Malaysia
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Geografia umana ed economica
di Anna Bordoni
Stato dell'Asia sud-orientale. Al censimento del 2000 la popolazione era di 23.274.690 ab. (25.347.000 secondo una stima del 2005), con una densità di 76,8 ab./ km2. Permane marcata l'eterogeneità etnica e religiosa: i malesi, per la maggior parte musulmani, rappresentano oltre la metà della popolazione complessiva, i cinesi il 24% e gli indiani il 7%. Il tasso di urbanizzazione è elevato; la capitale, Kuala Lumpur, contava 1.352.000 ab. nel 2003, ma oltre 4 milioni nell'area metropolitana.
Nei primi anni del Duemila, malgrado il ripetersi di eventi negativi (epidemia di SARS, Severe Acute Respiratory Syndrome; tsunami), la M. ha continuato a registrare un discreto bilancio economico (+4,1% nel 2002, +5,3% nel 2003, +7,1% nel 2004 e +5,3% nel 2005), grazie alla domanda interna e al buon andamento delle esportazioni, sostenute sia dalla ripresa mondiale del settore dell'elettronica sia dalla svalutazione della moneta nazionale. Pur in presenza di un quadro globale positivo, non mancano incertezze sulla durata della crescita: il calo degli investimenti, la delocalizzazione dell'industria elettronica, maggiore comparto produttivo del Paese, spingono a programmare una diversificazione economica basata essenzialmente sullo sviluppo dei trasporti e del turismo. A questo scopo il governo ha deciso di dedicare particolare attenzione alle infrastrutture, soprattutto quelle portuali e aeroportuali (l'aeroporto internazionale di Kuala Lumpur, aperto nel 1998, è in grado di accogliere 25 milioni di passeggeri per anno), puntando a trasformare la M. in una piattaforma regionale per il commercio internazionale, in concorrenza con Singapore.
La presenza di numerose materie prime (in particolare, petrolio e gas naturale) ha consentito lo sviluppo di un'industria manifatturiera competitiva; anche il settore primario vanta i suoi primati, quali una diffusa coltivazione della palma da olio e dell'Hevea brasiliensis, dalle cui piantagioni (localizzate per l'85% nella parte peninsulare del Paese) si ricava annualmente oltre 1 milione di t di caucciù.
Storia
di Paola Salvatori
Il predominio politico dell'United Malays National Organization (UMNO), espressione della comunità malese al potere dal 1963, rimase incontrastato anche nei primi anni del Duemila, nonostante cominciassero a emergere nella società civile chiari segnali di insoddisfazione e acquistassero maggiore evidenza le contraddizioni interne mai del tutto superate. Cresceva tra i ceti medi malesi, la cui affermazione era stata favorita proprio dalle politiche di governo volte a sostenerne lo sviluppo, la richiesta di una maggiore democrazia, mentre si riaccendevano i contrasti etnico-religiosi influenzati dal nuovo clima internazionale e dal rallentamento della crescita economica causato dal crollo delle economie asiatiche nella seconda metà degli anni Novanta.
La popolarità di M. Mahathir, leader dell'UMNO nonché capo dell'esecutivo dal 1981, cominciò a declinare proprio in concomitanza con le crescenti difficoltà economiche, che evidenziarono i limiti di una politica in larga parte ancora soggetta all'arbitrio e alla corruzione nonostante l'impulso dato alla modernizzazione del Paese e al complessivo miglioramento del tenore di vita. La destituzione (1998) e la condanna di I. Anwar (1999), ministro delle finanze dal 1991 e vice primo ministro dal 1993, che aveva espresso critiche sull'operato del capo dell'esecutivo, spaccò la comunità malese e diede avvio a un movimento di protesta per l'attuazione di riforme democratiche le cui manifestazioni furono duramente represse dalle forze dell'ordine. Sul piano politico ciò si ritradusse nella flessione, sia pur leggera, del Barisan Nasional (BN, Fronte nazionale, coalizione dei partiti di governo) nelle elezioni anticipate del nov. 1999, sebbene la conquista di 148 seggi contro i 42 delle opposizioni riunite nel Barisan Alternatif (BA, Fronte alternativo) lasciasse inalterati gli equilibri. Negli anni successivi anche all'interno dell'UMNO cominciò a manifestarsi l'urgenza di adottare una politica meno accentrata e più aperta alle richieste della società civile, mentre cresceva l'insofferenza verso le pratiche clientelistiche dell'amministrazione pubblica. Nel giugno 2002 Mahathir annunciò improvvisamente il suo prossimo ritiro dalla scena politica e indicò come suo successore il suo vice primo ministro A.A. Badawi. Questi, assunto l'incarico (ott. 2003), lanciò una campagna contro la corruzione che portò all'arresto di numerosi esponenti politici, tra cui alcuni membri del governo, e cercò di rilanciare l'immagine del partito quale garante dello sviluppo e della stabilità interna. Ciò produsse una nuova affermazione del BN nelle elezioni legislative del marzo 2004, nelle quali ottenne 198 seggi a fronte dei 20 conquistati dal BA. Legittimato dal successo elettorale, Badawi ribadì il suo programma di moralizzazione e di rafforzamento delle pratiche democratiche, prospettando un piano di pacificazione interna basato sulla promozione di una maggiore integrazione etnica e religiosa. La liberazione di Anwar nel sett. 2004 acquistò in questo contesto un valore emblematico, anche se nel corso del 2005 la repressione nei confronti delle opposizioni continuò e si registrò una crescente influenza dei movimenti religiosi più integralisti; nel dic. 2005 fu approvato un emendamento alla legge islamica di famiglia che rendeva più facile per gli uomini la poligamia, e nel corso del 2006 i movimenti per i diritti delle donne denunciarono un'accentuata discriminazione nei confronti delle donne non musulmane. In politica estera la M. migliorò in questi anni le relazioni con i Paesi dell'ASEAN (Association of South-East Asian Nations), mentre quelle con i Paesi occidentali, e in particolare con gli Stati Uniti, pur improntate a una sostanziale collaborazione, furono più contrastate. Il governo condannò gli attentati dell'11 sett. 2001 a New York e a Washington e represse duramente tutti i tentativi di propaganda e azione degli estremisti islamici interni; criticò tuttavia gli interventi militari in Afghānistān e in ̔Irāq, considerati arbitrari e illegittimi.