Vedi MALATYA dell'anno: 1961 - 1995
MALΑΤYA (v. vol. IV, p. 792 e s 1970, p. 53, sepolture a queste connesse. Nelle ultime campagne di s.v. Anatolia)
Gli scavi della Missione Archeologica Italiana dell'Università di Roma «La Sapienza», iniziati nel 1961, hanno consentito di ricostruire in modo puntuale la sequenza degli abitati di Arslantepe, l'antica Melid neo-ittita, integrando i dati stratigrafici ottenuti in tre diverse aree del tell, una a NE, una a SO e una terza aperta recentemente nella parte alta del pendìo occidentale della collina. Qui sembra localizzarsi il nucleo più antico dell'insediamento, poiché la massima altezza del deposito sembra essere stata raggiunta già verso la fine del IV millennio a.C. con un consistente accumulo di livelli tardo-calcolitici che termina in una occupazione del Bronzo Antico IA. La sequenza continua nell'area SO, dove la conformazione attuale della collina è dovuta alla rilevante stratificazione di abitati dell'antica Età del Bronzo che culmina con gli inizî del II millennio (Bronzo Medio). Imponenti livelli costruttivi della tarda Età del Bronzo, costituiti nell'area indagata da cinte murarie in terra e porte urbiche chiaramente riconducibili a modelli ittiti, rappresentano invece la parte più consistente della stratigrafia dell'area NE.
II periodo più antico finora messo in luce è il Tardo Calcolitico datato con il CI4 tra il 3700 e il 3400 a.C. Esso è rappresentato da un aspetto culturale proprio delle regioni dell'alto Eufrate, fortemente correlato con l'area dello 'Amuq (fase F) e in modo più generale con i contemporanei sviluppi dell'alto Tigri (Gawra XI-IX). Livelli riferibili a tale periodo erano stati individuati nella parte basale della sequenza della zona NE del tell, dove erano costituiti essenzialmente da strutture di abitazione e sepolture a queste connesse. Nelle ultime campagne di scavo, nella nuova area aperta sulla sommità del pendìo occidentale della collina, è stato portato alla luce, ancora solo parzialmente, un edificio monumentale in mattoni crudi con muri dipinti a motivi geometrici in rosso e nero fiancheggiati in alcuni punti da colonne anch'esse in mattone crudo. La presenza di questo edificio, finora l'unico del genere individuato nell'area dell'alto Eufrate, e che fra l'altro sembra chiudere una sequenza di strutture imponenti dello stesso periodo riconoscibili in una parete stratigrafica esposta, indica la nascita di istituzioni centrali e probabilmente un ruolo dominante del sito nella regione già verso la metà del IV millennio.
Dati di grande interesse e rilevanza storica relativamente al problema dell'«urbanizzazione» dell'area sono stati ottenuti per il periodo successivo (Bronzo Antico IA), quando il sito mostra uno sviluppo marcatamente protourbano che può essere considerato il corrispettivo anatolico del Tardo Uruk mesopotamico. Gli scavi hanno messo in luce, nell'area SO del tell, a 8 m di profondità, una serie di edifici pubblici monumentali in mattoni crudi in successione stratigrafica orizzontale, tutti datati con il metodo del CI4 tra il 3300 e il 3000 a.C. I muri, dotati di zoccolo in pietra, sono di rilevante spessore, ricoperti di intonaco bianco e spesso corredati di nicchie.
I due edifici più tardi mostrano carattere cerimoniale, come è indicato dalle tipologie architettoniche, dalla presenza di podi o altari, nonché dalle caratteristiche dei materiali contenuti. Il più recente (edificio I) è un tempio costituito da una grande cella rettangolare, con podio centrale e piattaforma-altare posta contro la parete di fondo tra due nicchie, e da due stanze più piccole adibite a magazzini adiacenti alla cella sul lato Ν e comunicanti con questa mediante due finestre. Le pareti della stanza più grande presentavano, sotto varîe mani di intonaco prima rosso e poi bianco, una ricca decorazione plastica a ovali concentrici ottenuti a stampo che trova confronti in un esempio della stessa città di Uruk. I recipienti contenuti nelle due stanze indicano una funzione di vero e proprio deposito per il vano più piccolo, mentre quello maggiore sembra piuttosto destinato alla circolazione dei beni. Il controllo sul movimento dei beni è indicato inoltre dal ritrovamento, in uno stretto vano che si apriva nell'angolo NE della cella, forse originariamente destinato a contenere la scala per l'accesso al tetto, di un centinaio di cretule con impronte di sigillo gettate in successivi scarichi di rifiuti. La presenza nella cella di numerose ossa lunghe di animali selvatici sottolinea infine il ruolo della caccia in ambito cerimoniale.
L'edificio che precede il tempio (edificio III), anch'esso con una probabile connotazione culturale, ha restituito il più antico e consistente gruppo di armi di rame arsenicale, costituito da nove spade (le più antiche fra quelle finora note), dodici punte di lancia e una placca a quadrupla spirale. Tale ritrovamento porta nuove informazioni sullo sviluppo della più antica metallurgia delle leghe e mette in evidenza il ruolo svolto dalle regioni metallifere dell'Anatolia orientale nello scambio interregionale del periodo Tardo Uruk.
Il maggiore e più antico edificio di questo periodo (edificio IV) appare più articolato e complesso. Esso, oltre ad avere una grandissima estensione, era costituito da settori architettonicamente ben distinti, rappresentati, nella parte finora messa in luce, da una grande struttura templare e da un complesso di ambienti destinato all'immagazzinamento centralizzato. Nell'edificio, i cui muri si sono conservati per un'altezza di più di due metri, si entrava attraverso una grande porta a camera rettangolare e un ampio corridoio da cui si accedeva, attraverso un ingresso sottolineato da due pilastri rettangolari, a un complesso di magazzini affiancati. Sulla parete di fondo della stanza centrale, l'unica con accesso dal corridoio, due dipinti parietali in rosso e nero sul fondo crema dell'intonaco erano disposti ai due lati di un passaggio chiuso successivamente e trasformato in una profonda nicchia. Vi compaiono due figure umane schematizzate con le stesse caratteristiche (faccia triangolare occupata da grandi occhi, corpo a clessidra con lunghe braccia ripiegate verso l'alto, linee ondulate rosse e nere che si dipartono dalla sommità del capo), situate dietro a una tavola con bordi laterali rialzati, forse un «altare», sotto una sorta di baldacchino riccamente decorato da frange e volute. Il complesso costituisce un esempio saliente di arte tardo-preistorica che, pur rappresentando un unicum, sembra collegarsi nello stile a una tradizione tardo-calcolitica locale. Esso inoltre sottolinea la stretta interrelazione con aspetti ideologici delle attività connesse con l'immagazzinamento e la redistribuzione.
I materiali trovati in situ sui pavimenti delle due stanze-magazzino indicano che esse dovettero avere differenti funzioni. La stanza settentrionale, di dimensioni maggiori, conteneva soprattutto pìthoi e grandi olle con collo, insieme a un gruppo di bottiglie con beccuccio di chiara tipologia mesopotamica, finora assenti in altre aree dell'insediamento. La stanza meridionale, invece, oltre a pochi recipienti di grandi dimensioni e a svarîati altri di grandezza ridotta, ha restituito un'enorme quantità di ciotole prodotte in massa e un consistente numero di cretule con impronta di sigillo, entrambe assenti nel vano settentrionale. L'associazione ciotole-cretule suggerisce per questa stanza una funzione redistributiva forse in connessione con la distribuzione di pasti a lavoratori dipendenti.
Una grandissima concentrazione di cretule, costituita da circa cinquemila frammenti, di cui quasi duemila ancora recanti l'impronta del sigillo, si trovava in un particolare luogo di discarica ricavato nello spessore del grande muro O del corridoio del «palazzo», dove esse erano state gettate, insieme ad altri rifiuti, come materiale amministrativo scartato. Le numerose lenti che costituivano il riempimento di questo vano sono raggruppabili in tre insiemi principali ciascuno caratterizzato dalla prevalenza di impronte di sigilli e categorie di contenitori sigillati diversi, che sembrano pertanto riflettere differenti settori e/o operazioni nell'ambito di un'organizzazione amministrativa complessa. Gli oltre cento sigilli ricostruiti dalle impronte, pur mostrando alcuni elementi di confronto con la contemporanea glittica mesopotamica del Sud, si inseriscono piuttosto in una tradizione settentrionale con radici nella produzione di periodo di 'Ubayd ben rappresentata a Tepe Gawra e rielaborata autonomamente. Il predominio dei sigilli a stampo su quelli cilindrici, la rappresentazione di animali singoli e il gusto geometrico nella resa e composizione delle figure sono tutti elementi che si ricollegano all'ambiente siro-mesopotamico settentrionale, mentre animali antitetici, in particolare leoni, trattati in modo naturalistico, le sia pur rare rappresentazioni di «portatori», o alcune scene di processioni su sigilli cilindrici richiamano la glittica meridionale.; Tra queste ultime scene spicca la rappresentazione del trasporto di una figura «regale» su un carro a slitta trainato da un bovino, simile negli elementi iconografici, anche se molto diversa nello stile, a una placchetta mesopotamica e indicante l'ampia diffusione di simboli di potere.
In questo periodo dunque Arslantepe appare come un importante centro locale fortemente connesso con i gruppi Tardo Uruk del Sud, ma che si distingue dagli insediamenti «coloniali» del medio e alto Eufrate per un insieme di caratteristiche autonome nell'architettura, nella glittica e nella produzione ceramica, che, pur essendo prevalentemente lavorata al tornio e mostrando molti elementi di derivazione meridionale, presenta un repertorio semplificato e collegato alla tradizione locale. Nel sito tuttavia si sviluppa un'organizzazione centralizzata e redistributiva con un complesso sistema amministrativo, in tutto simile a quella mesopotamica.
Nella seconda fase del Bronzo Antico I (Bronzo Antico IB) la tradizione protourbana di influenza mesopotamica si interrompe bruscamente ad Arslantepe, mentre si esaurisce il fenomeno coloniale sul medio e alto Eufrate a S del Tauro, e i livelli che seguono la distruzione del tempio mostrano un aspetto culturale di chiara derivazione anatolica orientale/transcaucasica. Il sito appare ora occupato da gruppi con ceramica nera fatta a mano con evidenti connessioni nord-orientali, i quali costruiscono le loro case in legno e non più in mattone crudo, fatta eccezione per un unico edificio a più ambienti disposti lungo un asse longitudinale, che sembra destinato a scopi particolari.
Nella seconda fase del Bronzo Antico IB, intorno al 2800 a.C., ad Arslantepe si registrano nuovamente relazioni prevalenti con il Sud, ma questa volta essenzialmente con l'ambiente siro-mesopotamico settentrionale. Questo periodo è rappresentato da un villaggio con case a più ambienti disposte in modo abbastanza regolare lungo stradine perpendicolari, ciascuna con evidenze di immagazzinamento domestico e manipolazione dei cereali, e privo di indizî di centralizzazione. La ceramica è di nuovo in prevalenza tornita e mostra strette relazioni con gli altri siti dell'alta valle dell'Eufrate e della Siria settentrionale e più labili ma pur significative connessioni con la produzione Ninivita V dell'alta Mesopotamia. Tali legami sembrano riproporre per questo aspetto culturale un'area di diffusione che ricalca quella tradizionale del Tardo Calcolitico.
Questo orizzonte rappresenta l'ultimo aspetto con forti relazioni siro-mesopotamiche registrato ad Arslantepe. Dopo questo periodo la tradizione anatolica orientale si riafferma nel sito e si sviluppa fino alla fine dell'antica Età del Bronzo dando luogo ad aspetti regionali più chiusi, che interessano essenzialmente le aree di M. ed Elâziğ. La circoscrizione geografica e la continuità di questa nuova tradizione culturale si manifestano nella produzione di una caratteristica ceramica dipinta che, sviluppandosi su un filone originatosi nel Bronzo Antico II, raggiunge la sua piena maturità nell'ultimo terzo del III millennio. Con il Bronzo Antico III si manifesta nel sito un nuovo aspetto urbano senza più alcuna relazione con la tradizione mesopotamica, ciò che costituisce un fenomeno di matrice prettamente locale. L'abitato presenta ora un assetto urbanistico ben pianificato che sfrutta il forte pendio della collina mediante massicce opere di terrazzamento, con edifici di grandi dimensioni che occupano la parte alta del tell.
I numerosi livelli individuati relativamente a questo periodo si riferiscono a due fasi principali collegate da una marcata continuità culturale, che non si interrompe neppure quando, all'inizio della fase B, la parte sud-orientale del tell sembra caratterizzata da peculiari strutture seminterrate a pianta pseudo-circolare la cui interpretazione appare per il momento problematica. Con la fase Β matura, alla ristrutturazione dei terrazzi si accompagna la costruzione di un sofisticato sistema di canalizzazione per la cattura e lo scolo delle acque, mentre un imponente muro di cinta con base in pietra e alzato superiore probabilmente in mattoni crudi, munito di bastione semicircolare, è stato messo in luce alla base della collina nel suo versante meridionale. La produzione artigianale continua a mettere in evidenza la caratterizzazione locale di questo aspetto culturale, pur non mancando significativi elementi di contatto con il mondo accadico.
I collegamenti esterni non sembrano modificarsi sostanzialmente con il Bronzo Medio, agli inizî del II millennio, quando tuttavia vi sono indizî di nuovi contatti con l'ambiente centro-anatolico che preannunciano il coinvolgimento dell'area di M. nell'espansione ittita verso l'Eufrate.
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