VENEREE, MALATTIE
VENEREE, MALATTIE (XXXV, p. 46; App. II, 11, p. 1095). Se confrontiamo i dati riguardanti la diffusione ed il decorso delle m. v. nel decennio 1948-1958 con quelli dei decennî precedenti, riscontriamo subito alcune differenze assai significative.
Per quanto riguarda la sifilide dobbiamo anzitutto constatare una netta diminuzione delle nuove infezioni, fenomeno questo osservato in tutto il mondo, e messo generalmente in rapporto con l'introduzione in terapia della penicillina. In effetti tale antibiotico, quasi sempre ben tollerato e per questo bene accetto ai pazienti assai più dei medicamenti antiluetici usati in precedenza, permette, già con pochissime e perfino con una sola iniezione, di far scomparire le manifestazioni contagiose della malattia e pertanto ne arresta rapidamente la diffusione e ne limita la pericolosità sociale. La sua utilizzazione sistematica e su vasta scala, spesso promossa dalle autorità sanitarie nazionali od internazionali (O.M.S.) ha permesso di ottenere vistosi risultati specie là dove la sifilide si presentava con il carattere di malattia facilmente trasmissibile: così in alcune regioni igienicamente arretrate del Centro-Sud europeo la campagna promossa dall'O.M.S. in collaborazione con il governo iugoslavo ha ottenuto la bonifica di intere popolazioni, tra le quali l'infezione luetica aveva il più delle volte un'origine non sessuale.
Anche per quanto riguarda la diffusione della sifilide tramite la prostituzione, la penicillina ha dato ottimi risultati: molto dimostrativi a questo proposito sono i dati riportati da H. Goodman che riguardano la popolazione carceraria della città di New York. Mentre infatti su oltre 5000 donne arrestate per prostituzione e sistematicamente sottoposte per legge ad accertamenti clinico-sierologici e ad iniezioni di penicillina si è riscontrato nel triennio 1955-57 un solo caso di sifilide recente, relativamente molto numerosi sono stati invece, nello stesso periodo, i casi di sifilide riscontrati negli omosessuali, per i quali la legge americana non prevede alcuna misura sanitaria obbligatoria. E data l'estensione del fenomeno dell'omosessualità in America, come in ogni altro paese del mondo, questa causa troppo poco nota di diffusione della sifilide e delle altre m. v. va presa in seria considerazione dai medici e dai sociologi.
In Italia la fine del regime regolamentaristico imposta dalla legge Merlin (settembre 1958) ha fatto sorgere vivaci discussioni sulle presumibili conseguenze di tale provvedimento nei riguardi della morbilità venerea. In realtà la chiusura delle case di tolleranza - già attuata da tempo in tutti i paesi civili per inderogabili esigenze di ordine etico e sociale - non presenta, per se stessa, una grande importanza dal punto di vista sanitario, anche perché il numero delle donne che vi esercitavano il meretricio era quasi trascurabile di fronte a quello, di gran lunga più elevato, delle prostitute clandestine od occasionali. Molto maggior rilevanza può assumere invece la cessazione di ogni controllo sanitario sulla prostituzione vagante ed è perciò in questo campo che occorre apprestare gli strumenti legislativi e le disposizioni sanitarie atti a contenere la ripresa delle infezioni veneree delineatasi già nel 1955-56 e accentuatasi ancora negli anni successivi. Le cause di tale fenomeno, certamente numerose e complesse, ci sono in gran parte ignote: certo è che la sifilide ha presentato altre volte in passato un andamento ciclico, con modificazioni rilevanti non solo nella frequenza delle nuove infezioni ma anche nel tipo e nella gravità delle sue manifestazioni cliniche.
Per quanto riguarda la blenorragia, che dopo la sifilide rappresenta classicamente la m. v. di maggiore importanza, è molto difficile stabilirne l'attuale frequenza. La grande sensibilità del gonococco di fronte ai più svariati antibiotici fa sì che buona parte dei pazienti non senta più il bisogno - in assenza di complicazioni, divenute ormai molto rare - di ricorrere alle cure di uno specialista o di recarsi in un dispensario od in un ambulatorio dermoceltico. Comunque è certo che, dal punto di vista strettamente medico, l'infezione gonococcica ha oggi perduta gran parte della sua importanza tranne che nei casi, riguardanti soprattutto il sesso femminile, nei quali la blenorragia può non essere tempestivamente diagnosticata e curata e dà quindi più facilmente luogo a qualche complicazione.
Mentre la sifilide e la blenorragia, pur dimostrando una frequenza più limitata ed una maggiore rispondenza alle cure specifiche, costituiscono tuttora un problema sociale che non può essere sottovalutato, altrettanto non può dirsi nei riguardi dell'ulcera venerea e della linfogranulomatosi inguinale subacuta. Quest'ultima (detta anche malattia di Nicolas e Favre), già rara anche in passato, è oggi in Italia praticamente scomparsa ed anche l'ulcera venerea (streptobacillosi di Ducrey) si osserva ormai soltanto in casi isolati, d'altronde facilmente dominabili dalla terapia.
Sempre maggior importanza dimostra invece il gruppo delle malattie che un tempo venivano spesso designate con la denominazione di paraveneree e che oggi si tende a far rientrare tra le m. v. vere e proprie, data la loro frequente trasmissione per via sessuale. Va soprattutto richiamata l'attenzione sulle uretriti non gonococciche dell'uomo (u. aspecifiche, semplici, catarrali) che, sebbene abitualmente di scarsa rilevanza dal punto di vista clinico, sono però spesso resistenti alle più svariate cure generali o locali e presentano perciò in molti casi un andamento cronico-recidivante. Numerosi e non sempre facilmente identificabili sono gli agenti etiologici di tali uretriti; accanto a forme dovute ai più comuni germi "banali" (stafilococco, streptococco, micrococco catarrale, colibacillo ecc.), ve ne sono di quelle causate da virus ovvero da un protozoo, il trichomonas vaginalis, frequente ospite dei genitali femminili dove può determinare fatti infiammatori anche assai notevoli (vaginite da trichomonas), talora erroneamente interpretati come di origine blenorragica. È importante, in questi casi, visitare e curare ambedue i componenti della coppia, onde evitare continue reinfezioni da parte del soggetto non ancora guarito.
Bibl.: E.I. Grin, Epidemiology and control of endemic Syphilis in Bosnia, (W.H.O.), Ginevra 1953; E. Ciambellotti e G. Manganotti, Sifilide, infezioni veneree e malattie dei genitali esterni, Napoli 1956; G. Del Vecchio, Lotta contro le malattie veneree ecc., in Igiene e sanità pubblica, XIII (1957), p. 210; H. Goodman, The male homosexual and venereal diseases, in Acta Derm. Ven., XXXVIII (1958), p. 274.