malaria. Una piaga nei Paesi in via di sviluppo
Nel 2008 la malaria è stata la causa di morte di oltre un milione e mezzo di persone nel mondo. Questi i drammatici dati dell’Organizzazione mondiale della sanità secondo cui questa malattia, di cui si parla così poco in Occidente, è fra le prime cause di mortalità al mondo. I casi di contagio stimati nel 2008 sono dai 300 ai 500 milioni, con un costante incremento rispetto a dieci anni fa (circa 100 milioni nel 1985). Oltre un milione di vittime di questa tragedia sanitaria sono bambini sotto i 7 anni; i più piccoli e le donne gravide, infatti, hanno meno capacità di resistenza al plasmodio della malaria.
Ancora poco si parla delle stragi che compie oggi la malaria perché riguardano essenzialmente i Paesi in via di sviluppo: il continente più colpito è l’Africa subsahariana con il 90% dei casi, ma la malaria è endemica anche in altri Paesi come India, Brasile, Sri Lanka e Vietnam. Neppure l’Italia è esente, con i suoi 800÷900 casi ogni anno (un aumento del 400% rispetto a dieci anni fa). Il forte aumento dei casi nel nostro paese è dovuto al forte aumento dei viaggi intercontinentali e alla presenza di molti più immigrati da paesi malarici, unito al fatto che spesso l’informazione sulla profilassi da praticare prima della partenza non è corretta, o i viaggiatori prendono alla leggera le indicazioni ricevute.
Nel 1998 l’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato una nuova fase di lotta alla malaria denominata Roll Back Malaria, il cui obiettivo consiste nella riduzione, entro il 2010, del 50% della mortalità provocata dalla malattia. L’iniziativa è basata sull’applicazione integrata delle seguenti strategie: diagnosi e terapia precoce dei casi clinici; migliore accesso alle strutture sanitarie; maggiore disponibilità di farmaci antimalarici; profilassi nei gruppi a rischio (bambini di età inferiore a cinque anni e donne in stato di gravidanza); lotta antivettoriale con insetticidi ad azione residua; riduzione dei contatti uomo-vettore attraverso l’impiego su larga scala di zanzariere o tende impregnate di insetticida; sviluppo di sistemi di sorveglianza epidemiologica nelle aree a rischio epidemico; educazione sanitaria delle popolazioni; ricerca applicata. A livello mondiale tuttavia la situazione rimane ancora complicata, soprattutto nell’Africa sub-sahariana: da un lato sono state sospese, essenzialmente per motivi economici, le campagne di controllo avviate nei Paesi in via di sviluppo (campagne di bonifica, chemioprofilassi di massa, diffusione delle zanzariere), dall’altro è aumentata in modo significativo la capacità di resistenza del plasmodio malarico ai farmaci, il che richiede l’impiego di sostanze sempre più potenti e costose, diventate ormai proibitive per i Paesi poveri. Nelle aree endemiche al di fuori dell’Africa (con l’eccezione di Papua Nuova Guinea), l’applicazione integrata delle strategie di controllo disponibili, in presenza di risorse economiche appropriate e di volontà politica, può condurre al blocco della trasmissione. La malaria è di per sé è una malattia facilmente curabile, e nella maggioranza dei casi è possibile guarirla con un costo basso, grazie a farmaci come la clorochina o, laddove il plasmodio ha sviluppato resistenza a questo farmaco, con la meflochina. Tuttavia la malattia deve essere diagnosticata e curata tempestivamente in quanto debilita il fisico molto rapidamente e il plasmodio può parassitare il cervello causando la malaria cerebrale, mortale in un’alta percentuale di casi. La malaria rimane quindi essenzialmente una malattia dei poveri: laddove è difficile diagnosticarla e costoso curarla, l’unica soluzione è l’ipotesi di un vaccino, ma si è ancora lontani da un vaccino efficace perché il plasmodio malarico ha un ciclo vitale molto complesso e diverse fasi di sviluppo. Esistono ceppi diversi di plasmodio nelle diverse parti del Pianeta. Un plasmodio isolato in Kenya può avere antigeni diversi da uno isolato in Colombia e questa caratteristica limita fortemente la possibilità di sviluppare un vaccino unico. Così sono stati ideati numerosissimi prototipi di vaccino ma nessuno raggiunge percentuali di efficacia significative.
Il problema della prevenzione della malaria è fondamentalmente di natura economica. Gli studi sulla malaria sono poco sviluppati e gli investimenti ancor meno. Negli anni Novanta, la spesa complessiva per la ricerca sulla malaria era di soli 65 dollari per paziente, mentre saliva a 789 dollari per una malattia come l’asma e a 3.274 dollari per l’AIDS. Così mentre la malaria provocava in un anno tanti morti quanto l’AIDS in quindici anni, gli investimenti per quest’ultimo sono rimasti 50 volte superiori. Quasi metà della popolazione mondiale è esposta alla malaria. La comunità internazionale ha riconosciuto la malaria come un problema di salute globale. Un efficace controllo della malaria è essenziale per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo di questo millennio. Prevenzione, diagnosi precoce e trattamento immediato sono essenziali per il controllo della malaria mentre povertà e cure non adeguate sono un forte ostacolo a questi sforzi. Gli effetti della malaria si ripercuotono per tutta la vita: la malaria aumenta infatti la povertà, diminuisce le capacità di apprendimento così come riduce la frequenza a scuola e al lavoro. In tal senso la malaria è la malattia della povertà, che rende i poveri ancora più poveri: l’infezione porta a una riduzione della produttività del singolo, della comunità e delle nuove generazioni. Inoltre, la spesa per le cure arriva fino al 25% degli introiti individuali complessivi e al 40% della spesa sanitaria dei governi. Si stima che, annualmente, la malaria costi ai paesi africani circa 12 miliardi di dollari di perdite del loro prodotto interno lordo.