Vedi Malaysia dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
La Malaysia è uno stato federale costituito principalmente dall’isola del Borneo, a oriente, e dalla penisola occidentale, su cui sorge la capitale, Kuala Lumpur. La parte peninsulare e l’Indonesia sono divise dallo Stretto di Malacca, una rotta di navigazione strategica tra Oceano Indiano e Pacifico, che per secoli ha attratto gli interessi di portoghesi, olandesi e inglesi. A partire dalla fine degli anni Sessanta, e per tutta la durata della Guerra fredda, le scelte di politica internazionale della Malaysia si sono mantenute sul ‘non allineamento’. Il governo ha cercato di mantenere i canali aperti sia con il blocco occidentale sia con quello sovietico. In particolare è stato il Regno Unito, da cui la Malaysia ha ottenuto l’indipendenza nel 1946, a garantire la sicurezza fi no al 1967. Continuativi sono stati anche i rapporti con Cina, Corea del Nord e Vietnam. Al contrario, nonostante le buone relazioni commerciali, gli Stati Uniti hanno sempre trovato nella Malaysia un ostacolo in termini di influenza nel Sud-Est asiatico. Kuala Lumpur si è sempre adoperata per evitare l’insorgere di contrasti con gli stati confinanti, per esempio arginando i problemi creati dalla massiccia immigrazione proveniente dall’Indonesia, che fornisce al paese la maggior parte della forza lavoro straniera. Parallelamente, la Malaysia tende a mantenere buoni rapporti con la Thailandia, le cui regioni meridionali sono minacciate da alcuni gruppi armati appartenenti alla minoranza malese. Singapore, la città-stato che sorge sull’estremità meridionale della penisola, è oggi uno dei maggiori partner commerciali per la Malaysia. La prima visita di un capo di stato malaysiano a Singapore ha però avuto luogo soltanto 28 anni dopo l’indipendenza di quest’ultima nel 1963 e solo nel 2001 i due paesi hanno risolto le più rilevanti controversie bilaterali. L’avvio di un progetto di connessione ferroviaria con Kuala Lumpur indica la crescente interazione economica. La rilevanza delle relazioni economico-commerciali è poi alla base delle relazioni tra Malaysia e Repubblica Popolare Cinese con la quale è stato stipulato un trattato di libero scambio nel 2012. Il premier cinese Xi Jinping ha promesso nuovi investimenti. Anche con l’Australia è stato stretto un accordo simile, nello stesso periodo. Rimangono però le tensioni nel Mar Cinese Meridionale con Cina, Taiwan, Brunei, Vietnam e Indonesia per le rivendicazioni comuni su siti potenzialmente ricchi di petrolio e gas.
La Malaysia è una monarchia costituzionale federale, composta da 13 stati e un distretto federale (che comprende Kuala Lumpur, Isola di Labuan e Putrajaya). Ogni stato è governato da un’Assemblea legislativa elettiva e da un proprio esecutivo. A capo di nove dei 13 stati vi è un sultano che acquisisce il titolo per via ereditaria, mentre nei restanti quattro è nominato un governatore. L’autonomia degli stati federati è limitata dalla Costituzione e le funzioni legislative sono condivise tra questi e le istituzioni elettive centrali. Al vertice dello stato federale si trova il Yang di-Pertuan Agong, il sultano, che possiede un ruolo essenzialmente cerimoniale; il potere legislativo è invece esercitato da un parlamento bicamerale, formato da una camera alta non elettiva e da una camera bassa, eletta democraticamente.
Il leader del partito che ottiene la maggioranza elettorale alle elezioni parlamentari diventa primo ministro e ha la facoltà di nominare il consiglio dei ministri, selezionandone i membri tra i componenti delle due camere. Dal 1955, data delle prime elezioni legislative, la scena politica è stata dominata dal Partito dell’alleanza e dal Fronte nazionale (Barisan Nasional, Bn), che gli è succeduto nel 1973: due coalizioni multipartitiche che includono formazioni di etnia malese, indiana e cinese. Le ultime elezioni si sono tenute nel maggio 2013 e hanno confermato al potere la coalizione Bn con 133 su 222 seggi. All’interno della coalizione, tuttavia, si agitano diverse correnti con idee differenti circa la politica economica nazionale. In particolare, la principale minaccia alla stabilità politica del paese è ora rappresentata dai profondi disaccordi interni alla United Malays National Organisation (Umno), il principale partito della coalizione di governo.
La popolazione malaysiana è cresciuta notevolmente negli ultimi decenni: tra il 1950 e il 2010 il numero degli abitanti è quasi quintuplicato. L’incremento demografico ha riguardato soprattutto l’etnia malese, di religione musulmana e pari a circa il 50% della popolazione, mentre le comunità cinese e indiana hanno registrato tassi di crescita più contenuti. D’altra parte, queste due comunità mostrano tradizionalmente livelli socio-culturali ed economici più elevati e, a differenza della comunità malese, sono concentrate principalmente nelle aree urbane.
L’islam, nella variante sunnita, è riconosciuto dalla Costituzione come sola religione ufficiale e i tribunali della sharia hanno competenza nelle questioni inerenti la vita privata dei cittadini musulmani. La corruzione è un fenomeno diffuso, tanto che nel 2009 la commissione preposta a contrastarla è stata a sua volta oggetto di indagini. La libertà di espressione è garantita dalla Costituzione, ma è di fatto limitata. In base a una legge del 1984 il governo può insindacabilmente revocare le licenze editoriali e di stampa. È anche grazie a questa legge che il governo riesce a contenere la pressione sociale e a evitare l’esplodere del malcontento.
Il governo impedisce inoltre piena libertà di espressione anche nelle università e nelle scuole; gode inoltre del diritto di comminare sanzioni disciplinari a studenti e docenti che prendano posizioni apertamente anti-governative. Per porre un freno al crescente uso di Internet come foro di libero dibattito, il governo ha infine posto stringenti vincoli anche all’utilizzo della rete.
Tra il 2000 e il 2008 l’economia malaysiana ha registrato una crescita rilevante, con un incremento annuale medio del pil superiore al 5%. Alla contrazione dell’1,7%, verificatasi nel 2009 in conseguenza della crisi internazionale, sono seguiti segnali di ripresa già nel del 2010. Il merito va soprattutto al nuovo modello economico, varato dal governo con l’obiettivo di avvicinare il paese allo status di economia avanzata entro il 2020. Il pil del paese continua a mantenersi in crescita, trainato soprattutto dalla forte domanda interna.
Sul piano commerciale, l’incremento delle esportazioni ha subito un freno nel 2013, a causa della crisi che ha colpito le economie europee. Secondo le previsioni, le importazioni, anch’esse diminuite, riprendono a crescere a un ritmo maggiore rispetto al settore dell’export. I principali prodotti di esportazione sono materiale elettrico, petrolio, gas e olio di palma, che consentono alla Malaysia di avere una bilancia commerciale fortemente in attivo.
L’accordo di libero scambio con i paesi Asean, entrato in vigore il 1° gennaio 2010, ha eliminato i dazi per la maggioranza delle categorie merceologiche e, per questo, dovrebbe promuovere un ulteriore aumento dello scambio con i paesi del Sud-Est asiatico. Gli investimenti diretti esteri (ide) in entrata riguardano soprattutto i settori dell’elettronica, della chimica, dei servizi finanziari e assicurativi e dell’industria estrattiva. Gli ide provengono principalmente da paesi dell’Asia orientale e sud-orientale, come Cina, Giappone, Taiwan e Singapore. Fa eccezione la Svizzera, che rappresenta il terzo investitore straniero in Malaysia. La principale destinazione degli investimenti malaysiani all’estero è, invece, rappresentata dalle Bahamas, seguite da Indonesia e Singapore.
Anche il settore terziario si dimostra in forte crescita, spinto soprattutto dal turismo e dai servizi finanziari; la Malaysia rappresenta infatti uno dei maggiori centri per la finanza islamica. Infine, Kuala Lumpur è il secondo produttore di petrolio e gas naturale nel Sud-Est asiatico, oltre che il secondo esportatore mondiale di gas naturale liquefatto (gnl) dopo il Qatar.
Nel triennio 2007-09 la Malaysia ha importato armamenti per un valore superiore ai 2,5 miliardi di dollari, mentre nei sette anni precedenti gli acquisti dall’estero non avevano superato il miliardo. Dal 2011 le importazioni sono calate del 70% rispetto al 2010. I fornitori di Kuala Lumpur sono la Russia e vari stati europei, soprattutto Germania, Francia e Regno Unito, mentre Washington, nonostante il forte interscambio commerciale, negli ultimi nove anni ha ricevuto commesse per soli 92 milioni di dollari.
Il netto incremento della spesa in armamenti, che non interessa solo la Malaysia, ma coinvolge anche diversi altri stati del Sud-Est asiatico e in primis Singapore e Indonesia, rende il Mar Cinese Meridionale un contesto strategico sempre più caldo, soprattutto per la competizione sulle risorse di idrocarburi nei fondali delle Isole Spratly, che sembra destinata ad approfondirsi. Dal 2002, Kuala Lumpur ha ripreso la modernizzazione del proprio apparato militare, che si era interrotta nel biennio 1997-98, in corrispondenza della crisi economica asiatica.
In base alla documentazione del ministero della difesa malaysiano, le principali minacce alla sicurezza nazionale provengono comunque dall’interno del paese e sono legate al terrorismo; per questo, gli sforzi nel processo di modernizzazione sono rivolti in primo luogo a sviluppare la capacità di risposta ad attacchi terroristici e il combattimento in contesti urbani.
Kuala Lumpur, inoltre, continua a far parte del Patto delle cinque potenze, siglato nel 1971 con Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda e Singapore, e indirizzato a favorire un intervento coordinato tra i paesi membri in caso di attacco.
La Malaysia, infine, è uno dei 32 paesi appartenenti alle Un che riconosce lo stato di Israele, e schierandosi apertamente a favore dello stato di Palestina.
Lo stretto di Malacca, il passaggio più breve fra Oceano Indiano e Pacifico, costituisce uno snodo di primaria importanza per il traffico di merci che ogni giorno vi transitano: circa un quarto del commercio mondiale di beni. Lo sfruttamento di questi 805 chilometri, gestito da Malaysia e Indonesia, comporta notevoli vantaggi economici. In particolare, transitano nello stretto 13,6 milioni di barili di petrolio al giorno, di cui l’80% è costituito dal greggio che la Cina importa. In generale, la crescita della produzione asiatica ha comportato un aumento del passaggio dalle 40.000 navi degli anni Novanta a più di 60.000 odierne, e si prevedono ulteriori incrementi. Il problema della pirateria è stato affrontato con successo dagli stati che gestiscono lo stretto con il ‘Meccanismo di cooperazione per lo Stretto di Malacca e Singapore’ del 2007. Si è passati dai sessantasei casi di pirateria del periodo 2003-04 ai quattro del 2008-09, mentre nessun incidente è stato riportato nel 2010. Si tratta di una diminuzione consistente del rischio nonostante alcuni organismi internazionali affermino che la pirateria non sia totalmente scomparsa dallo stretto. A conferma di ciò, vi è il fatto che nel 2014 sono stati registrati nuovi episodi nell’area