 1931, p. 235 ss.); A. Salmony, Die Kunst der Aurignacien in Malta (Sibirien), in Ipek, 1931, pp. 1-6; E. Golomshtok, Trois gisements du Paléolithique supérieur russes et sibériens. I. Gagarino. II. Timonovka. III. Maltà, in L'Anthropologie, XLIII, 1933, pp. 333-346; id., The Old Stone Age in European Russia, in Trans. of the Am. Phil. Soc., N. S., XXIX, 1938, pp. 189-468; M. Boule, Les Hommes fossiles, 4a ed., Parigi 1954, p. 399 ss.; P. Graziosi, L'arte dell'antica età della pietra, Firenze 1956, p. 101 ss.