BAGLIONI, Malatesta
Figlio secondogenito di Giampaolo, nacque a Perugia il 1° genn. 1581 e si laureò in giurisprudenza a Padova, dove aveva studiato e dove partecipò alla fondazione dell'Accademia dei Ricovrati. Tra i firmatari dell'atto costitutivo dell'accademia (25 nov. 1599) era anche Galileo Galilei, col quale il B. continuò ad avere, per molti anni ancora, rapporti amichevoli, seppur molto generici. Nel 1605 il B. era a Roma, dove iniziò la sua carriera curiale divenendo familiare del cardinal Crescenzio e dove dal pontefice Leone XI, nei pochi giorni di quel pontificato, ottenne la nomina a referendario apostolico. Il 16 luglio 1612, sei mesi dopo aver preso gli ordini sacerdotali, venne nominato vescovo di Pesaro e in seguito governatore della Marca.
Personaggio assai noto per la magnificenza e lo sfarzo di cui si circondava, viveva tenendo corte principesca: si conservano ancora nella Biblioteca Vaticana due relazioni manoscritte, una del Panicale, che descrive il suo comportamento eccellente sul piano dell'etichetta e della coreografia alla dieta di Ratisbona del 1636, e un'altra del B., inviata all'ambasciatore cesareo circa il cerimoniale che doveva essere seguito nei rapporti con la Santa Sede.
Dopo la morte del fratello maggiore ereditò le ampie proprietà terriere nel territorio di Perugia, beni che gli provocarono contestazioni ereditarie con parenti dei rami collaterali della sua famiglia.
Il B. fu molto ben visto nella Roma dominata dalla famiglia Barberini. Per la protezione del papa ottenne nel 1634 la carica di nunzio a Vienna, per la quale si trovò a tenere le fila dei difficili rapporti venutisi a determinare tra la politica di Urbano VIII e del nipote segretario di stato Francesco Barberini e quella dell'impero, durante il complesso duello diplomatico europeo della guerra dei Trent'anni.
Il B. giunse a Vienna, dove prendeva il posto del nunzio cardinale Ciriaco Rocci, il 25 nov. 1634 ed espresse immediatamente la protesta del pontefice per le trattative iniziate dopo la vittoria imperiale di Nördlingen tra Ferdinando II e l'elettore di Sassonia, che prevedevano un'attenuazione delle clausole antiprotestanti dell'editto di restituzione di Ratisbona, specie per quel che concerneva il reservatum ecclesiasticum.
Le proteste del B., puntualmente istruito dal segretario di stato del quale il nunzio seguì pedissequamente la politica senza mostrare eccessiva duttilità diplomatica, si scontravano con la difficile e complicata situazione in cui si trovava la corte imperiale sottoposta anche a forti pressioni spagnole. Ferdinando II affidò l'incarico di decidere quanto fossero lecite le concessioni alla Sassonia ad una commissione di ventitrè teologi che, riunitisi il 5 febbr. 1635,stabilirono che le concessioni erano in linea di massima lecite. Il B. non riuscì a far pesare la sua influenza all'intemo della commissione, anche per la diffidenza che verso di lui nutriva l'imperatore, il quale lo escludeva visibilmente dalla sua fiducia, tutto sottoponendo al proprio confessore, il gesuita Lamormain; il B. riuscì solo a tenersi in rapporto con i frati Quiroga e Valerian che si opponevano ai preliminari di Pirna, ma erano legati più a Madrid che a Roma. Si stabilì infine che le trattative fossero proseguite, salvo alcune modifiche sui punti già concordati. Così avvenne e, nonostante l'opposizione del nunzio, si giunse alla pace di Praga (20 maggio 1635) che il B. riuscì a stento a non far solennizzare con un Te Deum nella cattedrale di Vienna.
Quanto spiacesse a Roma tale conclusione il B. veniva a saperlo dal dispaccio inviatogli il 28 luglio dal segretario di Stato: "...la Pace condivisa con Sassonia,... da Sua Santità è stata sentita con quella passione d'animo che si ricerca in quella parte che tocca il pregiudizio della Religione Cattolica. Onde non può essere detta Pace approvata da Sua Benedizione, né da questa Santa Sede..." (Bibl. Ap. Vat., ms. Barb. lat. 4735, VI, ff. 362 v e r).
Negli anni successivi il B., sopraffatto dal vano tentativo di tenere aperte le trattative tra le potenze cattoliche e di evitare la rottura tra la Francia da una parte e l'Impero e la Spagna dall'altra, così com'era obbiettivo di Urbano VIII, riuscì ad ottenere il successo, o per lo meno ad appoggiare una posizione destinata a prevalere, unicamente nella dieta imperiale di Ratisbona (settembre 1636), dove il nunzio sostenne l'imperatore nella richiesta che la dieta approvasse la nomina a re dei Romani del figlio di Ferdinando II, che l'anno successivo sarebbe divenuto Ferdinando III. Quanto fallisse la politica di neutralità di Urbano VIII è noto ed ogni tentativo di pacificazione espletato dal nunzio era destinato ad essere puramente velleitario. La questione si sarebbe risolta solo molti anni dopo il ritorno del B. a Roma, avvenuto nel 1638.
Qui egli ottenne, tre anni dopo, il 16 sett. 1641, di essere nominato vescovo di Assisi, ma la sua fortuna era in declino, non più sfarzosa la vita a causa dei debiti. L'11 febbr. 1648 il B. moriva, ad Assisi, e con lui si estingueva il ramo principale della nobile famiglia perugina.
I suoi titoli e i residui beni vennero fatti propri dalla Camera apostolica.
Fonti e Bibl.: Bibl. Apostolica Vaticana, ms. Barb. lat. 4735, Andrea Nicoletti, Della vita di Papa Urbano Ottavo e istoria del suo pontificato, VI (che comprende appunto ai ff. 342r-390v il decimo capitolo: Nunziatura di Monsignor Baglioni vescovo di Pesaro); Vat. lat. 8473, parte I, f. 236r; Vat. lat. 10445, ff. 20r-21v; Vat. lat. 1243r, ff. 27r-40v; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 1, Brescia 1758, p. 49; L. Bonazzi, Storia di Perugia dalle origini al 1860, II, Perugia 1879, p. 387; G. Galilei, Le opere, ediz. naz., XIII, pp. 367 s.; XIX, p. 81; XX, p. 379; L. de Baglion, Pérouse et les Baglioni, Paris 1909, pp. 49, 520 s.; L. v. Pastor, Storia dei papi, XIII, Roma 1931, pp. 482-494; C. Eubel, Hierarchia catholica..., IV, Monasterii 1935, pp. 97, 281; L. v. Ranke, Storia dei papi, Firenze 1959, p. 808; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., VI, col. 215.